L’ufficializzazione dell’incriminazione per i soldi a Stormy Daniels ricompatta il Grand Old Party attorno all’unica figura capace di mobilitare l’elettorato repubblicano, ormai sempre più a destra
Nel corso dei quattro anni di Donald Trump alla Casa Bianca l’elettorato degli Stati Uniti e la comunità internazionale sono stati abituati a colpi di scena, prime volte inaudite, dichiarazioni fuori luogo. Ma un ex Presidente incriminato è davvero la rottura di un tabù che apre la strada all’ignoto delle vie democratiche statunitensi. Uno stress test da non sottovalutare per una nazione in evidente declino d’immagine, incapace di rispondere all’imperante crisi sociale (oltre il 14% della popolazione in stato di povertà) e in difficoltà nello scenario internazionale.
A questo, si aggiunge la scostante guida dell’attuale Commander in Chief, Joe Biden, che da qui a un anno dovrà fare i conti per il mantenimento della leadership democratica, verso le elezioni del 2024. Chi lo sfiderà? L’incriminazione di Trump spinge ad immaginare diversi scenari che rischiano di modificare nuovamente lo standing Usa nel mondo, azzoppato proprio dall’ultima presidenza repubblicana e visibilmente peggiorato negli ultimi tre anni. Ma un dato è certo: le prospettive non sono rosee.
L’ex Presidente getta benzina sul fuoco con un comunicato dalla terminologia incandescente: parla di persecuzione politica, di interferenze nella campagna elettorale, di sinistra radicale. Un linguaggio che a distanza di tempo dalla sua presidenza torna di moda in un momento cruciale per la sua vita politica e non solo, con l’appoggio di amici e nemici interni. Su tutti, il vice di Trump alla Casa Bianca Mike Pence, il Governatore della Florida Ron DeSantis, il Senatore Tim Scott, un trio che ancora non ha ufficialmente annunciato la candidatura alle primarie repubblicane.
DeSantis, visto come il più forte tra i contendenti di Trump, ha abbracciato totalmente la causa dell’ex Presidente. Su Twitter, ha annunciato che non assisterà le autorità giudiziarie “per nessuna richiesta di estradizione”, sostenendo che il Procuratore Distrettuale di Manhattan, Alvin Bragg, colui il quale ha portato avanti le accuse contro il leader repubblicano, “è appoggiato da Soros”. Ovvero, una delle figure più invise dai sostenitori dell’ultra destra del Partito Repubblicano, tra QAnon e e Patriot Front.
La prossima settimana sarà decisiva: l’ufficio di Bragg ha fatto sapere di essere in contatto con i legali di Trump per coordinare la sua resa e la lettura dei capi d’imputazione. Ciò significa, inoltre, che Trump dovrebbe essere fotografato, gli si dovrebbero rilevare le impronte digitali, dovrebbe rispondere a domande semplici quali il suo nome e la data di nascita. Dopodiché, ci possono essere differenze sul trattamento che gli verrà riservato: quanto verrà trattenuto in custodia, se l’arresto avverrà con le manette o meno. Di certo è che saranno giorni concitati per il comparto di sicurezza, per i manifestanti pro Trump, per la democrazia statunitense tutta.