Mediterraneo: Nord contro Sud
Una “minaccia” per l’Europa, una “opportunità” per l’Africa. Numeri e parole mostrano approcci divergenti nella percezione del fenomeno migratorio.
Una “minaccia” per l’Europa, una “opportunità” per l’Africa. Numeri e parole mostrano approcci divergenti nella percezione del fenomeno migratorio.
Se oggi gli Africani sono oltre 1,2 miliardi, entro il 2050 saranno più di 2,4 miliardi ed entro la fine del secolo oltre 4,5 miliardi. A fronte di 1,2 miliardi di abitanti, quindi, gli africani sbarcati in Italia nei primi sei mesi del 2018, secondo il Viminale, sono stati 9327, ovvero lo 0.000007% della popolazione del Continente. In tutto il 2017, gli sbarchi sono stati in totale 61.285, di questi circa 58.000 provenivano dalla Libia e quindi, in prevalenza, cittadini di qualche paese africano. Parliamo del 0,004% della popolazione africana. Nello stesso 2017, secondo i dati diffusi a giugno 2018 dall’UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo), i migranti interni africani sono stati 20 milioni, ovvero l’1,6% della popolazione del Continente, cioè ogni 100 africani che migrano, meno di 1 arriva in Europa con gli sbarchi. Se oltre il 95% dei migranti africani sceglie un altro paese africano, come possono essere le preoccupazioni europee o i rimpatri la priorità dei governi del Continente? Molti paesi africani sono impegnati ad affrontare emergenze umanitarie legate a conflitti o tensioni nei paesi confinanti che nell’arco di pochi mesi hanno portato oltre 1 milione di profughi sul proprio territorio nazionale. Come possono, di fronte a queste ondate, rappresentare poche centinaia o al massimo migliaia di rimpatri all’anno una priorità?
La differente percezione del tema migratorio tra le due sponde del Mediterraneo non è solo una questione di numeri, ma anche di prospettive. Mentre in Europa il tema è circondato da allarmismi, paure, ansie se non vere e proprie fobie, in Africa ci si interroga sulle ricadute positive che questa mobilità interna ed esterna al Continente è in grado di portare. Il rapporto dell’UNCTAD citato sopra, ad esempio, ha un titolo emblematico: “Le migrazioni per la trasformazione strutturale”. I quasi 20 milioni di cittadini africani che nel 2017 hanno deciso di migrare all’interno del continente rappresentano, infatti, secondo l’Ufficio ONU un “fenomeno che ha il potenziale di promuovere la crescita economica e la produttività”. Lo studio, il primo ad approfondire il tema delle migrazioni interne al continente e del loro impatto economico, evidenzia come questi movimenti di popolazione abbiano un impatto positivo sia per i Paesi di origine sia per quelli di destinazione: l’UNCTAD stima infatti che le migrazioni, se ben gestite, possano contribuire ad aumentare il reddito medio continentale dai 2008 dollari del 2016 ai 3249 dollari nel 2030. Secondo l’UNCTAD il contributo dei migranti ha un’importanza fondamentale nella crescita economica dei Paesi di destinazione, poiché è qui che essi spendono in media l’85% dei loro redditi: così in Costa d’Avorio almeno il 19% del Pil è legato al contributo di persone provenienti da un altro Paese, in Rwanda il 13% e in Sudafrica il 9%. Ma al di là dell’aspetto quantitativo, il rapporto evidenzia gli aspetti qualitativi delle migrazioni e il loro effetto positivo sullo sviluppo sociale ed economico a cominciare dal miglioramento delle competenze professionali che il movimento di lavoratori crea. “I movimenti di popolazione attraverso le frontiere offrono spesso agli individui la possibilità per una vita migliore – ha detto il segretario generale dell’UNCTAD, Mukhisa Kituyi – Ciò nonostante spesso il discorso pubblico, soprattutto quando riguarda le migrazioni internazionali africane, è pieno di luoghi comuni ed errate convinzioni che sono diventati parte di una narrativa divisiva, fuorviante e dannosa”.
A questo aspetto se ne unisce un altro: quello delle rimesse dei migranti. Da anni ormai, il flusso di denaro che i migranti africani mandano a casa ogni anno rappresenta il principale flusso di soldi in entrata per il Continente. Con una media di oltre 60 miliardi di dollari annui nell’ultimo decennio, le rimesse dei migranti hanno superato gli Aiuti allo Sviluppo o gli Investimenti Diretti Esteri. Da un punto di vista economico, la rapida crescita dei numeri dell’Africa è di grande interesse. Nel 2017 le rimesse dirette verso la sola Africa sub-sahariana sono salite a 37,8 miliardi di dollari, secondo la Banca Mondiale, e si prevedono circa $ 39,2 miliardi quest’anno e $ 39,6 miliardi nel 2019. La Nigeria da sola pesa per 22,3 miliardi di dollari di rimesse nel 2017. In Liberia, lo scorso anno, le rimesse hanno rappresentato il 25,9% del Pil nazionale, la quota più elevata registrata in Africa. Ed è sempre la Banca Mondiale che da anni conduce una battaglia quasi completamente ignorata in Italia e in Europa, quella per una più equa tassazione delle rimesse degli africani. Le aziende che gestiscono i servizi internazionali di trasferimento di denaro hanno dei costi medi planetari intorno al 5%, che salgono inspiegabilmente a quasi il 10% quando la stessa cifra viene trasferita in un qualsiasi paese africano.
Per essere ancora più chiari: se per un migrante guatemalteco mandare 200 dollari alla famiglia rimasta in patria costa 10 dollari, per uno africano costa 20 dollari circa. Il costo dei trasferimenti all’interno del continente è ancora più alto, oscillando tra una media del 15/20%. La ragione di questi scompensi sta nell’assenza di una reale concorrenza in questo settore; più del 60% di tutte le rimesse verso l’Africa sono effettuate soltanto da due grandi e noti operatori di money transfer internazionali.
“Di solito le rimesse servono per pagare il cibo, i servizi sanitari e le spese per l’istruzione, talvolta vengono messe da parte come risparmi e, una volta gestite le priorità per la sopravvivenza o eventuali emergenze, vengono investite per finanziare imprese su piccola scala” ha spiegato l’allora direttore della Commissione per gli affari sociali dell’Unione Africana, Olawale Maiyegun, in un’intervista rilasciata al mensile Africa e Affari. “Le rimesse – ha detto ancora Maiyegun – rappresentano per l’Africa una fonte di finanziamento in costante crescita e con un immenso potenziale. Sono diventate una fonte fondamentale per il finanziamento dello sviluppo in Africa. Le migrazioni sostengono le economie più avanzate attraverso la fornitura di forza lavoro e, grazie alle rimesse, generano un movimento virtuoso di capitali di cui beneficiano anche altre economie. Inoltre, le rimesse sono cruciali per la disponibilità di valuta straniera, che solitamente sostiene il commercio internazionale e migliora la bilancia dei pagamenti dei singoli paesi. Per comprendere meglio, basti sottolineare che in alcuni paesi dell’Africa le rimesse rappresentano più del 40% del valore delle esportazioni e quote percentuali molto importanti rispetto all’intero prodotto interno lordo nazionale”.
Appare quindi chiaro come tanto i numeri quanto la percezione del fenomeno tra le due sponde del Mediterraneo non potrebbero essere più distanti. Eppure i punti di contatto non mancano. Per venire incontro alle preoccupazioni europee, ma anche per intervenire sul tema con una propria voce unitaria, il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione africana (UA) ha approvato lo scorso maggio la creazione di un osservatorio delle migrazioni africane. L’Osservatorio avrà il compito di raccogliere e scambiare informazioni, nonché coordinare i paesi africani per comprendere, anticipare e agire sulle questioni relative alla migrazione e sostenere le iniziative continentali per arginare la migrazione illegale. Le immagini di qualche mese fa di migranti venduti in Libia come schiavi, o le storie dei maltrattamenti subiti, hanno scosso le coscienze. Ma anche l’Europa dovrebbe provare a cambiare prospettiva e guardare al fenomeno migratorio africano da un punto di vista diverso. Di fronte ai trend demografici impressionanti, i governanti africani sono impegnati in una vera e propria corsa contro il tempo per fornire risposte alle crescenti aspettative in materia di cibo, lavoro ed energia di una popolazione in crescita esponenziale. Sostenere i paesi che stanno conducendo questo sforzo per lo sviluppo delle proprie economie e delle proprie società non solo a parole ma con un impegno più concreto, non può che rappresentare una risposta indiretta ma efficace anche alle molte ansie europee sulle migrazioni.
Una “minaccia” per l’Europa, una “opportunità” per l’Africa. Numeri e parole mostrano approcci divergenti nella percezione del fenomeno migratorio.
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