Il cambio di Governo rallenta la ratifica dell’accordo con Canberra: pesano le pressioni della Cina
Lo scorso dicembre i Governi di Australia e Vanuatu hanno sottoscritto un accordo onnicomprensivo sulla sicurezza, visto da molti analisti dell’area come un successo di Canberra nei confronti della Cina nell’ambito della corsa al controllo dell’area del Pacifico. L’agreement con la nazione della Melanesia copre diversi campi della cooperazione: dall’assistenza umanitaria alla difesa, dal controllo dei confini alla cyber security, passando per la sicurezza in ambito marittimo e dell’aviazione. Tuttavia, la sua finalizzazione è legata all’approvazione parlamentare che, secondo l’ex Primo Ministro Alatoi Ishmael Kalsakau, sarebbe dovuta arrivare entro la fine del 2023.
D’altro canto, i sommovimenti politici possono modificare profondamente gli assetti sia interni che nelle relazioni verso gli altri Paesi e il caso di Vanuatu è rappresentativo in tal senso. Nei giorni scorsi, infatti, Kalsakau è stato destituito con un voto di sfiducia richiesto dalle opposizioni, contestassimo perché finito sotto la lente d’ingrandimento della Corte Suprema, che ha dichiarato la sconfitta del Pm in carica. Diventa così Sato Kilman il nuovo capo del Governo dell’isola pacifica, personaggio noto che ha già ricoperto tale ruolo in passato.
La crisi politica di Vanuatu è stata seguita da vicino dall’esecutivo di Anthony Albanese, preoccupato per la sorte dell’accordo di sicurezza. Kalsakau era stato attaccato fin da subito per la scelta di legarsi all’Australia, con l’opposizione che lamentava possibili problematiche con la Cina. “Vanuatu, in quanto nazione sovrana del Pacifico, non può permettersi tali giochi tra nazioni rivali militarmente in conflitto”, spiegava a maggio l’opposizione. “Siamo preoccupati, qualunque Governo deve portare avanti relazioni imparziali, non vogliamo essere usati in maniera impropria nella competizione tra Paesi alla ricerca della dominazione della regione”.
Non appena insediatosi, Kilman, successore di Kalsakau, ha subito chiarito che avrebbe richiesto profonde modifiche al deal con Canberra, avvisando che il Parlamento non avrebbe concesso la ratifica nell’attuale forma del patto siglato a dicembre. “Non sono sicuro se l’accordo sia o meno nell’interesse di Vanuatu. Credo — ha dichiarato il nuovo Pm — che il Governo lo rivisiterà. Se non va bene e c’è bisogno di alcuni cambiamento, parleremo con l’Australia per capire se ci si può lavorare”.
Kilman ha spiegato l’intenzione di rendere Vanuatu nazione non allineata, “né pro Occidente né pro Cina”, giustificando la sua posizione nella complessa lettura del “dinamico panorama geopolitico, dove le nazioni devono essere capaci di valutare come muoversi nel loro interesse”. Ci si attende un lungo periodo di nuove trattative sull’accordo tra l’isola del Pacifico e l’Australia, che ha corteggiato il Governo locale fino all’apparente successo di dicembre 2022.
Il patto venne siglato a Vanuatu alla presenza della Ministra degli Esteri Penny Wong e dell’allora Pm Kalsakau, presentato dall’esponente australiana come un agreement che avrebbe “cementificato la cooperazione ad ampio spettro. La sicurezza di Australia e Vanuatu è intrecciata e siamo impegnati nel rafforzamento di pace, prosperità, resilienza e sicurezza nella nostra regione”. Alla prova dei fatti, il patto non si è rivelato collante positivo nella relazione bilaterale tra i due Paesi, con un errore di fondo: l’iniziativa unilaterale voluta dall’ex Pm, che ha trovato ostacoli persino all’interno del suo stesso esecutivo.
Un vantaggio indiretto alla Cina, che ha già sottoscritto un importante accordo di sicurezza con le Isole Salomone. Pechino vive comunque difficoltà non indifferenti nel procedere con il progetto di cooperazione sulla sicurezza in forma più ampia, il China-Pacific Islands Countries Common Development Vision, rispedito più volte al mittente lo scorso anno in due occasioni: la prima, nel corso della visita di Wang Yi a Suva, nelle Fiji e la seconda a novembre, durante un meeting virtuale tra il Ministro per la Sicurezza Pubblica Wang Xiaohong e altri esponenti delle isole del Pacifico.
D’altro canto, i sommovimenti politici possono modificare profondamente gli assetti sia interni che nelle relazioni verso gli altri Paesi e il caso di Vanuatu è rappresentativo in tal senso. Nei giorni scorsi, infatti, Kalsakau è stato destituito con un voto di sfiducia richiesto dalle opposizioni, contestassimo perché finito sotto la lente d’ingrandimento della Corte Suprema, che ha dichiarato la sconfitta del Pm in carica. Diventa così Sato Kilman il nuovo capo del Governo dell’isola pacifica, personaggio noto che ha già ricoperto tale ruolo in passato.