14 maggio 2018 – Le notizie della settimana dal mondo
Il Libano è un laboratorio per la tenuta degli equilibri nel Golfo.
Il Libano torna a votare
Questa settimana, a Beirut, dopo quasi un decennio, i cittadini sono stati chiamati a votare. Dopo nove anni senza elezioni politiche, i seggi hanno accolto solo 3,7 milioni di elettori (meno del 50%), segno di una sostanziale sfiducia nelle capacità dei partiti di far fronte alle esigenze del Paese. Il Libano ha votato per il rinnovo dei 128 seggi del parlamento con una legge proporzionale, dove un numero prestabilito di scranni viene assegnato ad ogni comunità: la ripartizione attuale consiste in 64 seggi alla comunità cristiana, 8 ai melchiti, 5 agli armeno-ortodossi e 64 alla comunità musulmana.
Secondo la legge, la premiership spetta ai musulmani sunniti (sostenuti dunque dall’Arabia Saudita: stando ai primi calcoli, sarà ancora il primo ministro uscente Saad Hariri a lavorare alla costruzione dell’esecutivo, malgrado una maggioranza avversa), la presidenza dell’assemblea agli sciiti (appoggiati dall’Iran), mentre il presidente della Repubblica spetta ai cristiani maroniti. Tuttavia, i risultati di questa tornata elettorale ci dicono che il primo voto legislativo dal 2009 in Libano consegna il Paese più saldamente nelle mani di Hezbollah, il movimento sciita alleato di Teheran.
Il gruppo, assieme agli alleati – tra cui i cristiani del presidente Michel Aoun e lo storico partito sciita Amal, guidato dal leader del parlamento Nabih Berri – avrebbe raggiunto circa 67 seggi, su un totale di 128. Il risultato, ovviamente, ha risuonato in maniera minacciosa nel vicino Israele. Da mesi, nella regione, crescono i timori di un possibile confronto aperto tra Israele e Iran, attraverso Hezbollah, come accaduto nell’estate 2006 anche se, da allora, molto è cambiato nella regione.
Dal 2011, le milizie del “Partito di Dio” combattono con sempre maggior addestramento militare in Siria accanto ai soldati del regime di Bashar el Assad e alle unità speciali iraniane. E se in Libano da anni cresce in alcune fasce politiche e di popolazione l’opposizione all’arsenale di Hezbollah, il risultato elettorale emerso nel corso di questa settimana sostiene quegli alleati che considerano legittima se non necessaria la potenza militare del gruppo sciita, ormai saldamente ancorato alla vita politica libanese.
La sfida è verificare quanto capace sarà Hariri di garantire un governo equilibrato, con un parlamento meno favorevole e un partner esterno particolarmente “invasivo”…
UNIONE EUROPEA – L’Ue mette alle strette il Venezuela
Questa settimana, a Bruxelles, il parlamento europeo ha chiesto l’immediata sospensione delle elezioni presidenziali anticipate in Venezuela, previste per il 20 Maggio 2018.
A febbraio, i parlamentari europei hanno imposto delle sanzioni contro i principali esponenti del governo (tra questi, c’è anche il Presidente Maduro), dichiarando che le elezioni presidenziali sarebbero state riconosciute solamente a seguito di accordi con l’opposizione a proposito del metodo di voto. Le sanzioni evidentemente non sono risultate soddisfacenti e, questa settimana, l’Ue ha optato per il piano B: colpire direttamente il leader di uno Stato.
La richiesta di sospensione delle elezioni presidenziali è stata approvata con 492 voti a favore, 87 contrari, mentre 77 si sono astenuti. Questa decisione drastica ha solamente un precedente, che risale al 2011, contro il presidente siriano Bashar al- Assad. Attraverso tale misura, il parlamento europeo sottolinea l’importanza di elezioni libere e imparziali per poter formare un governo venezuelano che sia in grado di far fronte alla crisi economica e sociale attuale.
@GiuScognamiglio
Il Libano è un laboratorio per la tenuta degli equilibri nel Golfo.