Il Primo Ministro australiano Scott Morrison ha perso il controllo del suo account WeChat. Il senatore Paterson ha accusato i leader cinesi di interferenza politica e ha invitato tutti i parlamentari a boicottare il social network
I 76.000 follower di Morrison su WeChat hanno ricevuto una notifica che riportava che la sua pagina si chiamava ora “Australian Chinese new life“. Questo è il bizzarro evento verificatosi all’inizio di questo mese riferito dal quotidiano The Daily Telegraph di Sydney. Anche la fotografia del Primo Ministro risultava rimossa ma il governo non ne era a conoscenza. Il Presidente della Commissione parlamentare congiunta sull’intelligence e la sicurezza James Paterson ha affermato che WeChat non ha risposto alla richiesta di ripristinare l’account. Paterson ha, quindi, accusato il Partito comunista cinese di censurare il Primo Ministro in vista delle elezioni australiane previste per maggio.
Paterson, che è un membro del partito liberale conservatore di Morrison, ha in seguito invitato tutti i parlamentari a boicottare la piattaforma. “Quello che il Governo cinese ha fatto chiudendo un account australiano è un’interferenza straniera alla democrazia australiana in un anno di elezioni”, ha detto Paterson. Paterson ha definito preoccupante che 1,2 milioni di cinesi australiani che usano la piattaforma non potessero accedere alle notizie del Primo Ministro. Allo stesso tempo, ha fatto notare, gli utenti di WeChat possono ancora vedere le critiche mosse al governo dal leader dell’opposizione Anthony Albanese.
Parlare alla diaspora cinese in Australia
Il legislatore del Partito Liberale ed ex diplomatico Dave Sharma ha concordato sul fatto che l’interferenza è probabilmente voluta dal Governo cinese. Sharma ha detto che Morrison ha usato WeChat per connettersi con la diaspora cinese in Australia. Fergus Ryan, un esperto di social media cinesi dell’Australian Strategic Policy Institute, ha twittato infatti che Morrison è solo uno di almeno una dozzina di politici australiani che usano account WeChat registrati a cittadini cinesi.
WeChat ha circa 3 milioni di utenti in Australia, secondo la società di marketing Bastion China. Di questi 3 quasi 1,2 milioni sono australiani di origine cinese – il 5,6% della popolazione del Paese – e 600.000 parlano mandarino a casa. Un sondaggio del 2018 sui media ha rilevato che il 60% dei parlanti mandarino in Australia ha usato WeChat come fonte principale di notizie. A Chisholm nel 2016, dove il 20% dei residenti sono di origine cinese, il Partito liberale dovette condurre una forte campagna elettorale proprio su WeChat. Alla fine, però, il social media, proprietà del colosso cinese Tencent, appare, almeno in parte, controllato dal Partito comunista cinese. “[Quanto accaduto] mostra l’atteggiamento verso la libertà di parola e di espressione che viene fuori da Pechino”, ha dichiarato Sharma.
Un problema bipartisan nella regolamentazione di WeChat
Affinché Scott Morrison potesse aprire un account WeChat nel 2019, la piattaforma aveva bisogno che il proprietario dell’account fornisse l’ID di un cittadino cinese. Questo soggetto avrebbe agito come “operatore dell’account”. L’Ufficio del Primo Ministro (PMO) ha utilizzato un’agenzia cinese per registrare l’account, che era legata a un cittadino cinese sconosciuto della provincia meridionale del Fujian. Il PMO, però, ha iniziato ad avere problemi diversi mesi fa, con i membri dello staff che hanno scoperto di poter accedere all’account a intermittenza.
Graeme Smith, un esperto della Cina presso l’Australian National University, ha detto che l’account di Morrison aveva dal principio rischi per la sicurezza. “Non è la cosa più difficile da fare hackerare un account in Cina”, ha detto Smith a Australian Broadcasting Corp. “Non credo che si sappia per certo chi c’è dietro. Oserei tranquillamente dire che [l’accaduto] è stato almeno ispirato dal governo cinese”, ha aggiunto Smith. Smith ha poi aggiunto di non credere che il problema WeChat di Morrison sia la prova che la Cina sostenga il Partito laburista di Albanese. “A loro non potrebbe importare di meno chi vince le elezioni”, ha detto Smith. “Non gli importa chi vince finché la gente non ha fiducia nella democrazia”.
Albanese ha detto a Brisbane Radio 4BC che avrebbe parlato con Morrison di “qualsiasi implicazione di sicurezza nazionale” del problema WeChat del Primo Ministro. Fergus Ryan dell’Australian Strategic Policy Institute ha infatti invitato al boicottaggio da parte sia dei labouristi che della coalizione. Anche se i partiti riuscissero a ottenere eguale presenza su Wechat, “[Ci sarebbe] ancora il rischio che entrambi i principali partiti sarebbero censurati dalla piattaforma”. L’esperto conclude suggerendo anche la necessità di una legislazione bipartisan che regoli la piattaforma social.
Paterson, che è un membro del partito liberale conservatore di Morrison, ha in seguito invitato tutti i parlamentari a boicottare la piattaforma. “Quello che il Governo cinese ha fatto chiudendo un account australiano è un’interferenza straniera alla democrazia australiana in un anno di elezioni”, ha detto Paterson. Paterson ha definito preoccupante che 1,2 milioni di cinesi australiani che usano la piattaforma non potessero accedere alle notizie del Primo Ministro. Allo stesso tempo, ha fatto notare, gli utenti di WeChat possono ancora vedere le critiche mosse al governo dal leader dell’opposizione Anthony Albanese.