Lunedì scorso molti video girati da pendolari della metro di New Delhi hanno documentato un tentativo di linciaggio di massa ai danni di tre ragazzi africani. Cinque minuti di follia da “mob effect” che raccontano un sacco di cose dell’India di oggi.
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Le ricostruzioni del fatto potrebbero lasciare il tempo che trovano, ma val la pena ugualmente riportarle. Il Times of India – la cui autorevolezza, qui, non smetteremo mai di mettere in discussione – racconta entrambe le versioni più quotate. La prima: i tre africani avevano molestato una donna in metro. La seconda: i tre africani erano ubriachi e si son messi a litigare con qualcuno in metropolitana.
In entrambi i casi, le conseguenze sarebbero state le seguenti.
I tre studenti (si è scoperto poi che erano studenti universitari da Gabon e Burkina Faso) vengono portati in uno dei gabbiotti delle forze dell’ordine situati nelle stazioni della metropolitana, che solitamente ospitano un numero variabile di poliziotti sostanzialmente inerti: il loro lavoro è stare seduti lì e, eventualmente, intervenire in caso di reati (furto, più che altro).
Il gabbiotto viene circondato in pochi minuti da una folla di decine e decine di uomini, che vogliono linciare i tre ragazzi africani. La polizia non fa nulla e una situazione simile, lasciata degenerare, poteva benissimo significare la morte dei tre ragazzi.
Alcuni africani residenti a Delhi, intervistati per commentare la vicenda, ha spiegato che non si tratta di nulla di nuovo. Episodi di violenza e intimidazione a sfondo razzista nei loro confronti sono all’ordine del giorno.
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Per spiegare qualcosa che vada oltre alle immagini, occorre un po’ di contestualizzazione.
Poche settimane prima che mi trasferissi qui a Malviya Nagar (Delhi sud, quartiere caotico della lower-middle class della capitale con avamposti di ricchezza presidiati da una folta comunità sikh), l’allora ministro della Giustizia di Delhi, Somnath Bharti, aveva guidato una sorta di ronda notturna nel quartiere e nei quartieri limitrofi, dove vive una comunità africana di dimensioni considerevoli. Assieme a un gruppo di volenterosi vigilantes, hanno fatto irruzione nelle residenze private degli africani, accusandoli di essere prostitute e / o spacciatori di droga (due fenomeni ai quali la comunità africana di certo non è estranea, ma questo importa poco). Bharti – nota abbastanza significativa – è un avvocato della Corte Suprema e si era presentato alle elezioni locali di Delhi (circoscrizione di Malviya Nagar) tra le fila dell’Aam Aadmi Party (Aap), che in quella tornata elettorale portò a casa quasi il 30 per cento delle preferenze in città.
Il sottotesto, portato avanti da un partito erroneamente considerato “all’avanguardia” e “progressista”, era che se la giustizia non la fa la polizia (e in India spesso non la fa), allora come cittadini dobbiamo sentirci legittimati a farcela da soli. È un punto di vista molto diffuso e trasversale nell’arco politico locale, qui nessuno ha fiducia nelle forze dell’ordine e se si può fare a meno di coinvolgerle è sempre meglio, si evitano discussioni, richieste di mazzette, maltrattamenti.
Ora, questo retroterra culturale recentemente si è mischiato a un nuovo sentimento di “indian pride”, fomentato dall’attuale amministrazione politica del Bharatiya Janata Party (Bjp). Si vive un rilancio delle eccellenze indiane, una difesa ancora più strenua di tutti quei tratti – spesso assurdi e bigotti – che compongono i cosiddetti “valori indiani” (due parole che traducono “valori non negoziabili della tradizione ultrainduista che noi, come difensori dell’indianità, imponiamo a tutti), un ripiegamento su nazionalismo e orgoglio patrio che, negli anni precedenti, non avevo avvertito con questa intensità.
Il tutto, tornando al caso dei tre africani, miscelato da un razzismo conclamato di gran parte della popolazione indiana, razzista prima di tutto all’interno dei suoi confini (nord vs sud, molti contro i bihari, i “bong” (Bengala Occidentale), i “mallu” (Kerala), i “chinghi” (popolazioni del nordest) ma soprattutto rispetto agli stranieri non bianchi.
Ecco, tutti questi elementi sono la premessa per delle sfiatate di violenza di massa che, se incontrollate, possono degenerare facilmente toccando il livello di pogrom, come successo non troppi anni fa in Gujarat.
Un’idea di India che pochi hanno, fuori da questo paese, e che forse sarebbe ora di iniziare a raccontare per bene.
Lunedì scorso molti video girati da pendolari della metro di New Delhi hanno documentato un tentativo di linciaggio di massa ai danni di tre ragazzi africani. Cinque minuti di follia da “mob effect” che raccontano un sacco di cose dell’India di oggi.