Gli alleati europei stanno facendo pressioni sugli Stati Uniti per evitare che adottino la dottrina del “no first use” delle testate nucleari. Il rischio è che l’indebolimento della deterrenza americana possa rendere Cina e Russia più assertive
Un gruppo di Paesi alleati degli Stati Uniti, sia europei che asiatici, sta facendo pressioni sull’amministrazione di Joe Biden per evitare modifiche alla dottrina americana sulle armi nucleari. In Europa sono la Francia, la Germania e il Regno Unito; nell’Asia-Pacifico, invece, il Giappone e l’Australia. Nonostante la distanza che li separa, tutti loro condividono il timore che la Casa Bianca possa adottare una postura di “no first use” delle testate nucleari (“non colpire per primi”, potremmo tradurre), oppure che possa dichiarare che “l’unico scopo” (sole purpose) di questi armamenti sia prevenire o rispondere a un attacco equivalente.
Un “grosso regalo” a Cina e Russia?
Un anonimo funzionario europeo ha dichiarato al Financial Times che, se gli Stati Uniti dovessero procedere in questa direzione, farebbero “un grosso regalo alla Cina e alla Russia”.
Per comprendere il significato di questa affermazione bisogna tenere conto di due cose. La prima è che gli alleati sia europei che asiatici di Washington beneficiano del cosiddetto “ombrello nucleare” americano: in altre parole, dipendono dal suo arsenale nucleare (e dalla deterrenza che crea) per la difesa da eventuali minacce provenienti da Mosca o da Pechino. L’altra cosa è che la dottrina nucleare americana è volutamente vaga: questa ambiguità nei termini è infatti utile ad aumentare il potere deterrente delle testate, perché i Governi avversari non sanno con precisione in quali circostanze gli Stati Uniti potrebbero utilizzarle.
Joe Biden, però, è da tempo dell’idea che l’America dovrebbe essere più netta e dotarsi di una postura nucleare meno combattiva. Ha utilizzato l’espressione sole purpose, che implica un atteggiamento difensivo, già nel 2017 e poi, più significativamente, nella campagna elettorale del 2020. Non ha invece mai parlato di no first use – né probabilmente lo farà – perché troppo estremo; molti, tuttavia, pensano che la differenza tra i due termini sia solo di forma e non di contenuto.
L’Europa e l’Asia sono allora preoccupate. Pensano che l’indebolimento della deterrenza americana, il loro rinchiudersi nella protezione della patria, possa rendere Cina e Russia più audaci e assertive nelle rispettive aree geografiche di proiezione.
Chi si oppone
I sostenitori dell’approccio no first use lo ritengono necessario per diminuire i rischi di escalation nucleare attraverso la delimitazione precisa delle circostanze di utilizzo delle testate. I critici pensano invece che, se l’America dovesse pronunciare quell’espressione, non soltanto le nazioni rivali potrebbero approfittarne, ma si creerebbe una “corsa al nucleare” tra gli stessi alleati, che potrebbero sentirsi non più protetti da Washington, con serie implicazioni relative alla proliferazione di questo tipo di armamenti letali.
L’amministrazione Biden deve procedere cautamente. Il disimpegno (o, meglio, riorientamento) è ormai una tendenza, ma rischia di alienare i partner: dopo gli anni di Donald Trump e il ritiro dall’Afghanistan, una dottrina nucleare sole purpose/no first use potrebbe rafforzare l’idea, nelle menti degli alleati, che gli Stati Uniti non siano più affidabili. E che sia meglio fare da sé, anche nella difesa.
Il Financial Times riporta che, nei mesi scorsi, Washington ha inviato un questionario ai Governi alleati per registrare il loro parere in merito a eventuali cambiamenti della dottrina nucleare americana, che potrebbero avvenire tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022. I pareri sono stati “fortemente negativi”; il sentimento generale è di “panico collettivo”. A ottobre il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha partecipato a un vertice della Nato a Bruxelles e ha ricevuto forti pressioni per non modificare lo status quo sulle armi nucleari: niente no first use e nemmeno sole purpose.
Le opposizioni alla volontà di Biden non sono solo estere, ma anche interne. E non arrivano solamente dalla politica (il Partito repubblicano), ma anche dagli apparati militari (il dipartimento della Difesa) preoccupati per i progressi della Cina.
Gli alleati europei stanno facendo pressioni sugli Stati Uniti per evitare che adottino la dottrina del “no first use” delle testate nucleari. Il rischio è che l’indebolimento della deterrenza americana possa rendere Cina e Russia più assertive