Un gruppo di dirigenti inadeguati partorisce un progetto stupido, destinato al fallimento. Gli analisti di JP Morgan sanno tutto di numeri, ma niente di emozioni
Un gruppo di dirigenti inadeguati partorisce un progetto stupido, destinato al fallimento. Gli analisti di JP Morgan sanno tutto di numeri, ma niente di emozioni
Nella tarda notte di domenica, dodici club auto-proclamati fondatori della Superlega hanno ufficializzato il proprio progetto per rivoluzionare il calcio: una competizione fuori dalla UEFA, riservata a soli club blasonati. L’idea è quella di mettere in piedi un torneo parallelo, composto da 15 top club (come scritto nel sintetico comunicato) al quale ogni anno si aggiungeranno altre cinque squadre particolarmente meritevoli. Un campionato dove conta il blasone, non il risultato: non si retrocede e non ci si salva, nella competizione ci si sta per diritti concessi.
Le società entrate nell’accordo sono 12: 6 inglesi (Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Tottenham), 3 italiane (Inter, Juventus, Milan) e 3 spagnole (Atletico Madrid, Real Madrid, Barcellona). I grandi assenti sono il Paris Saint-Germain e le grandi squadre tedesche, in primis il Bayern Monaco, i cui vertici si sono espressi negativamente. Tutti i principali campionati nazionali in Europa e la UEFA hanno condannato il progetto, con la minaccia di espellere i club dalle competizioni nazionali.
Domenica, la UEFA ha definito la Superlega un “progetto cinico fondato sull’interesse di alcuni club” e minacciato di bandire i giocatori coinvolti da “qualsiasi competizione a livello nazionale, europeo e mondiale”. Con la Superlega, i team blasonati avrebbero (presumibilmente) vantaggi finanziari enormi rispetto ai club minori, incrementando il dislivello economico con le altre squadre e, di fatto, uccidendo i campionati nazionali e il merito sportivo.
Durissima la reazione del Presidente della Federazione europea del calcio, Aleksander Ceferin, in particolare contro il Presidente della Juventus, uno dei principali registi dell’operazione: “Non parlerò molto di Agnelli, è una delle più grandi delusioni, anzi la più grande delusione. Ho parlato con lui sabato pomeriggio, ha detto che si trattava solo di voci, che non c’era nulla sotto. Ovviamente l’avidità è così forte che sconfigge tutti i valori umani”.
Ceferin non è l’unico a prendersela con il rampollo torinese. Il quotidiano sportivo francese L’Equipe lo attacca pesantemente, in un editoriale in cui ricorda quando il Presidente bianco-nero dichiarò tranquillamente che la presenza dell’Atalanta in Champions era ingiusta. “Invece, noi sappiamo quello che è fondamentalmente ingiusto e pericoloso: che sia lui a disegnare, con qualche amico, il calcio europeo di domani”. Se qualcuno non li ferma, sarà proprio così.
Non importa quanto sia affascinante una partita contro il Barcellona, se non c’è niente per cui giocare, se non c’è il vincitore che non ti aspetti, non è una partita ma un’esibizione.
Nel frattempo, mentre scrivo, gli scricchiolii dell’iniziativa si moltiplicano. Faccio alcune considerazioni che mi vengono di getto:
chi considera questa come un’evoluzione inevitabile, sul modello della NBA del basket americano, non tiene conto di almeno tre differenze fondamentali: a) la NBA finanzia le Università Usa, che possono così allevare i giovani più promettenti; b) ogni squadra ha un cap salariale che tutti rispettano; c) il meccanismo della squadra più debole che ha diritto ad acquistare il cestista più forte sul mercato garantisce un continuo riequilibrio dei valori. Senza queste regole, resta l’odiosa dimensione elitaria di un gruppo di società rappresentate da dirigenze arroganti e poco visionarie;
il calcolo secondo il quale le 12 big sarebbero in grado di quadruplicare i ricavi con la Superlega è clamorosamente sbagliato, perché basato sulla fotografia dei numeri (l’80% dei tifosi del mondo) e non sull’interpretazione delle emozioni che si sviluppano attorno al calcio. Sono queste emozioni che hanno portato ieri e oggi in piazza centinaia di tifosi contrari alla Lega dei ricchi (anche degli stessi 12 club, la “sporca dozzina”) facendo capire anche agli stupidi analisti di JP Morgan che l’incremento di fatturato sarebbe durato un anno o due, ma poi sarebbe crollato per disaffezione degli stessi supporter;
Juventus e Real Madrid, capostipiti del progetto, avranno danni reputazionali da questa odiosa iniziativa che dureranno anni. Minori danni subiranno quei club che più rapidamente si stanno sfilando, raccogliendo i segnali inequivocabili che provengono dalle piazze e dai social;
raramente la politica si occupa di sport in modo così marcato: gli interventi di Macron e di Johnson sono stati durissimi, ma anche Mario Draghi non ha usato mezzi termini per condannare un’iniziativa che rischia di spezzare quel filo rosso che oggi il calcio garantisce nel collegamento tra sogni e realtà;
mi auguro che questa incredibile vicenda si concluda con un accordo che tenga conto delle istanze in campo, magari rafforzando ulteriormente la Champions annunciata per il 2024 e, allo stesso tempo, ridimensionando i campionati nazionali, ad esempio portando le squadre della serie A da 20 a 16 squadre;
in assenza di accordo, però, giusto escludere i 12 club e i loro calciatori da tutte le competizioni!
Concludo con una considerazione personale: com’è possibile che l’eleganza e il senso etico di un Gianni Agnelli abbiano prodotto un’eredità così inadeguata?
Un gruppo di dirigenti inadeguati partorisce un progetto stupido, destinato al fallimento. Gli analisti di JP Morgan sanno tutto di numeri, ma niente di emozioni
Nella tarda notte di domenica, dodici club auto-proclamati fondatori della Superlega hanno ufficializzato il proprio progetto per rivoluzionare il calcio: una competizione fuori dalla UEFA, riservata a soli club blasonati. L’idea è quella di mettere in piedi un torneo parallelo, composto da 15 top club (come scritto nel sintetico comunicato) al quale ogni anno si aggiungeranno altre cinque squadre particolarmente meritevoli. Un campionato dove conta il blasone, non il risultato: non si retrocede e non ci si salva, nella competizione ci si sta per diritti concessi.
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