La Travel Medicine e il controllo delle pandemie
La Medicina del Turismo, il rapporto tra viaggio e salute, la necessità di una collaborazione sanitaria tra gli Stati. Nasce nell’Ottocento l’idea di un’organizzazione sovranazionale che coordini la salute comune. L’epidemiologo Walter Pasini racconta la sua collaborazione ventennale con l’Oms nell'ultima parte della nostra inchiesta
La Medicina del Turismo, il rapporto tra viaggio e salute, la necessità di una collaborazione sanitaria tra gli Stati. Nasce nell’Ottocento l’idea di un’organizzazione sovranazionale che coordini la salute comune. L’epidemiologo Walter Pasini racconta la sua collaborazione ventennale con l’Oms nell’ultima parte della nostra inchiesta
Leggi la seconda parte dell’inchiesta “Oms a rischio fallimento”.
Epidemiologo, il riminese Walter Pasini ha creato addirittura una branca specifica della Medicina dedicata alle malattie dei viaggiatori: la “Travel Medicine”. Consultore medico-scientifico presso il Museo di Storia della Medicina della Scuola Grande di San Marco a Venezia, curatore nel 2015 presso lo stesso Museo di una mostra “La malattia che viaggia, dalla peste all’ebola, storia e attualità delle epidemie”, che dopo il Covid suona purtroppo preveggente, proprio in base a questa sua competenza fu prescelto nel 1988 a dirigere il primo Centro Collaboratore dell’Oms per la Travel Medicine: un incarico che mantenne fino al 2008.
Per questo suo ruolo, hanno fatto scalpore alcune critiche da lui mosse alla stessa Oms per la gestione della pandemia di Covid.
Sì, il mio è stato il primo centro collaboratore della Oms sulla Travel Medicine ad essere designato, nel 1988. Poi se ne sono aggiunti altri tre nel mondo: uno a Londra, uno a Zurigo, uno negli Stati Uniti. L’Oms mi aveva cercato per le mie competenze nel settore: nel 1981 avevo dato vita alla Medicina del Turismo per poi fondare nel 1983 la Società Italiana di Medicina del Turismo. Oggetto: il rapporto tra viaggio e salute. Nel febbraio 1988 avevamo organizzato con l’Oms, nell’ufficio regionale di Copenaghen, un grande convegno sulla prevenzione e sul controllo delle malattie infettive nell’area del Mediterraneo. Da lì è nata questa collaborazione con l’ufficio regionale di Copenaghen, che è continuata nel tempo. Fu a giugno dello stesso anno che mi venne assegnata la direzione del Centro Collaboratore dell’Oms per la Travel Medicine, un incarico che ho ricoperto per cinque mandati quadriennali.
Una cosa che è diventata centrale con la pandemia…
È vero, ma in realtà era centrale anche prima. I siti ufficiali del Ministero della Salute e dell’Oms dedicano infatti ampio spazio alla Travel Medicine. All’Oms si deve anche la pubblicazione di un libro intitolato International travel and health che io ho tradotto a beneficio della sanità pubblica italiana. Se ne pubblicavano varie migliaia di copie e veniva distribuito agli igienisti. Il fatto che fosse una pubblicazione ufficiale dell’Oms mostra già un’attenzione, ma d’altronde tutta la storia dell’Oms è legata anche al controllo delle pandemie, da cui nasce l’idea della necessità di una collaborazione tra gli Stati. Quando a fine ‘800 infieriscono sette grandi pandemie, gli Stati si rendono conto che è necessario collaborare, perché è un problema che riguarda tutti. Quindi nasce l’idea che sia opportuno realizzare un’organizzazione sovranazionale che coordini la salute comune.
Però in questo momento ci sono molti segnali di crisi di questa Organizzazione. Da una parte, il secondo finanziatore, che non è uno Stato, ma il privato Bill Gates. Dall’altra, un direttore generale che viene confermato per un secondo mandato contro la volontà del suo stesso Paese.
Certo. Molti aspetti sono ambigui, e in primo luogo, la lunga predominanza della Cina. Prima, i dieci anni durante i quali fu direttore dell’Oms la cinese Margaret Chan. Poi, Tedros Adhanom Ghebreyesus: un etiope eletto con i voti cinesi, perché i voti dell’Africa sono controllati dalla Cina. Ma tutta la materia dei finanziamenti è un po’ ambigua. A un certo punto il direttore generale annunciò: “Abbiamo creato una fondazione che può raccogliere fondi anche da privati”. È la Fondation de l’Oms, lanciata il 27 maggio del 2020 a Ginevra da Thomas Zeltner, ex capo dell’Ufficio federale svizzero della sanità pubblica, con l’intento di sostenere a lungo termine l’Oms con fondi privati e di cittadini dell’intero pianeta. “Vogliamo completare il finanziamento dell’Oms. Non pensiamo di voler rimpiazzare gli Stati membri o altri donatori”, ha precisato Zeltner, spiegando che l’Oms “ha bisogno del sostegno politico e finanziario di tutti i suoi membri”. Ha aggiunto di poter sostenere gli sforzi dell’Oms con 3 miliardi di dollari in quattro anni, che corrisponderebbero a quasi sei volte il contributo Usa dell’epoca. L’Oms ha detto di essere d’accordo. Però questa è una Fondazione privata, fondata da un signore sicuramente molto intraprendente. Usa il nome dell’Oms, dice che raccoglie fondi per l’Oms ma aggiunge che darà all’Oms solo una parte di quello che raccoglierà. Il resto lo userà a suo piacimento. “Per fare del bene”, puntualizza. Ma se si dona a una Fondazione che si chiama Oms, si intende donare all’Oms. Non a un fondo svizzero! È una cosa che avevo appunto segnalato alla stampa. Allora potrei fare una cosa del genere anche io, e incassare parte dei fondi a mia volta! Il 50% lo dono all’Oms e il restante 50% “lo uso per fare del bene”. È un elemento piuttosto curioso, che suggerisce l’idea di gente un po’ allo sbando.
Intanto Donald Trump voleva tagliare i fondi…
Trump voleva tagliare i fondi e, secondo me, faceva bene perché la politica dell’Oms era troppo asservita e troppo sbilanciata verso la Cina. Non c’era stata una sola parola di critica per il Covid! La Commissione dell’Oms ha aspettato più di un mese dopo l’inizio della pandemia prima di andare a Pechino, quando abitualmente i suoi funzionari si fiondano sul posto a poche ore dal primo annuncio di un’emergenza. Perché hanno tardato? Ma ancora più grave è che la Cina abbia sempre impedito qualsiasi accertamento sull’origine della pandemia. Si è trattato di una presa in giro quando i funzionari dell’Oms sono andati a Pechino con i pullman. Poveretti, a me facevano pena. Li hanno ridicolizzati! Per svolgere indagini di quel genere è necessario rimanere sul campo per almeno sei mesi, o un anno, e lavorare dalla mattina alla sera mettendo in campo una équipe multidisciplinare, con i migliori specialisti dei vari settori. La Cina lo ha impedito, e l’Oms la ha assecondata. Solo in seguito è stata fatta qualche critica, e quella posizione supina e passiva è leggermente mutata. Resta però il fatto che la pandemia non è stata gestita bene: occorreva che l’Oms proclamasse la Travel Restriction, il blocco da o per la Cina di qualsiasi persona o merce, quando l’epidemia si stava diffondendo a Wuhan. Invece è stata dichiarata un’emergenza sanitaria internazionale solo a fine gennaio. E inoltre non c’è stata nessuna disposizione, nessuna raccomandazione di restrizione dei viaggi. L’Oms ha gestito malissimo la pandemia, almeno nella prima fase. Ed è un peccato perché il mondo ha la necessità di avere in campo sanitario una leadership internazionale seria, affidabile e rispettata.
Lei ha criticato anche l’Italia per non aver fatto il piano pandemico che avrebbe dovuto predisporre. Ma l’inefficienza dell’Oms e dell’Italia sono state nella media che hanno dimostrato tutte o quasi tutte le organizzazioni statuali di fronte alla pandemia, oppure è stato qualcosa di peggio?
Il discorso del piano pandemico nasce da un’indicazione dell’Oms del 2005. C’era stata l’influenza aviaria H1N1, e si temeva anche l’influenza aviaria H5N1. L’Oms diceva: sicuramente arriverà una pandemia influenzale, come la Spagnola. Non sappiamo quando ma sicuramente arriverà, perché ogni tanto i virus influenzali mutano radicalmente e di conseguenza si diffondono ceppi che trovano la popolazione mondiale assolutamente impreparata, come è successo per la Spagnola nel 1917-19. Quindi l’Oms aveva messo in allerta gli Stati: “arriverà questa pandemia influenzale, preparatevi! Fate il piano pandemico!”. Poi, di fatto, la pandemia influenzale non è arrivata. Almeno per ora. Però è arrivata questa pandemia da Covid 19. Se noi avessimo avuto un piano pandemico, anche se pensato per una pandemia influenzale − che non è arrivata − sicuramente avremmo avuto molti strumenti in più per fronteggiare il Covid 19. Questo è il punto. Certo, se è vero che non è stato fatto in Italia, non è che altri Stati abbiano brillato. Ricordo quando, come responsabile del Centro Collaboratore dell’Oms, andavo a Roma per studiare il piano pandemico presso il Ministero della Sanità e mi sorprendeva che gli stessi dirigenti del Ministero dessero così poca importanza al piano pandemico. Quindi, sì, è vero, l’Italia non ha fatto niente, e non mi risulta che altri Stati si siano molto adoperati per farlo.
Cioè, ci voleva la tragedia per capire che si era sottovalutato il problema…
Certo.
A questo punto, vedendo quello che è successo, secondo lei, come dovrebbe essere riformata l’Oms?
L’Oms dovrebbe essere indipendente da queste pressioni politiche e dovrebbe mantenere una sua autonomia, io non credo che ciò sia impossibile. Quello che abbiamo visto in occasione della pandemia in Cina non si dovrebbe più ripetere. L’Oms non deve fare da sponda a un Paese potente come la Cina ma deve avere una sua neutralità. Deve essere un organismo sovranazionale. Deve potenziarsi tecnicamente. La strategia dei Centri Collaboratori è una strategia corretta, proprio perché in gran parte l’Oms ha una struttura burocratica. Ha funzionari inviati dai vari ministeri della Sanità, ha la sede centrale a Ginevra e altre sedi sparse nel mondo come sedi regionali. La nostra sede regionale è a Copenaghen; quando ero responsabile della Travel Medicine andavo molto più spesso a Copenaghen che a Ginevra. Bisogna dunque avvalersi di Centri Collaboratori, con singoli esperti che rappresentino istituzioni in grado di fornire anche un supporto tecnico. Tutto ciò deve essere potenziato ulteriormente per acquisire sempre più competenze.
L’altra questione è la trasparenza dei fondi. Insomma, Bill Gates. La critica che faceva Tedros era questa: Bill Gates ci dà i soldi ma non a fondo perduto, decide lui stesso su cosa investire: sulla malaria, per esempio, piuttosto che su altre emergenze. Non va bene: se l’Oms riceve dei finanziamenti è l’Oms stessa che deve decidere dove investirli. Per questo Tedros sosteneva che ci sarebbe dovuta essere una diversificazione anche dei finanziatori privati. Da cui la storia della Fondazione svizzera. Ma anche lì c’è poi il problema della trasparenza dei fondi. È fondamentale che vi sia chiarezza su dove va a finire il denaro. Altrettanto fondamentale è riuscire a venire a capo di malattie che, come il colera, per fare soltanto un esempio, sono frutto della povertà. Sono conseguenza della mancanza di impianti fognari e di acqua potabile. Ci deve essere uno sforzo da parte di tutto il mondo per eliminare quelle malattie che hanno a che fare con la povertà, garantendo, ad esempio, acqua potabile a tutti. Dovrebbe essere anche questo il compito dell’Oms, che resta un organismo in gran parte burocratico, con spinte politiche fortissime. Ci vorrebbe una leadership sanitaria internazionale forte, appunto. Ma per essere forte dovrebbe essere credibile, prestigiosa, indipendente dalle pressioni politiche. La Cina, oggi, conta troppo. È necessario un riequilibrio.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di settembre/ottobre di eastwest.
Leggi la seconda parte dell’inchiesta “Oms a rischio fallimento”.
Epidemiologo, il riminese Walter Pasini ha creato addirittura una branca specifica della Medicina dedicata alle malattie dei viaggiatori: la “Travel Medicine”. Consultore medico-scientifico presso il Museo di Storia della Medicina della Scuola Grande di San Marco a Venezia, curatore nel 2015 presso lo stesso Museo di una mostra “La malattia che viaggia, dalla peste all’ebola, storia e attualità delle epidemie”, che dopo il Covid suona purtroppo preveggente, proprio in base a questa sua competenza fu prescelto nel 1988 a dirigere il primo Centro Collaboratore dell’Oms per la Travel Medicine: un incarico che mantenne fino al 2008.
Questo contenuto è riservato agli abbonati
Abbonati per un anno a tutti i contenuti del sito e all'edizione cartacea + digitale della rivista di geopolitica
Abbonati per un anno alla versione digitale della rivista di geopolitica