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Il nuovo accordo Ue-Cina: di cosa si tratta. Intervista a Vincenzo Celeste


Matteo Meloni intervista il Ministro Vincenzo Celeste, capo della Direzione Generale per l'Unione europea della Farnesina, che ci chiarisce molti punti sul nuovo accordo che l'Ue ha concluso con Pechino

 

La Cina, oltre a essere un partner e un concorrente economico per l'Ue e per l'Italia, è anche un rivale sistemico perché propone un modello alternativo di governance del commercio internazionale. Possiamo parlare di un "multibilateralismo": Pechino preferisce negoziare con singoli Paesi, o gruppi di Paesi, in ambito commerciale (un esempio è il Regional Comprehensive Economic Partnership, siglato tra i Paesi dell’ASEAN).

Tuttavia di recente, proprio con la Cina, l'Unione europea ha concluso due importanti accordi: il primo, entrato in vigore il 9 febbraio scorso, riguarda la tutela delle indicazioni geografiche (per la prima volta Pechino riconosce fino a un massimo di 275 indicazioni geografiche, di cui 55 italiane); il secondo, importantissimo, concluso il 30 dicembre 2020, è un Comprehensive Agreement on Investment (CAI), un accordo sugli investimenti che segna una svolta importante nei rapporti tra Ue e Cina perché garantisce agli investitori degli Stati membri (dunque anche italiani) l’accesso, come mai fino ad oggi, a diversi settori del mercato della Cina.

Leggi "Key elements on EU-China Comprehensive Agreement on Investment".

L'accordo - che aspetta la ratifica da parte del Consiglio e del Parlamento europeo - prevede diversi punti: il diritto delle imprese di investire direttamente in Cina (prima, in molteplici settori, si doveva avere un partner cinese per potere investire in Cina); l'obbligo delle autorità cinesi di rendere trasparenti i sussidi e le sovvenzioni dati alle aziende statali; l'obbligo per le imprese statali di attenersi alle regole di mercato; l'eliminazione dell'obbligo per le imprese straniere di trasferimento di tecnologie.

Ma il CAI ha causato non poche preoccupazioni agli Stati Uniti, preoccupazioni non giustificate: ricordiamo che l'amministrazione Trump aveva già concluso un accordo con la Cina nel gennaio 2020, ma questo non prevedeva impegni in materia di sviluppo sostenibile né di protezione contro il lavoro forzato. Inoltre, l'agreement con gli States prevedeva l'obbligo, per Pechino, di acquistare fino a 200 miliardi di beni e servizi da Washington tra il 2020 e il 2021.

Secondo la Farnesina, dunque, il CAI ci consente di sedere al tavolo con la Cina, insieme agli Stati Uniti, e spinge Pechino più avanti in una serie di concessioni che non erano previste nell'accordo con Washington.

 

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