L’Unione europea dice di essere pronta a imporre sanzioni contro la Russia dal “costo enorme” in caso di invasione dell’Ucraina. Ma quanto dure dovranno essere?
L’Unione europea dice di essere pronta a imporre sanzioni pesanti contro la Russia in caso di invasione dell’Ucraina. Saranno sanzioni dal “costo enorme”, ha anticipato la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Di un “alto costo politico ed economico” per Mosca in caso di mosse aggressive ha parlato pure Josep Borrell, rappresentante degli affari esteri del blocco. Di dichiarazioni simili ne sono state rilasciate tante. Fare i duri con le parole, però, è un conto; la parte difficile è dimostrare di esserlo anche, ed eventualmente, nella pratica.
Parole e fatti
In caso di necessità, l’Europa potrebbe avere difficoltà, o anche non riuscire, ad agire con severità contro la Russia, che un pezzo d’Ucraina – la Crimea – l’ha peraltro già annesso, nel 2014. E questo perché non tutti i suoi membri la pensano allo stesso modo su Mosca. In termini generali, i Paesi dell’est (con la notevole eccezione dell’Ungheria) sono ostili alla Russia e guardano con preoccupazione al progetto espansionistico del Presidente Vladimir Putin. La parte occidentale del continente, al contrario, è più moderata: la Francia di Emmanuel Macron pensa ad esempio che sia sbagliato troncare il dialogo con il Cremlino; la Germania – che dell’Unione è la prima economia e un membro influente – è particolarmente dipendente dal gas naturale russo. Il Nord Stream 2, il gasdotto nel Mar Baltico che collega direttamente Russia e Germania, potrebbe aumentare la sottomissione energetica dell’Europa al suo primo fornitore del combustibile. Particolare rilevante: il Nord Stream 2, a differenza di altre condotte, non passa per l’Ucraina.
La Russia dice di non voler sconfinare con le sue truppe nel territorio di Kiev; anche perché, fuor di retorica, le difficoltà e i costi di una guerra sarebbero troppo alti. Vuole però alzare la tensione al confine per ottenere rassicurazioni formali sul fatto che la Nato non accoglierà l’Ucraina dentro di sé, facendo venir meno quel “cuscinetto” che Mosca – affetta com’è da una sindrome di accerchiamento su più fronti (a sud c’è la Georgia) – considera fondamentale e che la fa sentire protetta.
Gli Stati Uniti, che della Nato sono la potenza principale, hanno detto di avere pronto un pacchetto di ritorsioni economiche severe ma preferirebbero non dover arrivare a usarle: lo status quo nel Vecchio continente, che di fatto paralizza Mosca, gli è infatti conveniente e non a caso l’amministrazione di Joe Biden ha agito per stemperare la crisi.
Duri sì, ma con prudenza
Per l’Unione europea, però, è diverso. La Russia è una preoccupazione immediata, vista la sua posizione geografica. E gestirla non è semplice, visti i legami economici. Nel 2014, quando Mosca invase la Crimea, Bruxelles emise sanzioni verso una serie di aziende, organizzazioni e personalità russe per impedire loro di ottenere prestiti dalle banche europee. Le sanzioni sono state col tempo inasprite e rinnovate, e sono ancora in vigore. Non hanno intaccato l’industria energetica russa, fondamentale per il Vecchio continente, ma hanno però logorato l’economia del paese, rallentandone la crescita. Come ha spiegato l’analista Edward Hunter Christie al Washington Post, l’intento era proprio questo: non colpire troppo forte, altrimenti Mosca avrebbe potuto reagire con ferocia; ma nemmeno troppo piano, altrimenti il Cremlino non avrebbe percepito il danno.
Se il passato recente è d’aiuto alla comprensione dell’attualità, allora probabilmente l’Europa non si spingerà troppo oltre con l’imposizione di penalità alla Russia, nel caso in cui questa ordinasse l’attacco all’Ucraina. Alcuni membri dell’Unione già dicono che il settore energetico va lasciato fuori dallo scontro. Stando alle fonti del Financial Times, giovedì i leader politici dei 27 hanno raggiunto un accordo di principio sulle possibili sanzioni: nuove restrizioni finanziarie alle società russe, limitazioni all’export di tecnologie (di telecomunicazione e per l’industria chimica), addirittura l’esclusione di Mosca dalla rete SWIFT. Ma i tedeschi hanno fatto delle precisazioni significative: che niente di concreto è stato deciso, innanzitutto; e poi che ogni eventuale sanzione verso la Russia dovrà tenere in conto le ripercussioni sull’Unione europea.
In caso di necessità, l’Europa potrebbe avere difficoltà, o anche non riuscire, ad agire con severità contro la Russia, che un pezzo d’Ucraina – la Crimea – l’ha peraltro già annesso, nel 2014. E questo perché non tutti i suoi membri la pensano allo stesso modo su Mosca. In termini generali, i Paesi dell’est (con la notevole eccezione dell’Ungheria) sono ostili alla Russia e guardano con preoccupazione al progetto espansionistico del Presidente Vladimir Putin. La parte occidentale del continente, al contrario, è più moderata: la Francia di Emmanuel Macron pensa ad esempio che sia sbagliato troncare il dialogo con il Cremlino; la Germania – che dell’Unione è la prima economia e un membro influente – è particolarmente dipendente dal gas naturale russo. Il Nord Stream 2, il gasdotto nel Mar Baltico che collega direttamente Russia e Germania, potrebbe aumentare la sottomissione energetica dell’Europa al suo primo fornitore del combustibile. Particolare rilevante: il Nord Stream 2, a differenza di altre condotte, non passa per l’Ucraina.