Delicata missione del Ministro degli Esteri russo, che parte dalla visita al Cairo alla ricerca di una sponda per rompere l’isolamento occidentale. Prossime tappe: Etiopia, Uganda e Congo
Rassicurare sull’export del grano e cercare una sponda diplomatica con interlocutori storicamente amici della Russia sono due degli obiettivi della missione africana di Sergej Lavrov, il Ministro degli Esteri di Vladimir Putin, che nella sua prima tappa in Egitto coglie l’occasione per addossare, ancora una volta, le responsabilità della guerra e dello stop alla catena di approvvigionamento alimentare sull’Occidente. Il Ministro russo, che nella capitale egiziana ha incontrato anche il Segretario Generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, proseguirà poi la sua missione in Etiopia, Uganda e nella Repubblica Democratica del Congo.
Con l’Egitto, la Russia mantiene stretti legami diplomatici, economici e miliari. Negli ultimi anni i due Paesi sono stati protagonisti del caos in Libia, legandosi alla fazione del Generale Khalifa Haftar insieme a Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, causando l’escalation che si è verificata dall’inizio della guerra civile. Una frizione con il Governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli, appoggiato dalle Nazioni Unite, dall’Unione europea e dalla Turchia, che ha svolto un ruolo di primaria importanza nel supportare militarmente l’area occidentale del Paese.
Ma ora, per l’Egitto, la situazione è decisamente delicata, dovendo trovare un equilibrio nei suoi rapporti anche con l’Occidente. Le cancellerie europee, insieme alla Casa Bianca, pressano Abdel Fattah al-Sisi affinché prenda posizione sul conflitto in corso in Ucraina: non è stato sufficiente il voto di condanna in Assemblea Generale. L’aggressione russa del Paese ha stravolto i piani diplomatici, con Il Cairo nella difficile condizione di dover lavorare su due binari paralleli. Una realtà alla quale l’Egitto è certamente abituato, ma in un periodo di massima tensione come quello attuale, con la crisi alimentare in atto e lo scontro frontale nella Guerra fredda di nuova generazione, diventa ostico barcamenarsi tra un partner e l’altro.
La posizione super partes egiziana la si denota dalle parole del Presidente al-Sisi, che parla di dialogo e via diplomatica per la risoluzione del conflitto in Ucraina, attraverso il framework bilaterale e multilaterale. Ma non solo: al-Sisi, che guida il Paese dalla deposizione di Mohammed Morsi, Presidente dei Fratelli Musulmani poi morto in carcere, ha ricordato l’importanza della cooperazione economica tra Il Cairo e Mosca. Con il tema energetico strategico per entrambi i Governi: infatti, i due Paesi collaborano nella costruzione dell’impianto nucleare di Dabaa, prima centrale di questo genere per l’Egitto, così come nella Zona Industriale Russa della Economic Zone del Canale di Suez, in fase di ampliamento. Nel 2018 venne firmato un accordo per l’espansione della presenza russa anche a East Port Said e Ain Sokhna, con i lavori rallentati proprio dalla guerra in Ucraina.
Un quadro complesso delle relazioni dell’Egitto con la Russia, e di questa col resto dell’Africa. Dall’inizio dell’invasione, tra il blocco all’export del grano e l’aumento generale dei prezzi delle materie prime, è proprio il continente meridionale a soffrire maggiormente dalle azioni di Mosca in Ucraina. Per Lavrov, in realtà, la colpa della situazione è da ricercare in Occidente, definendo tale visione “un altro tentativo per spostare le responsabilità su altri”. Al contempo, il Ministro degli Esteri chiede alle nazioni africane di non appoggiare Ue, Usa e gli altri Paesi loro alleati nelle sanzioni contro Mosca: “Cercate una vostra via indipendente, vogliono imporre un mondo unipolare alla comunità internazionale. Lavrov ha inoltre annunciato l’organizzazione del secondo Russia-Africa Summit, che si dovrebbe tenere a metà 2023. Caos ulteriore permettendo.
Con l’Egitto, la Russia mantiene stretti legami diplomatici, economici e miliari. Negli ultimi anni i due Paesi sono stati protagonisti del caos in Libia, legandosi alla fazione del Generale Khalifa Haftar insieme a Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, causando l’escalation che si è verificata dall’inizio della guerra civile. Una frizione con il Governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli, appoggiato dalle Nazioni Unite, dall’Unione europea e dalla Turchia, che ha svolto un ruolo di primaria importanza nel supportare militarmente l’area occidentale del Paese.