Narendra Modi trionfa
400 milioni di voti consegnano a Modi il secondo mandato nonostante l’economia in calo, la disoccupazione in crescita, il settore agricolo in crisi
400 milioni di voti consegnano a Modi il secondo mandato nonostante l’economia in calo, la disoccupazione in crescita, il settore agricolo in crisi
Gli elettori indiani hanno consegnato una vittoria schiacciante al Governo del partito Bharatiya Janata del Primo Ministro Narendra Modi, rieleggendolo per un secondo mandato quinquennale. Avendo seguito seguito da vicino la campagna elettorale della sesta maggiore economia al mondo, ci si chiede se il partito saprà rivelarsi all’altezza delle aspettative.
Le elezioni quinquennali indiane sono un processo democratico di proporzioni impressionanti: quasi 613 milioni di cittadini sono andati alle urne in più di un milione di seggi, quasi tre volte l’affluenza delle 28 nazioni chiamate a eleggere il nuovo Parlamento Europeo nello stesso periodo.
Altrettanto impressionante l’esito: il Bharatiya Janata (BJP) di Narendra Modi ha stravinto, segnando una vittoria ancora più grande di quella di 5 anni fa. Il BPJ ha vinto 303 dei 543 seggi del Lok Sabha, o Camera bassa del Parlamento, contro i 282 del 2014. Nessun Governo indiano otteneva una maggioranza così ampia da quasi 50 anni.
Insieme ai suoi partner dell’Alleanza democratica nazionale, il BJP detiene il 65% dei seggi del Lok Sabha, ma potrebbe tranquillamente governare senza il sostegno dei partiti più piccoli. Sulla mappa elettorale indiana dilaga il color zafferano associato al BJP, fatta eccezione per alcuni Stati meridionali: gli sfuggono del tutto il Kerala e il Tamil Nadu, gli Stati più a sud della penisola.
Il BJP di Modi controlla la maggior parte dei 29 Stati indiani, basi di potere a pieno titolo nella struttura semi-federale del Paese, ma non la Camera alta del Parlamento, il Rajya Sabha, dove il partito del Congresso ha l’egemonia. La situazione però è destinata a cambiare man mano che i nuovi membri saranno eletti dalle assemblee legislative statali, secondo un calendario che si discosta dal ciclo elettorale nazionale.
Molti considerano l’esito di queste elezioni una vittoria personale di Modi, ex produttore di tè salito alla ribalta come Primo Ministro dello stato progressivo del Gujarat, che negli ultimi 5 anni ha ricoperto l’incarico politico più alto dell’India. Il suo volto campeggiava sui cartelloni pubblicitari in tutto il Paese, dando l’impressione di un’elezione presidenziale. Molti hanno affermato di aver votato per Modi piuttosto che per il suo partito.
Le persone che ho incontrato nel corso di un tour elettorale di 6 Stati tendevano a descrivere Modi come “stabile e ragionevole”. Alla domanda sul perché sostenevano il BJP, un elettore rurale ha risposto: “Ci hanno dato case, fognature ed elettricità. Perché non dovrei votare per loro?”. L’impegno di Modi nel fornire servizi igienici ed elettricità è stato ben accolto in un Paese in cui entrambi scarseggiano.
Il risultato elettorale ha sollevato molti interrogativi, non ultimo su come Modi sia riuscito ad aggirare la crescente insoddisfazione per il Governo centrale che tradizionalmente dà un vantaggio elettorale all’opposizione. O come abbia fatto a uscire indenne dalla tempesta politica scaturita dai deludenti indicatori di performance economica.
Un punto interrogativo ancora più grande pende sul Congresso, partito di Governo per quasi 50 dei 72 anni di indipendenza dell’India. I suoi seggi nel Lok Sabha sono aumentati da un minimo storico di 44 nel 2014 a 52. Una particolare umiliazione per il suo leader, Rahul Gandhi, è stata perdere uno dei due seggi per cui concorreva, un seggio “di famiglia” da generazioni. Figlio, nipote e pronipote di ex Primi Ministri – Rajiv Gandhi, Indira Gandhi e Jawaharlal Nehru – Gandhi si è offerto di dimettersi dalla guida del partito, che, per citare un elettore, “ormai è poco più di un’azienda di famiglia”. Nonostante il coinvolgimento della popolare sorella di Gandhi, Priyanka Gandhi Vadra, in campagna elettorale, gli elettori sembrano essere d’accordo sul fatto che il cognome, una volta di fiducia, sia diventato un peso per il partito.
A livello nazionale ci si chiede se per la dinastia Nehru-Gandhi sia giunta la fine e se il Congresso potrà sopravvivere nominando un nuovo leader esterno ad essa. È opinione diffusa che Rahul Gandhi, 20 anni più giovane di Modi, sia incapace di catalizzare consensi e privo di esperienza politica, non avendo mai ricoperto cariche governative.
Queste elezioni hanno dunque rinnovato il mandato di uno dei leader più controversi della storia indiana. Gestione economica a parte, una delle principali critiche rivolte a Modi è di trasformare un Paese fondato sulla laicità dello Stato in una nazione indù – “un Pakistan indù”, dicono alcuni critici. Questo preoccupa soprattutto le minoranze: il 14% della popolazione, ad esempio, è musulmana. Stando ai dati raccolti dalla rivista India Today, i musulmani sono stati l’unico gruppo a favorire il Congresso ma molti di loro hanno comunque votato il BJP. .
Modi dovrà cercare di lasciarsi alle spalle le controversie legate ai massacri dei musulmani durante il suo mandato di Primo Ministro del Gujarat e alle dichiarazioni inappropriate di alcuni suoi deputati. Uno si è congratulato pubblicamente con l’assassino che nel 1948 uccise il Mahatma Gandhi, venerato dalla maggior parte degli indiani come padre fondatore del Paese.
I critici del Governo Modi evidenziano la mancata creazione di nuovi posti di lavoro, promessa nel 2014 di fronte alla rapida crescita demografica. Inoltre Modi non ha fatto abbastanza per il settore agricolo. Una triste realtà della vita in India è l’alto tasso di suicidio tra i contadini che, caduti nella trappola del debito, non sono in grado di recuperare le spese sostenute a causa della pressione al ribasso sui prezzi di mercato.
Negli Stati politicamente rilevanti, Uttar Pradesh e Maharashtra, che insieme eleggono 128 deputati (quasi 1/4 del totale), Modi ha promesso di costringere gli zuccherifici a saldare i debiti con i coltivatori di canna da zucchero, i quali spesso devono attendere fino a un anno il pagamento dei propri raccolti. Gli indiani si aspettano che Modi mantenga questa e altre promesse che lo hanno aiutato a ottenere un vantaggio su Rahul Gandhi, il quale invece aveva promesso di combattere la povertà rurale introducendo un reddito di base per i più svantaggiati.
Uno dei primi compiti del Governo sarà stabilire un nuovo bilancio da presentare al Parlamento questo luglio. L’incaricata è Nirmala Sitharaman, ex Ministro della Difesa e prima donna dopo Indira Gandhi a capo del Ministero delle Finanze. Oltre ad assicurarsi che le promesse agli agricoltori vengano mantenute, Sitharaman dovrà occuparsi dell’alto livello di disoccupazione e del tasso di crescita nazionale, che pur essendo elevato per gli standard internazionali è sceso molto rispetto all’inizio del primo mandato di Modi. Inoltre, Sitharaman dovrà rimediare ai principali “intoppi” economici del primo mandato: il ritiro delle banconote di grosso taglio e l’introduzione di un’imposta generale sulle vendite, ritenuti responsabili del calo della crescita, nonché l’annosa piaga dei crediti inesigibili, causa della situazione precaria di molte banche statali.
Un’altra priorità per Modi e il suo nuovo Ministro degli Esteri, il diplomatico di carriera Subrahmanyam Jaishankar, sarà rispondere all’invito del Primo Ministro pakistano, che propone di avviare dei colloqui sullo Stato conteso del Kashmir.
Altrettanto urgente sarà trattare con gli Usa, per scongiurare l’aumento dei dazi sulle merci indiane. L’India è nel mirino di Trump una volta che avrà portato a termine la sua guerra commerciale con la Cina. Le trattative non saranno semplici, perché gli Usa sono un importante partner commerciale e stanno facendo pressione sull’India affinché smetta di acquistare petrolio iraniano.
Modi ha davanti a sé un mandato difficile, in cui è in gioco il favore del suo popolo. Gli oppositori temono che diventi una sorta di dittatore con una maggioranza così vasta e il controllo dei media di cui lo accusano.
Resta il fatto che, per il momento, non c’è nessuno che si avvicini anche lontanamente al livello di popolarità di Modi, tanto che si parla già di un suo terzo mandato da Primo Ministro tra 5 anni – a patto che riesca a soddisfare le aspettative della popolazione.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di luglio/agosto di eastwest.
400 milioni di voti consegnano a Modi il secondo mandato nonostante l’economia in calo, la disoccupazione in crescita, il settore agricolo in crisi
Gli elettori indiani hanno consegnato una vittoria schiacciante al Governo del partito Bharatiya Janata del Primo Ministro Narendra Modi, rieleggendolo per un secondo mandato quinquennale. Avendo seguito seguito da vicino la campagna elettorale della sesta maggiore economia al mondo, ci si chiede se il partito saprà rivelarsi all’altezza delle aspettative.
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