Si cercano vie alternative per la consegna delle preziose merci alimentari: Zagabria mette a disposizione i porti sul Danubio e sul Mar Adriatico
Dal 18 luglio scorso l’accordo sul grano che coinvolgeva sia l’Ucraina che la Russia è cessato in seguito al rifiuto di Mosca del suo prolungamento, che avrebbe garantito stabilità ai prezzi dei cereali e maggiori certezze alla catena di approvvigionamento alimentare. La Federazione ha accusato l’Occidente del mancato rispetto dell’agreement, che secondo Dmitri Peskov, Portavoce del Cremlino, prevedeva la rimozione degli ostacoli all’esportazione di cereali e fertilizzanti russi, nonché la ripresa della vendita di ammoniaca attraverso una pipeline che collega la Federazione al porto di Odessa e il reinserimento della banca Rosselkhozbank nel meccanismo SWIFT.
La fine della Black Sea Initiative arriva col ritiro della Russia e le dichiarazioni di Peskov, che afferma che “nessuna delle richieste russe è stata avvalorata. In tali condizioni, un vero sabotaggio degli Istanbul agreements, il prosieguo dell’iniziativa del Mar Nero, che non giustifica i suoi propositi umanitari, diventa inutile”. L’accordo, più volte rinnovato, blocca in questo modo il regolare export delle merci, con un aumento del prezzo delle granaglie, del 20% circa, già registrato e che andrà ad impattare principalmente sulle economie più deboli. “Ma siamo pronti a rientrare nell’accordo se le richieste russe verranno accettate”, ha aggiunto il Portavoce del Cremlino.
Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato nei giorni scorsi che il suo Paese è pronto al prosieguo della consegna dei carichi di merce: si cercano vie alternative, ma con grande difficoltà dato che le infrastrutture adatte per la spedizione del grano sono presenti in porti come quello di Odessa, sul Mar Nero, oggetto della fine dell’accordo. I rischi nel proseguire ad inviare cereali tramite quelle rotte sono altissimi: col mancano rinnovo dell’accordo non è garantita la sicurezza alle navi che effettuano il trasporto in quelle acque.
L’Ucraina si muove in altre direzioni: fondamentale trovare percorsi nuovi per non rimanere nell’impasse — e nell’attesa — di una trattativa con la Russia. Ma anche le strade alternative richiederebbero tempi importanti. Ad esempio, i porti sul Danubio in territorio della Romania e i percorsi ferroviari che passano per la Polonia non sono adeguatamente sufficienti per ricevere lo stesso carico di merci trasportato attraverso i percorsi standard. L’ammontare del carico è ingente: si parla di 33 milioni di tonnellate di prodotti agricoli, di cui 8.9 milioni di grano tenero.
Kiev opera coinvolgendo i partner europei, su tutti la Croazia. Il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha ospitato il collega Grlic Radman, col quale ha discusso proprio della problematica sul grano. I due hanno raggiunto un accordo di massima che prevede, in caso di necessità, l’uso dei porti croati sul Danubio e sull’Adriatico. “Ora lavoreremo per creare le più efficienti vie per collegarci ai porti. Qualunque contributo per sbloccare l’export, qualunque porta aperta è un contributo tangibile e reale alla sicurezza alimentare mondiale”, ha detto Kuleba.
Una situazione complicata, con effetti devastanti sui Paesi più in difficoltà nell’accaparrare grano a sufficienza per sfamare la popolazione. Parliamo di realtà quali il Bangladesh, l’Egitto, l’Indonesia, il Kenya, l’Etiopia, lo Yemen e la Tunisia. Tuttavia, la Russia stessa prova a rispondere alle accuse che la vedono responsabile potenziale della crisi alimentare mondiale. Discutendo sul mancato rinnovo della Black Sea Initiative, in occasione dell’importante secondo Forum Russia-Africa organizzato a San Pietroburgo, il Presidente Vladimir Putin ha annunciato la consegna gratuita di cereali a Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Repubblica Centrafricana ed Eritrea. “Siamo pronti a consegnare tra le 20 e le 50 mila tonnellate gratuitamente”, ha spiegato Putin.
La TASS riporta che, secondo informazioni giunte all’agenzia di stampa russa, la Turchia starebbe lavorando per la ripresa dell’accordo. “Ci sono negoziazioni in corso. In Turchia lavorano partendo dal fatto che è in gioco la sicurezza alimentare mondiale”, spiega una fonte. La negoziazione sarebbe portata avanti dal Ministero degli Esteri insieme al Ministero della Difesa: Ankara punta al ritorno russo nella Black Sea Initiative già al prossimo contatto telefonico che avverrà tra Putin e il Presidente Recep Tayyip Erdoğan, che avverrà nella giornata odierna, dove si definirà anche un faccia a faccia tra i due leader. Se ci sarà, l’accordo sul grano “avrebbe una nuova forma”: a dirlo il Vice Ministro degli Esteri Sergei Vershinin. “Ma richiede azioni concrete da parte dell’Occidente”, ha aggiunto l’esponente russo.
La fine della Black Sea Initiative arriva col ritiro della Russia e le dichiarazioni di Peskov, che afferma che “nessuna delle richieste russe è stata avvalorata. In tali condizioni, un vero sabotaggio degli Istanbul agreements, il prosieguo dell’iniziativa del Mar Nero, che non giustifica i suoi propositi umanitari, diventa inutile”. L’accordo, più volte rinnovato, blocca in questo modo il regolare export delle merci, con un aumento del prezzo delle granaglie, del 20% circa, già registrato e che andrà ad impattare principalmente sulle economie più deboli. “Ma siamo pronti a rientrare nell’accordo se le richieste russe verranno accettate”, ha aggiunto il Portavoce del Cremlino.