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L’Europa diversa: politica e sport


I risultati delle elezioni europee hanno spostato l’asse politico del continente a destra, ma le forze nazionaliste e populiste non sono riuscite a sovvertire la maggioranza centrista e pro-Ue che ha però, ora, margini ridotti.

I risultati delle elezioni europee hanno spostato l’asse politico del continente a destra. Le forze moderate, popolari e socialisti, si apprestano a governare l’Unione per altri 5 anni, con la consapevolezza di avere la responsabilità di dover traghettare Bruxelles verso un protagonismo più deciso sugli scenari internazionali e in politica interna, per evitare l’affossamento del progetto di integrazione, assediato da forze nazionaliste e populiste.

Il 1 luglio è peraltro iniziato il turno dell’Ungheria alla presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, l’organo in cui siedono i rappresentanti dei 27 Governi dei paesi membri e che, all’interno dell’Unione, detiene il potere legislativo insieme al Parlamento Europeo. Ciascun paese membro presiede il Consiglio ogni 14 anni, per sei mesi. La presidenza di turno decide le priorità dei lavori del Consiglio e molti analisti si sono preoccupati dell’influenza che un Premier illiberale come Orban possa esercitare sulle politiche dell’Unione. Per fortuna di tutti noi, questa fase sarà dominata dalla scelta dei nuovi assetti della governance europea, a scapito della realizzazione di politiche presumibilmente autoritarie e non conformi alla tradizione democratica e liberale europea.

Parlando di Europa, non si possono non citare i campionati europei di calcio, che si stanno svolgendo in Germania in queste settimane. Il dibattito sui giornali non riguarda solo lo sport ma anche fenomeni che vanno oltre, come l’influenza della comunità turca in Germania e l’impegno politico della nazionale francese, inconcepibile per il calcio italiano.

Vale la pena comunque soffermarsi sulla ignominiosa eliminazione dell’Italia dagli Europei, ad opera della Svizzera, dopo alcune partite che hanno evidenziato le clamorose carenze tecniche e individuali del nostro calcio.

Cinque anni fa, quando fummo eliminati dalla fase finale del Mondiale di Russia, la Federazione corse ai ripari, introducendo la possibilità per le squadre di serie A di avere una squadra under 23 inserita nel campionato di serie C, dando così la possibilità ai nostri giovani migliori di crescere, confrontandosi con un calcio semi-professionistico e non solo quello giovanile delle Primavere. Come spesso capita dalle nostre parti, la diagnosi era corretta e anche la cura, ma l’applicazione si è rivelata talmente farraginosa che, in 5 anni, solo una squadra (la Juventus) ha attivato la sua seconda squadra in serie C. Troppi vincoli rendono infatti questa attivazione difficile per una società e quasi impossibile per l’eventuale seconda, terza e quarta società che intendessero seguire l’esempio della prima. Il Presidente Gravina rifletta dunque rapidamente su come incentivare tutte le società di serie A e B ad attivare seconde squadre under 23 in campionati di terza serie, l’unico modo per rilanciare i giovani italiani e alimentare così nuovi rifornimenti per la Nazionale, sull’esempio di altri paesi europei. Saremmo invece costretti ad un ruolo sempre più marginale, se non ci muovessimo in questa direzione, superati ormai non più solamente da Inghilterra, Francia e Spagna, ma anche da ex medie potenze come Svizzera, Olanda e Portogallo.

 

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