Non più scontro su un campo di battaglia ma guerra fra la gente: la popolazione resiste e i civili sono bersaglio, obiettivo e forza di opposizione
“La guerra non esiste più”. Comincia così, con una sentenza assoluta e apparentemente assurda, L’arte della guerra nel mondo contemporaneo (il Mulino, 2009). L’autore è uno che i conflitti li conosce bene: il generale Rupert Smith, britannico, ha prestato servizio nel Golfo e in Bosnia ed è stato vice-comandante supremo in Europa della Nato. La sua non è dunque un’affermazione ingenua, ma un invito a riconoscere il cambiamento di paradigma: a essere scomparso è un modo di concepirla – “uno scontro su un campo di battaglia tra uomini e tra macchine” –, non certo la guerra in sé. Che anzi si è fatta “guerra fra la gente”, nella quale i civili sono contemporaneamente il bersaglio, l’obiettivo e la forza di opposizione.
Lo stiamo vedendo anche in Ucraina, dove la popolazione resiste all’aggressione, prepara molotov, combatte; ed è sottoposta a massacri e stupri, concepiti come una vera e propria arma. L’esercito russo, però, per composizione e organizzazione sembra essere rimasto ai tempi della Seconda guerra mondiale, in ritardo rispetto ai livelli di sofisticatezza bellica richiesti dal Ventunesimo secolo: lo ha scritto un altro ex-comandante supremo della Nato, James Stavridis, lo scorso marzo su Bloomberg. Secoli dopo Sun Tzu, l’accostamento delle parole “arte” (s’intende la pratica, il metodo) e “guerra” continua a suonare sgradevole. Ma il manuale di Smith è fondamentale per capire la realtà intorno – e vicino – a noi.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di maggio/giugno di eastwest.
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“La guerra non esiste più”. Comincia così, con una sentenza assoluta e apparentemente assurda, L’arte della guerra nel mondo contemporaneo (il Mulino, 2009). L’autore è uno che i conflitti li conosce bene: il generale Rupert Smith, britannico, ha prestato servizio nel Golfo e in Bosnia ed è stato vice-comandante supremo in Europa della Nato. La sua non è dunque un’affermazione ingenua, ma un invito a riconoscere il cambiamento di paradigma: a essere scomparso è un modo di concepirla – “uno scontro su un campo di battaglia tra uomini e tra macchine” –, non certo la guerra in sé. Che anzi si è fatta “guerra fra la gente”, nella quale i civili sono contemporaneamente il bersaglio, l’obiettivo e la forza di opposizione.