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Il valore geopolitico del Tibet per la Cina


La visita di Xi Jinping in Tibet rientra nel programma di "sinizzazione" del Paese tramite la propaganda, la sorveglianza, il trasferimento di cittadini cinesi di etnia han e investimenti in infrastrutture

Mercoledì e giovedì scorsi il Presidente cinese Xi Jinping è stato in Tibet per una visita, la prima da quando è alla guida della Cina (dal 2013). La notizia è però importante non solo per questo, ma perché il Tibet – nell’ovest del Paese – possiede un grande valore geopolitico per Pechino. I motivi sono tre: perché la regione garantisce alla Cina l’accesso ai fiumi Azzurro, Giallo e Mekong, sfruttabili per ricavare energia idroelettrica; perché confina con l’India, potenza rivale, con la quale ci sono dispute territoriali e scontri al confine; e infine perché il Tibet è cruciale per le politiche di assimilazione culturale portate avanti dal Partito comunista per il mantenimento della stabilità nazionale.

Questi programmi di “sinizzazione” del Tibet puntano a disinnescare le istanze separatiste che si incarnano, per Pechino, nel Dalai Lama: è il capo religioso del buddismo – la religione più diffusa nell’area ed elemento di diversità rispetto al resto della nazione, principalmente atea – ma anche il capo politico, in esilio da decenni.

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