Pechino non ha più dubbi: il Movimento islamico del Turkestan orientale (ETIM) viene considerato l’organizzazione che avrebbe previsto e messo in opera l’attacco terroristico nel cuore di Pechino, lunedì scorso. Di seguito le parole di Alim Seytoff, uno dei portavoce del Congresso Uighuro in esilio.

Pechino ha deciso: «l’incidente terroristico violento a Pechino è un atto ben organizzato e pianificato…E’ stato orchestrato dall’organizzazione terroristica Movimento islamico del Turkestan orientale che è radicata nelle regioni centrali e occidentali dell’Asia», ha detto il direttore degli affari politici e legali della Cina Meng Jianzhu. Pechino ribadisce quindi il proprio sforzo contro il pericolo terroristico, mentre a livello internazionale viene fatto notare che l’Etim è stata da tempo tolta dalla lista delle organizzazioni terroristiche.
Cosa pensano gli uighuri di questa nuova e pesante accusa?
Nei giorni successivi all’incidente di Tiananmen, ho raggiunto via mail Alim Seytoff, uno dei portavoce del Congresso Uighuro in esilio; al momento Alim è negli Usa: di seguito alcune domande e le sue risposte, rispetto alla più generale situazione e «guerra a bassa intensità» tra la Cina e la regione autonoma del Xinjiang.
Come le risulta essere la situazione in Xinjiang questa settimana, subito dopo la tragedia di Pechino?
La situazione nel Turkestan Orientale (come gli uighuri chiamano il Xinjiang, ndr) è intimidatoria. E’ uno stato di polizia, con la polizia cinese che armata controlla ogni città. La gente uighura vive nel terrore, temendo per la vita e la sicurezza dei propri parenti che stanno nel resto della Cina. I media ufficiali hanno già avvisato gli uighuri, considerati i responsabili della tragedia accaduta lunedì scorso a Pechino. Questo significa che ci sarà un aumento della repressione. Come in passato si tratta di eventi che la Cina utilizza per inasprire il controllo in certe aree.
Che differenze e similitudini ci sono tra Tibet e Xinjiang?
Si tratta di due situazioni, in verità, molto simili. Entrambi i popoli, uighuri e tibetani, hanno sofferto olto sotto il controllo brutale di Pechino; secondo molti si può parlare di un vero e proprio genocidio culturale. Lo Stato cinese attacca la nostra identità, la cultura, la storia e il nostro credo religioso. Poiché gli uighuri sono musulmani, dal 2001 dopo l’11 settembre, la Cina condanna le nostre richieste per la libertà, etichettandole come «terrorismo». Dato che i i tibetani sono buddisti , la Cina ha etichettato ogni tibetano come «separatista», anziché «terrorista»; la realtà è che entrambi i popolo lottano per la libertà.
Quali sono le richieste degli uighuri?
Il popolo uiguro vuole la libertà, la democrazia e il rispetto per i propri diritti e valori, al pari dei tibetani e dei cinesi . Ma il governo cinese tenta di convincere il mondo intero che le richieste uighure siano in realtà farneticazioni di «terroristi», demonizzando il popolo uighuro come fosse il nemico numero uno della Cina.
Che pensano e come vivono l’attuale situazione le nuove generazioni di uighuri?
La Cina ha spesso attaccato l’identità uighura, promuovendo l’educazione e la cultura han, svilendo i valori e le tradizioni ughire, criminalizzando la nostra fede e le nostre pratiche religiose. Le nuove generazioni risentono del dominio cinese a causa di tali politiche di genocidio culturale . Vogliono mantenere e rafforzare l’identità e resistere all’assimilazione cinese. mentre pochi uighuri accettano l’assimilazione come prezzo per una vita migliore nel futuro. Gli uighuri in generale non vogliono essere assimilati ai cinesi.
Pechino non ha più dubbi: il Movimento islamico del Turkestan orientale (ETIM) viene considerato l’organizzazione che avrebbe previsto e messo in opera l’attacco terroristico nel cuore di Pechino, lunedì scorso. Di seguito le parole di Alim Seytoff, uno dei portavoce del Congresso Uighuro in esilio.