L’azienda cinese ha fatto causa al Governo americano, mentre la Cina colpisce anche il Canada
Huawei, l’azienda cinese che produce smartphone e tecnologie per le telecomunicazioni, ha fatto causa al Governo degli Stati Uniti. La società sostiene che il divieto per le agenzie federali americane di utilizzare le sue strumentazioni sia incostituzionale e che non ci siano prove che giustifichino le accuse di spionaggio per conto di Pechino. Ad agosto, infatti, Washington aveva deciso di applicare delle restrizioni verso Huawei proprio per il timore di rischi per la sicurezza nazionale.
L’azione legale presentata da Huawei è l’ultimo aggiornamento di una vicenda – il cosiddetto “caso Huawei” – ben più grande, che si inserisce all’interno dello scontro commerciale e geopolitico tra Stati Uniti e Cina. Il “caso Huawei” verte sulle reti mobili 5G, che offriranno connessioni a Internet più veloci. Gli Stati Uniti temono che, se Huawei dovesse ottenere il controllo dei sistemi per il 5G, potrebbe passare informazioni sensibili al Governo cinese. Vogliono perciò limitare il più possibile l’operato dell’azienda, e stanno chiedendo agli alleati di metterla al bando: alcuni, come l’Australia, l’hanno fatto; altri, come buona parte d’Europa, hanno scelto un approccio meno drastico. L’Italia sembra essere molto contraria alla linea americana.
Gli Stati Uniti non stanno risparmiando i colpi contro Huawei, mentre si stanno mostrando più concilianti con Pechino: il Presidente Donald Trump ha deciso di rimandare la scadenza della tregua commerciale – prevista per il 1 marzo – per dare più tempo ai negoziati.
La Cina invece sta attaccando soprattutto il Canada, importante alleato americano, che a dicembre aveva arrestato la direttrice finanziaria di Huawei, Meng Wanzhou, su richiesta di Washington. In risposta Pechino ha arrestato diversi cittadini canadesi e in questi giorni ha bloccato le importazioni di canola dal Canada, un danno economico non trascurabile per Ottawa.
@marcodellaguzzo