Francesco Costa spiega gli Stati Uniti attraverso un serie di storie che raccontano la crisi identitaria di un Paese che ha prodotto Capitol Hill
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Il Presidente eletto Joe Biden assicura che “l’America è tornata” e che gli Stati Uniti si rimetteranno presto alla guida della comunità internazionale. L’intenzione è genuina, ma la sua fattibilità incerta. La notizia della morte del secolo americano potrebbe essere ampiamente esagerata, parafrasando Mark Twain, ma il “momento unipolare” è passato e il mondo – l’Europa, l’Asia-Pacifico – preferisce fare da sé piuttosto che affidarsi a Washington.
Non è solo il contesto esterno a essere sfavorevole, però. Gli Stati Uniti potrebbero avere difficoltà a reclamare la leadership globale anche perché la politica interna si è fatta sempre più polarizzata e oggi democratici e repubblicani faticano a capirsi, a parlarsi, a trattare: quel sistema fondato sul compromesso che ha reso grande l’America, trasformandola nella superpotenza che è, sembra insomma non funzionare più.
La radicalizzazione dei due principali partiti riflette ovviamente quella della popolazione americana. Ma da dove arriva questo fenomeno? Da Newt Gingrich. O meglio, questa è la risposta breve. Quella lunga – e ben più articolata – si trova in Questa è l’America (Mondadori, 2020) di Francesco Costa, vicedirettore de Il Post e autore della newsletter-podcast “Da Costa a Costa”. Nel libro Costa spiega gli Stati Uniti – la politica, la società, la cultura – attraverso una serie di storie che raccontano, tra le altre cose, la crisi istituzionale e identitaria di un “Paese speciale” che rischia di diventare normale. O peggio.
L’attacco al Congresso, aizzato dallo stesso Donald Trump, è come lo sfogo violento di un’infezione che, se non curata, si espanderà a tutta la democrazia americana, condannandola alla disfunzionalità e infine al declino.
Leggi “IL LIBRO – Red Mirror: la Cina allo specchio”.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di gennaio/febbraio di eastwest.
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