Tra la Old e la New Economy
Grandi interessi in comune, le società petrolifere e quelle aerospaziali sono importanti clienti della tecnologia della Silicon Valley, con o senza Trump
Grandi interessi in comune, le società petrolifere e quelle aerospaziali sono importanti clienti della tecnologia della Silicon Valley, con o senza Trump
Il 19 ottobre 2018 Donald Trump ha incontrato in Montana le tre maggiori compagnie statunitensi nel campo della difesa: Northrop Grumman, Lockheed Martin e Boeing rinnovando la gratitudine della Casa Bianca e del popolo americano verso coloro che garantiscono la capacità di difesa degli Stati Uniti con equipaggiamenti moderni, tecnologicamente avanzati, «i migliori del mondo» li ha definiti senza mezzi termini il tycoon.
Dai tempi di Eisenhower il comparto bellico dell’industria americana rappresenta la capacità degli Usa di difendere l’indipendenza e il progresso sociale raggiunti dal suo popolo da qualsiasi nemico, ma la fine della Guerra Fredda ha aperto nuovi scenari anche in campo economico.
Nell’estate del 1993 l’analista Samuel Huntington pubblica su Foreign Affairs un approfondimento dal titolo emblematico, The Clash of Civilizations?, secondo il quale con la caduta della cortina di ferro i conflitti religiosi e culturali avrebbero preso il posto di quelli ideologici. Huntington scrive che per evitarli è necessario consentire la diffusione della conoscenza reciproca, in altre parole connettere gli uomini attraverso tecnologia e comunicazione. Nel febbraio successivo sul The Atlantic Monthly compare The coming anarchy, celebre analisi di Robert D. Kaplan sul rapido ed inesorabile declino della società di fronte al quale solo i Paesi tecnologicamente evoluti sarebbero riusciti a sopravvivere. Entrambi gli scritti suscitano grande clamore negli Usa, stimolando il dibattito interno e contribuendo a influenzare la politica estera del Presidente democratico Bill Clinton volta a rafforzare il ruolo del Paese nella politica internazionale. Gli Stati Uniti avrebbero dato il loro contributo nel garantire stabilità e sicurezza mondiali forti della loro potenza militare, ma anche economica e tecnologica. Un’epoca dunque di grande fermento nella quale le company del settore informatico giocano un ruolo di primo piano: attraverso la rete (in quegli anni agli albori della sua diffusione in ambito civile) e la tecnologia digitale è possibile indirizzare lo sviluppo del mondo, evitando quegli scenari catastrofici prospettati da Kaplan e da Huntington.
Proprio nel 1993 la rivista Fortune mette in prima pagina Microsoft definendola la più innovativa azienda americana: forte degli allora 14 miliardi di fatturato e di sistemi operativi tradotti in 13 lingue e usati in tutto il mondo, l’azienda fondata da Bill Gates diventa una delle icone della nuova “società americana” che nasce sotto l’egida dell’amministrazione democratica.
In quel periodo nascono anche nuove realtà destinate in pochi anni a raggiungere il successo: è il caso di Google e del servizio di posta elettronica del gruppo Oath Yahoo che inizia ad operare nel 1994.
Pur trattandosi di compagnie commerciali e il cui principale fine è creare business, l’imprinting politico degli anni Novanta influenza la policy delle aziende della Silicon Valley: sono di allora le prime iniziative di carattere filantropico che, nel tempo, si sono articolate in iniziative che promuovono il volto “umano” delle società. Microsoft ad esempio ha una divisione dedicata all’assistenza medica nei Paesi del terzo mondo, allo sviluppo di programmi di inserimento lavorativo per disoccupati e alla digitalizzazione delle scuole americane.
Nel decennio successivo e sotto un’altra amministrazione democratica Apple diventa simbolo della comunicazione high tech che viaggia su dispositivi mobili. L’azienda esisteva sin dalla fine degli anni ’70 ma è con il suo ingresso nel mondo della telefonia mobile che conquista enorme popolarità e grandi fette di mercato, attirando anche l’attenzione della politica. Nel suo Steve Jobs (Mondadori, 2011) Walter Isaacson ricorda l’incontro del 2011 fra Barack Obama e Jobs al quale partecipano anche Carol Bartz (Yahoo), Larry Ellison (Oracle), Mark Zuckerberg (Facebook), Erich Schmidt (Google), Reed Hastings (Netflix) capitani d’industria della “Valle” riuniti per un meeting caldeggiato dallo stesso Presidente degli Usa. È l’anno precedente alle elezioni che avrebbero riconfermato Obama alla Casa Bianca e secondo Isaacs il patron di Apple si rende disponibile a sostenere la campagna elettorale.
Jobs muore alcuni mesi dopo ma il sostegno della Silicon Valley ai democratici continua anche nella tornata successiva, quando gli sfidanti sono Illary Clinton e Donald Trump. Nel luglio 2016 145 industriali della tecnologia inviano al candidato repubblicano una lettera in cui lo additano come “avversario” dei principi di innovazione e di inclusione della rete. Tra i firmatari di maggiore rilievo ci sono il co-fondatore di Apple Steve Wozniak, il co-fondatore di Tumblr David Karp ed Ev Williams co-fondatore di Twitter. Ed è proprio sul tema dell’immigrazione che si consuma lo strappo più profondo fra il tycoon e Silicon Valley, in particolare sulla proposta dell’esecutivo repubblicano di abolire il DACA (Deferred Action for Childhood Arrivals), provvedimento del 2014 che permette ai minori entrati illegalmente nel Paese di beneficiare di un rinvio dell’espulsione di due anni rinnovabili, così da permettere al soggetto di poter ottenere un permesso lavorativo. Dissidi legati ad una diversa sensibilità, ma anche a fattori più prettamente economici: nel gennaio 2017 il Center for American Progress stimava in 434 miliardi di dollari (nell’arco di 10 anni) la perdita economica per gli Usa nel caso in cui il DACA fosse stato cancellato.
Nel solco delle parole di Huntington e di Kaplan le corporations della Silicon Valley perseguono dunque una policy volta a dare all’opinione pubblica l’idea che esse sono l’emblema del cambiamento e dell’innovazione. D’altronde i beni che producono sono fra i più acquistati al mondo: lo smartphone appartiene ormai alla quotidianità e Google, Twitter, Facebook, Instagram sono i protagonisti di un “connecting people made in Usa” da milioni di utenti nel globo e… da miliardi di dollari.
Business che si diversifica poi in altri campi quali la ricerca e lo sviluppo di energie rinnovabili, tematiche che hanno trovato una sponda nel Partito Democratico in aperta antitesi con le politiche a favore dei combustibili fossili di Trump e, indirettamente, con i gruppi industriali tradizionalmente supporter dei repubblicani quali le compagnie petrolifere e le aziende del comparto difesa e del law-enforcement.
Uno scontro fra titani dell’industria il cui esito è tutt’altro che scontato. Malgrado la loro solida base finanziaria infatti le aziende di Silicon hanno di fronte colossi che monopolizzano il mercato dell’energia in un mondo nel quale il petrolio e suoi derivati continuano ad essere la principale risorsa energetica sia in Occidente sia nei Paesi in via di sviluppo. Non è un caso che a livello internazionale le “corp” con maggiore fatturato sono quelle del settore petrolifero, cinesi in primis seguite da Exxon Mobile con 244 miliardi di dollari di fatturato e da General Electric con 120 miliardi. Altro colosso stars&stripes è Berkshire Hathaway (finanza) con un fatturato di 240 miliardi, contro i 220 di Apple, gli 89 di Microsoft e i 40 miliardi di dollari di Facebook.
Ma i numeri non bastano a dare un’idea chiara della realtà: le società petrolifere e quelle dell’aero-spazio (Boeing, Northrop Grumman, Lockheed) sono importanti clienti delle aziende di Silicon Valley, basti pensare ai dispositivi high tech forniti alla Boeing per aeromobili oggi in linea con le maggiori compagnie aeree del mondo.
In altre parole rifiutare una commessa a una corporation perché vicina a Trump causerebbe un danno milionario e, comunque, è un’ipotesi piuttosto inverosimile.
Reale invece la capacità comunicativa, di promozione e di vendita al pubblico non solo dei prodotti ma anche dei volti e delle iniziative della rete imprenditoriale della “Valle”: di fronte ad efficaci campagne di marketing l’opinione pubblica ha infatti la percezione che Apple, Google, Microsoft siano capaci di influenzare la leadership politica ma, appunto, è solo una percezione perché le solide basi della old economy sono difficilmente scalfibili.
Trovate l’articolo nella rivista cartacea di eastwest in vendita in edicola.
Grandi interessi in comune, le società petrolifere e quelle aerospaziali sono importanti clienti della tecnologia della Silicon Valley, con o senza Trump
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