Bergoglio in Campidoglio
Nella sua visita al Municipio di Roma, Papa Francesco non parla di “corruzione”, ma denuncia il degrado della capitale
Nella sua visita al Municipio di Roma, Papa Francesco non parla di “corruzione”, ma denuncia il degrado della capitale
Quanto ha giovato, sul piano dell’immagine, la visita di Papa Francesco in Campidoglio alla giunta capitolina di Virginia Raggi, al di là degli squilli di trombe e delle cerimonie di rito?
Bergoglio ha evitato accuratamente di pronunciare la parola “corruzione” (sarebbe stato come parlar di corda in casa dell’impiccato, dopo il recente arresto del Presidente del Consiglio comunale per tangenti), ma non si è limitato, come i suoi predecessori in visita al Colle del Municipio, a tessere l’elogio della città più bella del mondo. Giovanni Paolo II, il 15 gennaio 1998, aveva tessuto l’elogio dei romani e ricordato il celeberrimo anagramma Roma, Amor. Benedetto XVI, il 9 marzo 2009, aveva genericamente accennato al fatto «che il cuore romano è un cuore di poesia».
Francesco, invece, non ha nascosto il degrado in cui versa la capitale, anche se lo ha fatto in positivo, invitando i membri dell’amministrazione capitolina al buon governo di “questa realtà”.
Roma, appunto.
La città infatti «è un organismo delicato, che necessita di una cura umile, assidua, e di coraggio creativo per mantenersi ordinato e vivibile, perché tanto splendore non si degradi, ma al cumulo delle glorie passate si possa aggiungere il contributo delle nuove generazioni, il loro specifico genio, le loro iniziative, i loro buoni progetti». Questa peculiare identità storica, culturale e istituzionale – ha aggiunto il pontefice – «postula che l’amministrazione capitolina sia in grado di governare».
Francesco avrà notato certamente anche i cumuli di spazzatura visibili nelle strade del centro nel suo tragitto verso il Campidoglio.
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