Il ministro degli Esteri ucraino Kuleba ha chiesto a Pechino di svolgere un ruolo meno neutrale e più costruttivo nell’esercitare pressioni sul regime putiniano, al fine di agevolare una pace giusta e duratura.
Il ministro degli esteri ucraino, Dmytro Kuleba, si è recato a Guangzhou (nel Canton), per incontrare il suo omologo cinese Wang Yi. Un incontro che s’inserisce nella più ampia cornice delle operazioni diplomatiche ucraine che mirano a ricevere maggiore supporto politico-militare ed accrescere il consenso internazionale rispetto alla prosecuzione della guerra e dello sforzo ucraino.
La missione di Kuleba, la prima in Cina dall’inizio della guerra, può essere interpretata a partire da alcuni eventi più recenti. In particolare, la visita di Putin in Corea del Nord ha destato preoccupazioni sia a Kiev che a Pechino: il partenariato strategico tra Federazione Russa e Corea del Nord minaccia appunto di alterare l’equilibrio di sicurezza nella regione e aggravare il conflitto armato in Ucraina. Il diplomatico ucraino si è quindi speso per convincere la Repubblica Popolare a svolgere un ruolo meno “neutrale” e più costruttivo nell’esercitare maggiori pressioni sul regime putiniano, al fine di agevolare una pace “giusta e duratura” (leggasi: premere su Mosca con più determinazione in modo da catalizzare la fine della guerra).“Speriamo che la Repubblica Popolare Cinese svolga un ruolo costruttivo nel superare le sfide alla sicurezza regionale e globale che stanno crescendo man mano che Russia e Corea del Nord espandono la loro cooperazione militare”.
Con queste parole del ministro Kuleba si potrebbe sintetizzare la sua missione in Cina. Invero, l’azione diplomatica cinese dipenderà in larga misura dalla valutazione che il partito unico farà rispetto alla possibilità ed opportunità di agire per ricavare consenso internazionale e credibilità (come già fatto in Medioriente con la Normalizzazione Arabia Saudita-Iran e più recentemente l’accordo Hamas-Fatah). Ciononostante, finora la Cina ha mantenuto una posizione politico-diplomatica ambigua, mai netta, che ha spesso dato adito a critiche, anche aspre, da parte delle cancellerie occidentali. La Cina, infatti, ancorché infastidita dalle decisioni di Mosca e danneggiata dalla guerra dal punto di vista economico (si vedano le difficoltà causate all’iniziativa della BRI), ha comunque continuato a fornire armi e munizioni alla Russia oltre al sostegno attraverso il suo posizionamento politico nei maggiori consessi internazionali (si veda il Consiglio di Sicurezza ONU).
Ci si potrebbe chiedere se questa relazione con l’antico fratello russo, contornata da vecchi e nuovi attriti, potrebbe essere sostituita o quanto meno affiancata da “un’amicizia” con l’Ucraina. Appare però più probabile che la Cina voglia sfruttare una posizione di protagonismo anche su questo fronte. L’interesse più rilevante da parte cinese risulta essere proprio quello di intestarsi la rinnovata “disponibilità dell’Ucraina a impegnarsi in un processo negoziale con la controparte russa” per poi utilizzarla sul piano internazionale a proprio vantaggio.
L’Ucraina dal canto suo, dopo aver ottenuto il sostegno americano, ha indubbiamente bisogno di un peso massimo geopolitico anche sul lato asiatico. Tale possibilità è più che mai agognata in questo momento di estrema difficoltà sul campo e di fronte alla riduzione drastica del supporto occidentale, sia finanziario che militare, dopo la fallita offensiva ucraina della scorsa estate. Le truppe ucraine hanno sempre meno munizioni da sparare e soprattutto la risorsa che sembra mancare in maniera preoccupante è quella umana. È proprio su questi due fattori che si innesta il “momentum” russo, Mosca sta sfruttando a suo vantaggio le difficoltà ucraine, avanzando sul fronte e strappando, metro dopo metro, territorio agli ucraini.
In questo contesto i vertici ucraini potrebbero prendere in seria considerazione la possibilità di sedersi al tavolo dei negoziati. Ciò potrebbe accadere prima dell’esito delle elezioni americane, in cui un’eventuale vittoria di Trump minerebbe ulteriormente il supporto occidentale, o prima che accada l’irreparabile e l’esercito russo sfondi le linee ucraine, ormai impossibilitate a difendersi in maniera adeguata.
La Cina, quindi, rappresenta perno e tappa obbligata per la proiezione diplomatica ucraina ma la consolidata posizione cinese oltre che la sua cultura strategica, votata al pragmatismo, fanno pensare ad una manovra diplomatica molto difficile. Già nel marzo 2022, il Presidente cinese Xi, durante una telefonata con Biden, affermava che “è compito di chi ha messo il sonaglio al collo della tigre toglierlo”; sottolineando così la sua volontà di giocare di sponda rispetto allo scacchiere internazionale in movimento. Le scelte strategiche di Pechino hanno spinto molti analisti ad affermare che il grande vincitore della guerra sarebbe stata proprio la Cina. La quale attende seduta sulla riva antioccidentale del fiume il “cadavere” del nemico passargli davanti, trascinato dalla corrente dell’ennesima guerra in Europa capace di logorare credibilità e assetto politico del vecchio continente più che provocarne un rinnovamento.
Proprio l’assetto securitario euroasiatico, specchio di una crisi europea se non globale, in cui si innesta la guerra russo-ucraina è e rimane una delle tante facce del prisma attraverso il quale guardare gli eventi. Trattasi dello stesso assetto securitario di cui Putin chiedeva un aggiornamento e che ha in parte convinto il Cremlino ad iniziare un’azione militare che ha stravolto gli equilibri europei e globali. Protagonista in questo contesto, oggi più che mai, è la Cina. La quale seppur irritata dalle scelte di Putin, ha saputo muoversi tra le faglie occidentali senza mai esporsi in maniera ufficiale. Se non fosse questa una propensione strategica consolidata del Dragone, ci si potrebbe spingere ad affermare che qualcuno tra i vertici e consiglieri militari cinesi abbia ripreso in mano “l’arte della guerra” del celebre Sun Tzu, versione asiatica del nostro più nostrano Von Clausewitz. Nel citato capolavoro cinese, Sun Tzu elogia la qualità del guerriero che vince senza combattere, apologia di un assunto strategico che sembra fungere da fondamento dei più recenti tatticismi cinesi, che guardati nella prospettiva del lungo periodo potrebbero portare la Cina in una posizione di vantaggio rispetto alla competizione con il suo rivale sistemico d’oltreoceano.
In conclusione, la missione diplomatica del Ministro degli Esteri Kuleba non sembra capace, almeno per il momento, di plasmare cambiamenti rilevanti dal punto di vista del posizionamento internazionale e del convincimento della Cina. Il Ministro Cinese Wang Yi ha infatti affermato che: “i tempi non sono ancora maturi per mettere Putin e Zelensky attorno a un tavolo, ma siamo disposti a continuare a svolgere un ruolo costruttivo per la ripresa di colloqui di normalizzazione”. Pare che il Dragone continuerà a muoversi con i piedi di piombo o forse dovremmo dire di giada, per poi (forse) virare velocemente al momento opportuno e massimizzare il risultato ottenibile da uno o dall’altro fronte.
È però evidente che Pechino ha priorità maggiori, come la crescita economica che sembra ristagnare ed il progressivo surriscaldamento del Mar Cinese Meridionale e soprattutto la crisi con Taiwan e gli Stati Uniti, problemi questi che distrarranno l’amministrazione cinese dalle lontane voci e richieste d’aiuto europee ancora per diverso tempo. Dall’esito dell’incontro tra Kuleba e Yi sembra riecheggiare un antico detto confuciano: “Se cerchi una mano disposta ad aiutarti, la trovi alla fine del tuo braccio”; leggasi: noi siamo qui per vincere non per partecipare e aiuteremo solo nella misura in cui ciò arriderà ai nostri interessi nazionali.
Il ministro degli Esteri ucraino Kuleba ha chiesto a Pechino di svolgere un ruolo meno neutrale e più costruttivo nell’esercitare pressioni sul regime putiniano, al fine di agevolare una pace giusta e duratura.
Il ministro degli esteri ucraino, Dmytro Kuleba, si è recato a Guangzhou (nel Canton), per incontrare il suo omologo cinese Wang Yi. Un incontro che s’inserisce nella più ampia cornice delle operazioni diplomatiche ucraine che mirano a ricevere maggiore supporto politico-militare ed accrescere il consenso internazionale rispetto alla prosecuzione della guerra e dello sforzo ucraino.