La Commissione sta predisponendo l’atto delegato che conterrà la tassonomia delle fonti di energia sostenibili per indirizzare gli investimenti. Timmermans e von der Leyen assecondano il pressing dei Governi
A Bruxelles è ormai diventato un segreto di Pulcinella: energia nucleare e gas saranno ricompresi nella tassonomia Ue, il testo più atteso nel caldo autunno dell’Europa comunitaria. Dovrebbe arrivare già a novembre, in anticipo sulla scadenza prevista entro fine anno, e scongiurando anzi il rischio di un rinvio che sembrava possibile ancora qualche settimana fa. Dietro un’etichetta che su due piedi non dice molto di sé si cela l’atto delegato nel quale la Commissione europea metterà nero su bianco la classificazione delle fonti di energia più o meno verdi, ranking attraverso cui fornire agli investitori finanziari una definizione comune per mobilitare i capitale privati verso progetti sostenibili.
Il pressing a vario titolo dei Governi degli Stati membri è andato in porta, con la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il suo numero due Frans Timmermans, lo zar ambientalista del Green Deal EU, che negli ultimi giorni hanno anticipato che per accompagnare la transizione ecologica dall’energia fossile alle rinnovabili non si potrà fare a meno di fonti non proprio green come il gas naturale e il nucleare. Purché il riconoscimento “green” (o quasi) di entrambi cammini di pari passo, così da disinnescare opposti veti.
Energia e nucleare
La partita dell’energia (e del contrasto al cambiamento climatico) va ben oltre le classiche fratture Ue nord/sud ed est/ovest. E rimescola anche gli schieramenti, che variano in base alla composizione del mix energetico nazionale che rientra nella piena sovranità dei singoli Stati: i nordici hanno quote più consistenti di rinnovabili, a est il carbone è ancora molto diffuso, nell’Europa occidentale si alternano gas e nucleare. Ecco che le pressioni dei Governi hanno degli identikit ben delineati.
Nelle ultime settimane la Francia non ha perso neppure un’occasione per ricordare il contributo dell’atomo al raggiungimento degli obiettivi del Green Deal (-55% di CO2 nel 2030, rispetto ai valori del 1990, fino ad arrivare al target emissioni nette zero nel 2050). Emmanuel Macron lo ha fatto pure arrivando a Roma per partecipare al summit del G20 all’Eur, la scorsa settimana: “Stiamo assistendo a una fase in cui, nel medio e lungo termine, l’energia fossile costerà sempre di più: è ciò che vogliamo, per contrastare i cambiamenti climatici”, ha detto con riferimento al crescente prezzo delle quote di CO2 sul mercato delle emissioni. “Ma le nostre aziende e i nostri cittadini devono essere accompagnati in questa transizione, o essa non si rivelerà sostenibile”. L’inquilino dell’Eliseo crede nell’atomo – settore in cui Parigi è leader in Europa – anche come arma elettorale, tanto che, in vista delle presidenziali di aprile, anticipare l’apertura di sei nuovi maxi-reattori.
La ritrovata passione per il nucleare non appassiona altri Governi, dall’Austria al Lussemburgo, ma Macron ha al suo fianco un ampio fronte che va dalla Finlandia alla Repubblica Ceca, dalla Romania alla Croazia e mette insieme tutti quei Paesi con centrali nucleari attive (sono 13, su 27 Stati membri).
La strada del compromesso è tuttavia in discesa. Del resto, il nucleare condivide il possibile destino verde (o quasi) con il gas. Stavolta sono Italia e Germania insieme nel fronte che preme per il riconoscimento nella tassonomia green della fonte fossile di minor impatto sull’ambiente. La crisi in atto ha dimostrato quanto non se ne possa ancora fare a meno in tempi brevi.
Il premier Mario Draghi lo ha ricordato ai suoi colleghi del Consiglio europeo, con un esercizio di realpolitik climatica: “Il punto di arrivo sono le rinnovabili, ma per molti Paesi è difficile rinunciare subito al gas”. Nonostante il cambio di Governo, a Berlino non si cambierà idea, soprattutto ora che potrebbe avvicinarsi l’apertura dei rubinetti di Nord Stream 2, il controverso gasdotto che dalla Russia arriva direttamente in Germania bypassando Ucraina e Polonia.
Cosa ha detto Timmermans
L’atto delegato sulla tassonomia dovrà ricevere l’ok anche del Parlamento, dove in tanti si aspettano l’opposizione della sinistra e dei verdi. Proprio il gruppo ambientalista, mai così numeroso in Aula e diffuso in Europa, si troverebbe davanti alla strana ironia di dover fare di nuovo i conti con l’avvento del nucleare, che tre decenni fa fu il grande tema che unì il fronte ecologista. Ci pensano i vertici della Commissione, però, a fare un bagno di realismo e a mandare segnali di fumo conciliatori alle capitali: “Ci servono più energie rinnovabili. Sono economicamente più convenienti, non inquinano e non vanno importate. Allo stesso tempo, però, abbiamo bisogno di una fonte stabile come il nucleare e, durante la transizione, anche del gas”, ha ammesso von der Leyen dopo il Consiglio europeo in cui si è dibattuto per ore della crisi dei prezzi dell’energia, che ha innescato una spirale inflazionistica più duratura del previsto.
Assist prontamente servito a Timmermans, che ha spazzato via ogni riserbo rispetto al lavoro in atto per assegnare il bollino verde anche a gas e nucleare. Non che il gran capo del Green Deal si sia convertito all’atomo. In un’intervista con La Stampa e altre testate europee ha ammesso che l’esecutivo Ue “sosterrà ogni Stato membro che deciderà di procedere con il nucleare; è un nostro compito previsto dai Trattati”, ma ciò non toglie le controindicazioni note a tutti che non la rendono una fonte propriamente verde: dalla produzione di scorie inquinanti al rischio incidenti. Il via libera riguardante il gas dovrebbe invece individuare precisi e contenuti tetti di emissione di CO2 per kilowattora.
Ma per Timmermans la strada da percorrere rimangono le rinnovabili, il cui costo potrebbe diminuire a fronte di aumenti tra le fonti fossili e il nucleare. Intanto, per la prima volta le fonti che producono energia pulita hanno fatto registrare un sorpasso sulle fossili (38% a 37%) nei consumi degli europei: è la fotografia, che fa ben sperare Bruxelles, contenuta nel rapporto “State of the Energy Union” pubblicato dalla Commissione.
Il pressing a vario titolo dei Governi degli Stati membri è andato in porta, con la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il suo numero due Frans Timmermans, lo zar ambientalista del Green Deal EU, che negli ultimi giorni hanno anticipato che per accompagnare la transizione ecologica dall’energia fossile alle rinnovabili non si potrà fare a meno di fonti non proprio green come il gas naturale e il nucleare. Purché il riconoscimento “green” (o quasi) di entrambi cammini di pari passo, così da disinnescare opposti veti.