Il Transylvania International Film Festival, o TIFF, che si svolge ogni anno nella città rumena di Cluj-Napoca nei Carpazi, è stato fondato nel 2001, quando la prima edizione è stata vinta da un film locale, Occident, del regista allora esordiente Cristian Mungiu.
E già il suo secondo lungometraggio, 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni, del 2007, ha vinto ciò che è forse il più prestigioso premio nel cinema: la Palma d’oro a Cannes.
TIFF e il nuovo cinema rumeno sono cresciuti insieme. Il festival è diventato il maggiore evento cinematografico in Romania e il rendez-vous più importante al livello nazionale e internazionale per il cinema rumeno che da quell’inizio di buon auspicio nel 2001, si è trasformato in un movimento pieno di titoli cinematografici riconosciuti a livello internazionale.
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Alcuni dei film principali di questo rinascimento cinematografico, a volte soprannominato il “Noul val românesc” (la nouvelle vague rumena), includono il sopramenzionato 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni e il più recente Oltre le colline, entrambi di Mungiu; La morte del signor Lazarescu (2005) e Aurora (2010) del regista ed attore Cristi Puiu; A est di Bucarest (2006), Politist, Adjectiv (2009) e anche il film più recente di Corneliu Porumboiu, When Evening Falls on Bucharest or Metabolism, che ha debuttato lo scorso anno.
È interessante notare che in realtà il nucleo della Noul val rumena si riduce a solo una manciata di registi. Altri film considerati parte della Noul val, come il vincitore dell’Orso d’Oro della Berlinale dell’anno scorso, Il caso Kerenes, possono essere considerati come film che sono stilisticamente indebitati con il lavoro dei registi-chiave dello stesso movimento ma non opere che lo definiscono o che lo sviluppano.
Detto questo, tutti i film di quest’onda rumena hanno molte cose in comune, non ultima una visione piuttosto desolante sul mondo e l’umanità ed un rigore formale e delle scelte estetiche che rafforzano questa desolazione. La rigidità e l’austerità provengono dai temi e sfondi di molte delle storie, che spesso si svolgono verso la fine dell’epoca Ceausescu e suggeriscono quanto poco è cambiato o, se si svolgono dopo la caduta del comunismo nel 1989, che cosa è cambiato ma non per il meglio.
Il Noul val è un modo (anche se un po’ riduttivo) per parlare di un insieme di film, ma queste onde, chiaramente, non dureranno per sempre. Se tutto questo è cominciato nel 2001, oggi, tredici anni dopo, ci si chiede a cosa assomiglierà il cinema romeno post-Noul val, quando la generazione nata dopo il 1989 — e, quindi, senza alcun ricordo dei tempi del comunismo — inizierà a fare lungometraggi. Il programma di corti rumeni presentato in Transilvania quest’anno, in gran parte realizzati da giovani registi, dà una prima idea di come sarà il cinema rumeno del futuro.
Il programma dei corti era diviso in due blocchi. I primi quattro film erano Horse Power, diretto da Daniel Sandu, It Can Pass Through the Wall, diretto dal regista confermato Radu Jude, Ela, Panda & Madam di Andrei Stefan Rautu e The Walk dalla regista Mihaela Popescu.
Ciò che è più degno di nota in questo primo blocco è che per la materia, la caratterizzazione e lo stile, questi corti sembrano confermare che la Noul val getta una lunga ombra anche su nuovi registi (Radu Jude è l’eccezione, perche ha già diritto due lungometraggi, tra cui Everybody in Our Family, uno dei film che fa parte della onda rumena). L’unico corto che ha uno stile e un soggetto un po’ diverso è The Walk -ma non è per questo che il film sia originale-; esattamente come in Angst Essen Seelen Auf di Rainer Werner Fassbinder, in The Walk, una donna anziana immagina che può trovare gratificazione con un giovane operaio, in entrambe i film un moro di bell’aspetto.
C’era più un senso di avventura nel secondo blocco di corti, che iniziava con Start Anew World da Luiza Parvu e comprendeva anche Kowalski di Andrei Cretulescu, Our Father di Sergiu Lupse e il corto diretto da Iulia Rugina, Dying from a Wound of Love (anche Rugina ha già diretto una lungometraggio, Love Building). Il primo film è conservatore nel modo in cui è stato concepito, ma essendo un film storico, questa scelta è logica, e la freschezza del film deriva dal fatto che pochissime storie di immigrati rumeni negli Stati Uniti sono stati filmate o, generalmente, raccontate. Kowalski è una delle rare storie di gangster alla Tarantino, girato in una singola inquadratura, mentre Our Father e soprattutto Dying from a Wound of Love portano le loro storie in direzioni completamente inaspettate, con il loro stile e la regia che seguono coerentemente.
In Our Father, una conversazione si svolge fra due donne che si trovano sul lato di una strada di campagna per ragioni lavorative, mentre nel film della Rugina, la tragica rottura di due amanti sembra portare al suicidio, tranne che la morte del loro idolo musicale avviene prima e sembra di impedire i loro tragici piani. Anche se nessuno dei due ha un soggetto che può essere descritto come frivolo, l’esecuzione di entrambi non è solo leggera ma anche un po’ folle. Il senso dell’umorismo dei due registi è chiaramente presente ma non è il tipico umorismo nero ed amaro dei film della Noul val bensì si esprime come un senso di assurdità a ruota libera che è vigoroso e contemporaneo, piuttosto che grave o bloccato nel passato.
E già il suo secondo lungometraggio, 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni, del 2007, ha vinto ciò che è forse il più prestigioso premio nel cinema: la Palma d’oro a Cannes.