La scuola è uno dei confini dello spazio narrativo del rock’n’roll negli anni ’50: linguaggio segreto della “vita vera” in opposizione a quello degli insegnanti. Dieci anni dopo, il ’68 porterà a parziale compimento la rivolta contro l’istituzione. Ma con la fine dei grandi movimenti, ai “tempi della scuola” saranno assegnate tutte le occasioni perdute e le conseguenti nostalgie.
SCHOOL DAYS – CHUCK BERRY (1957) E’ il ritratto di un ragazzo che si alza al mattino per andare in classe a studiare storia americana, “matematica pratica” (“pratical math”) e pure, per esigenze di rima, ”etica della reciprocità” (“the Golden Rule”). La canzone è costruita sul classico giro dei blues di Chicago. I musicisti che ci suonano sono tra i migliori in città. Berry, allora ventottenne, si rivolge però a un ascoltatore che ha almeno dieci anni meno di lui ed è con tutta probabilità bianco e di classe media.. “Studi duramente, speri di essere promosso/ (…) e il compagno dietro di te non ti lascia in pace”. (“You studyin’ hard and hoping to pass/(…) And the guy behind you won’t leave you alone”) C’è la mensa e il tempo per prendersela con un insegnante “meschino”. Ma alle tre del pomeriggio cambia tutto: impacchettati i libri, via al juke box dove al prezzo di una moneta si può sentire qualcosa di “veramente caldo”. Cioè questa canzone, con un esplosivo assolo di chitarra elettrica e lo slogan di una nuova era: “Hey! Hey! rock’n’roll, portami via da queste giornate superate”. (“Hail Hail rock’n’roll/ deliver me from the days of old”)
WONDERFUL WORLD – SAM COOKE (1960) Un ragazzo ammette candidamente di saperne molto poco di algebra, trigonometria, francese, storia. E di sapere invece una cosa: “Uno più uno fa due/ e se quell’uno potessi essere io con te/ Che mondo meraviglioso sarebbe”. (“But I know that one an one is two/ And if this one could be with you/ What a wonderful world this would be”) Come nella canzone di Chuck Berry il piacere segreto di autori e ascoltatori è quello di strappare i nomi delle materie scolastiche alla lingua degli adulti, e costruirci sopra un linguaggio segreto, sexy. Ma a differenza del rock’n’roll maschile e ribelle, il soul di Sam Cooke si rivolge anche alle ragazze: pronuncia le parole che vorrebbero sentirsi dire.
L’idea ritorna dieci anni dopo in Abc dei Jacksons (con Micheal Jackson ragazzino), che si rivolge a una tipa molto studiosa: “Leggere, scrivere, far di conto/ sono i rami dell’albero della conoscenza/ Ma senza le radici dell’amore, ragazza/ la tua formazione non sarà completa”. (“Reading, writing, arithmetic/ Are the branches of the learning tree/ But without the roots of love everyday girl/ Your education ain’t complete”)
ITCHYCOO PARK – SMALL FACES (1967) Il rock’n’roll americano odiava la scuola, ma fino a un certo punto. Niente scuola, niente ragazze; niente angst giovanile, niente rock’n’roll. Bisogna aspettare l’inizio dell’era psichedelica per trovare una canzone così: “Mi piacerebbe andare con te a Itchycoo Park/ puoi fare sega a scuola (fico no?)/ Perché dovresti imparare le parole degli stupidi?/ Che faremo là?/ Ci sballeremo/ Toccheremo il cielo/ Perché quelle lacrime?/ E’ tutto troppo bello”.
(“I’d like to go there (Itchycoo Park) with you/ You can miss out school (won’t that be cool)/ Why go to learn the words of fools?/ What will we do there?/ We’ll get high/ What will we touch there? /We’ll touch the sky/ But why the tears then?/ I’ll tell you why/ It’s all toobeautiful”) Ci sono Gli Small Faces, mod e londinesi, vestivano queste parole di un suono sognante e sfuocato che lasciava poco spazio ai dubbi. Ebbero la prontezza di spirito di suggerire ai censori della Bbc che la canzone raccontava i loro giochi di bambini, quando saltavano sui mucchi di immondizia vicino casa (”we’ll get high”). Non ci crede nessuno. La Bbc sì.
VALLE GIULIA – PAOLO PIETRANGELI (1968) – Arriva il 1968. E’ difficile pensare a un’altra canzone così precisa nella descrizione di un corteo di studenti, con lo slogan “no alla scuola dei padroni/ via il governo dimissioni” e il profilo di una coppia travolta da una carica della polizia (“e mi guardavi tu con gli occhi stanchi (…)/ ed i sorrisi tuoi sembravan spenti/ c’erano cose certo più importanti”).
In Ohio (1970), dedicata ai quattro morti duranti gli scontri all’Università del Kent, Neil Young ricorrerà piuttosto a un linguaggio metaforico (“Stanno arrivando Nixon e i soldatini di latta”) (“Tinsoldier and Nixon coming”) e melodrammatico. Paolo Pietrangeli (con Giovanna Marini) si limita qui a riaggiornare i moduli epici del teatro popolare. Gli scontri di Valle Giulia non furono soltanto l’occasione del celeberrimo discorso di Pasolini sui poliziotti figli del popolo.
THUNDER ROAD – BRUCE SPRINGSTEEN (1975) Passano gli anni, si diventa grandi e il rock’n’roll coltiva la nostalgia per “i tempi della scuola”. Nel genere Springsteen è il maestro. “Abbiamo imparato più da tre minuti di disco/ che da tutto quello che abbiamo studiato a scuola” (“Welearned more from a three minute record/ than we ever learned in school”), canterà in No surrender.
Straziante è questa Thunder Road. Mary, bruttina e sola, si è appena diplomata. Il suo “tocco” è buttato per terra. Bruuum il protagonista bussa alla porta con la macchina accesa. Vendicherà tutti i ragazzi cacciati via da Mary con un’ultima promessa di fuga e redenzione.