L’Ue deve scegliere se affidare la costruzione del supercomputer al consorzio americano-cinese IBM-Lenovo o alla società europea Atos. Il primo garantisce il miglior prodotto, la seconda l’autonomia strategica
L’Unione europea deve prendere una decisione importante su un supercomputer da consegnare alla Spagna. Ha davanti a sé due opzioni e non sa quale scegliere. L’oggetto attorno al quale ruota la vicenda è una macchina ad alte prestazioni di calcolo, assolutamente fondamentale per il progresso scientifico e industriale. Eppure l’elemento più interessante della storia è la titubanza di Bruxelles: sia perché la scelta in sé è difficile e avrà delle conseguenze, sia perché quell’esitazione è il frutto delle diverse – e contrastanti – posizioni ideologiche dei paesi membri.
L’Europa e i supercomputer
Il supercomputer in questione si chiama MareNostrum 5, ha un valore di 151 milioni di euro ed è in grado di eseguire almeno 10 alla diciassettesima operazioni in virgola mobile al secondo, avvicinandosi alla soglia dell’exascale.
Ad oggi, solo due dei dieci computer più performanti al mondo si trovano sul suolo europeo – uno in Germania e uno in Italia: è l’HPC5 di Eni – e non occupano peraltro le posizioni più alte della classifica. Può diventare un problema serio per l’Europa, che ha bisogno di garantirsi la competitività economica e ridurre il divario rispetto a Stati Uniti, Cina e Giappone.
Nel 2018 l’Unione è effettivamente corsa ai ripari, istituendo un’iniziativa anche con Governi esterni al blocco (la European High Performance Computing Joint Undertaking, abbreviata in EuroHPC) che ha finora assegnato contratti per la realizzazione di cinque supercomputer dalla capacità di calcolo di 10^15 al secondo e di altri tre dalla capacità di 10^17. Uno di questi ultimi, il più costoso, è il MareNostrum 5, destinato al Centro di supercomputing di Barcellona.
Chi costruirà MareNostrum 5?
Bruxelles deve scegliere l’azienda che si occuperà di costruire il computer, ed è indecisa. Da una parte c’è il consorzio americano-cinese IBM-Lenovo; dall’altra c’è la società europea Atos, che ha sede in Francia.
Scegliere IBM-Lenovo significherebbe scegliere il prodotto migliore per qualità e per prezzo: il migliore supercomputer di quel tipo disponibile sul mercato, cioè, che i ricercatori europei potranno utilizzare per i loro studi, che potrebbero a loro volta condurre a grandi scoperte in settori critici come l’energia, la cybersicurezza o la farmaceutica. D’altra parte, scegliendo IBM-Lenovo l’Unione europea continuerebbe ad alimentare la dipendenza dall’estero sulle tecnologie strategiche.
Scegliere Atos per la costruzione di MareNostrum 5 significherebbe invece perseguire quell’autonomia strategica a cui Bruxelles ambisce, perché consentirebbe sul lungo termine lo sviluppo di catene del valore nel territorio europeo. Ma significherebbe anche ritrovarsi nell’immediato con un computer meno “super” dal punto di vista tecnico, a danno degli scienziati e delle imprese.
La Francia – il membro dell’Unione europea che spinge di più per la sovranità tecnologica – vorrebbe che il contratto per MareNostrum 5 venisse assegnato ad Atos, perché pensa che Bruxelles debba puntare sul rafforzamento dell’industria digitale domestica e sull’emancipazione dai fornitori stranieri, o rimarrà sempre più indietro rispetto alle altre potenze. La Spagna, che riceverà il supercomputer, pensa al contrario che si debba dare priorità alla convenienza di prezzo e di specifiche tecniche, e quindi andare su IBM-Lenovo.
Autonomia e apertura
Al di là della divisione Francia-Spagna, ci sono dei contrasti all’interno delle istituzioni europee in merito alla direzione da dare alla politica industriale che renderà – almeno nelle intenzioni – l’Unione più forte sulle tecnologie critiche per la rivoluzione digitale.
Il Commissario per il Mercato interno, il francese Thierry Breton, pensa che l’Europa sia stata “troppo ingenua” in passato e che adesso debba concentrarsi sullo sviluppo di filiere proprie, emulando le pratiche “localistiche” di America e Cina. La Commissaria per la Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, è invece vicina alle posizioni dei Paesi del Nord Europa, che non vogliono che l’autonomia strategica soffochi l’apertura economica e il libero commercio.
La chiusura alle aziende straniere può portare all’apertura di cause legali. Lenovo, per esempio, sta contestando davanti al Tribunale dell’Unione europea la decisione di assegnare ad Atos il contratto per la costruzione di un nuovo supercomputer italiano dalla capacità di calcolo di 10^17 al secondo (e dal valore di 120 milioni di euro). La società cinese sostiene che il “valore aggiunto europeo” riconosciuto ad Atos costituisca una violazione del principio di equo trattamento delle aziende.
L’Ue deve scegliere se affidare la costruzione del supercomputer al consorzio americano-cinese IBM-Lenovo o alla società europea Atos. Il primo garantisce il miglior prodotto, la seconda l’autonomia strategica