Come da tradizione, il neo Cancelliere tedesco si è recato a Parigi per la sua prima visita all’estero. Con l’uscita di scena di Merkel, Macron potrebbe portare avanti il suo ambizioso progetto di un’Europa più autonoma
Nella sua prima visita all’estero da nuovo Cancelliere della Germania, Olaf Scholz – come da tradizione – è stato a Parigi, per un pranzo con il Presidente francese Emmanuel Macron. I due hanno anche tenuto una conferenza stampa ricca di dichiarazioni significative. Scholz, ad esempio, ha detto di voler lavorare assieme a Macron per “rinforzare l’Europa” e raggiungere la “sovranità”.
Questione di termini
Sono frasi che Macron, grande teorico della potenza geopolitica europea, avrà senz’altro ascoltato con piacere. Anche perché, storicamente, a far muovere il processo di integrazione dell’Unione europea è stato proprio il cosiddetto motore Parigi-Berlino. Che tuttavia negli ultimi anni ha opposto, a una Francia macroniana estremamente ambiziosa, una Germania merkeliana più cauta. Ma la fine dell’era di Angela Merkel potrebbe aiutare Macron – ammesso che vinca le elezioni presidenziali di aprile 2022 – a far avanzare più speditamente il suo progetto.
Nella conferenza stampa di venerdì, Macron ha detto che le dichiarazioni di Scholz “dimostrano una solida convergenza di vedute”. Non è esattamente così, però. Il contesto internazionale, dominato dalla competizione tra Stati Uniti e Cina, ha sì avvicinato la Germania al modo di pensare della Francia, che vuole un’Europa più capace di decidere e agire da sola di fronte alle sfide globali. Ma Scholz ha parlato di “sovranità strategica”, mentre Macron utilizza l’espressione “autonomia strategica”. Non è una questione di lana caprina, ma una differenza rilevantissima. Ai tedeschi – come ha detto Cathryn Clüver del DGAP al New York Times – il concetto di autonomia piace poco perché non vogliono rendersi indipendenti dall’America, storica garante della difesa europea. Macron ha invece tutt’altre ambizioni di emancipazione: pensa che gli europei abbiano interessi e valori diversi dagli americani e che si possa andare oltre la Nato.
Rilancio, potenza, appartenenza
Il 1° gennaio inizierà il semestre francese di presidenza dell’Unione europea e Macron ha già anticipato le tre parole d’ordine: “rilancio, potenza e appartenenza”. Vuole un’Europa più assertiva nel mondo, anche militarmente, e più competitiva nelle nuove industrie del digitale e delle energie pulite. Ha detto di avere in programma un incontro con i Paesi africani a febbraio per rilanciare le relazioni tra i due continenti; un vertice sulla sicurezza a marzo per migliorare i contatti tra le forze armate e le industrie della difesa europee; l’istituzione di un servizio civile europeo per i cittadini sotto i 25 anni di età; il rafforzamento delle frontiere esterne dell’Unione per gestire meglio i flussi migratori.
L’uscita di scena di Merkel potrebbe lasciare a Macron più spazio di manovra, ma non è chiaro fino a che punto Scholz sposerà la linea di Parigi. Nel contratto di Governo, la coalizione alla guida della Germania afferma di voler puntare alla creazione di uno “Stato federale europeo”: è un punto poco gradito a Macron – i francesi sono molto attaccati al concetto di nazione –, ma sta forse a indicare che anche Berlino abbia grandi piani per l’Europa.
Questione di soldi
Giovedì, un giorno prima di incontrare Scholz, Macron ha invitato i membri dell’Unione ad “abbandonare i vecchi tabù”: si riferiva alla famigerata “regola del 3%”, cioè al mantenimento del deficit di bilancio entro il tetto del 3% del Pil. Il Presidente francese pensa che vada superato in modo da permettere investimenti più massicci nelle industrie strategiche. I tedeschi però, nonostante l’assenso dato al Piano per la ripresa (da 750 miliardi di euro), preferiscono di solito il rigore fiscale per mantenere sotto controllo l’inflazione.
Sono frasi che Macron, grande teorico della potenza geopolitica europea, avrà senz’altro ascoltato con piacere. Anche perché, storicamente, a far muovere il processo di integrazione dell’Unione europea è stato proprio il cosiddetto motore Parigi-Berlino. Che tuttavia negli ultimi anni ha opposto, a una Francia macroniana estremamente ambiziosa, una Germania merkeliana più cauta. Ma la fine dell’era di Angela Merkel potrebbe aiutare Macron – ammesso che vinca le elezioni presidenziali di aprile 2022 – a far avanzare più speditamente il suo progetto.