Si delinea la possibile Nato asiatica pensata per arginare la potenza militare della Cina, e si punta a potenziare il ruolo economico dell’India per ridurre la dipendenza di tutti da Pechino
Si delinea la possibile Nato asiatica pensata per arginare la potenza militare della Cina, e si punta a potenziare il ruolo economico dell’India per ridurre la dipendenza di tutti da Pechino
È nato, quasi per caso, in risposta ai danni causati dallo tsunami del 2004. Nel 2007, su impulso di Abe Shinzo, ha mosso i primi passi come progetto di convergenza democratica in Asia, accompagnato alla nuova concezione di Indo-Pacifico. Dopo essere finito a lungo nel dimenticatoio, è stato ripresentato, sul tramonto dell’amministrazione Trump, come una sorta di “Nato asiatica”. Ora, all’alba dell’amministrazione Biden, si potrebbe rivelare un esercizio di pragmatismo geopolitico che, rafforzando il sistema di partnership e lavorando in maniera congiunta su temi concreti come i vaccini e gli investimenti, cerchi di sostenere le fondamenta di un’impalcatura in grado di stare in piedi riducendo progressivamente la propria dipendenza dalla Cina. Stiamo parlando del Quadrilateral Security Dialogue, noto come Quad, che riunisce in una piattaforma per ora informale Stati Uniti, Giappone, India e Australia.
Nel 2018, il Ministro degli Esteri cinese lo aveva paragonato a “schiuma marina”. L’iniziativa era appena tornata di attualità, dopo dieci anni in cui sembrava essere stata accantonata per le ritrosie dei Paesi coinvolti a unirsi in un progetto dalle sembianze anti cinesi. Ma l’approccio mercantilistico di Trump ha creato problemi con i partner asiatici (a loro volta impegnati in contese commerciali tra di loro, come Giappone e Corea del Sud) e ha tenuto a lungo tranquillo il governo cinese sulle potenzialità del progetto. D’altronde, la Cina è il principale mercato di esportazione per Giappone e Australia ed è ancora il primo partner commerciale dell’India (il cui export verso Pechino è aumentato dell’11% nel 2020, nonostante le tensioni militari e diplomatiche). Anche per questo nell’ultimo anno, mentre la Casa Bianca passava a una fase di arruolamento anti cinese, Pechino non ha avuto remore a mostrare i muscoli. Fisicamente, con India e Giappone lungo il confine conteso e intorno alle isole Senkaku/Diaoyu, figurativamente, con l’Australia attraverso una mini guerra commerciale. Sviluppi che, combinati al rinnovato impegno nell’area di Washington con l’arrivo di Biden, potrebbero però dare maggiore concretezza al Quad.
Nel novembre 2020, a Malabar (India), si sono tenute le prime esercitazioni navali quadrilaterali congiunte. A marzo si è svolto il primo summit virtuale tra i leader dei quattro Paesi. E a giugno, a margine del G7, potrebbe esserci il primo summit Quad in presenza. Un’accelerazione che sembra derivare anche dal nuovo protagonismo geopolitico del Giappone. Tokyo porta avanti le sue relazioni con la Cina su un doppio binario: competizione strategica e cooperazione commerciale. Negli anni pre Covid, complice la normalizzazione dei rapporti condotta da Abe e Xi Jinping dopo le precedenti tensioni, aveva nettamente prevalso la seconda. Nel 2020, oltre il 20% dell’export nipponico è finito sul mercato cinese. Nonostante il pianoChina Exit, tante grandi aziende giapponesi (a partire da quelle automobilistiche) conservano un’enorme parte dei loro ricavi in Cina. Anche per questo è stato adottato un atteggiamento meno aggressivo sul tema del Xinjiang. Abe e il suo successore Suga Yoshihide hanno sempre allontanato dal Quad l’etichetta di “Nato asiatica” perché il Giappone vuole garantire la sua sicurezza senza pregiudicare i propri interessi economici. Ora, però, appare sempre meno timido nell’esporsi su dossier politicamente delicati. Durante la loro visita a Tokyo, Antony Blinken e Lloyd Austin hanno trovato una sponda per le loro accuse alla Cina, mentre Suga (primo leader straniero ricevuto da Biden alla Casa Bianca) ha accettato di includere Taiwan (prima volta dal 1969) nella dichiarazione congiunta al termine del suo incontro con il presidente Usa. Suga ha anche accettato di aumentare le capacità militari del Giappone nei prossimi anni. Per il 2021 è stato approvato un budget difensivo record da 51,7 miliardi, prevedendo una crescita fino a 56,7 miliardi nel 2024.
L’attivismo giapponese non piace a Pechino, che ha iniziato a prendere il Quad più seriamente. Anche perché, nonostante i suoi membri affermino che l’iniziativa non è volta a contenere nessuno, risulta difficile credere alla versione del club delle democrazie. Narendra Modi guida da tempo un processo di centralizzazione politica e di omogeneizzazione culturale ed etnica che sta semmai avvicinando l’India al sistema cinese. Eppure, gli Stati Uniti sostengono la crescita di Nuova Delhi, obiettivo al centro del documento strategico sull’Indo-Pacifico desecretato da Mike Pompeo prima di lasciare il Dipartimento di Stato. Il tentativo di trasformare l’India in un polo produttivo che offra una vera alternativa alla Cina si scontra però con carenze infrastrutturali, la forte dipendenza economica di Nuova Delhi da Pechino e la non sufficiente apertura del suo mercato. Basti pensare alla scelta di restare fuori dalla Regional Comprehensive Economic Partnership. Esistono anche altre perplessità. Gli scontri lungo il confine sinoindiano hanno fatto vacillare la storica autonomia strategica di Nuova Delhi (il rinnovo dell’accordo difensivo Usa-Maldive, che anni fa aveva causato invece non poche polemiche, è stato accolto con favore), ma non l’hanno cancellata. L’86% degli armamenti indiani resta di origine russa, anche se il peso delle forniture americane sta rapidamente aumentando.
In ogni caso, Giappone e Usa puntano a un maggiore coinvolgimento dell’India. Durante il summit virtuale del Quad è stato annunciato un programma a sostegno della produzione indiana di un miliardo di dosi di vaccini anti Covid. Si tratta di uno dei progetti concreti di cooperazione che mirano a rendere il Quad più solido. I Paesi asiatici, Giappone e India compresi, sanno che devono coesistere con la Cina. Per questo sperano che l’approccio di Washington sia meno reattivo e più propositivo, con l’integrazione di una componente commerciale al fianco di quella legata alla sicurezza. Non è un caso che Usa e Giappone abbiano lanciato un progetto infrastrutturale e di investimenti congiunto da realizzare nell’area dell’Indo Pacifico. Il tentativo è quello di provare a competere con la Belt and Road ma anche con la tecnologia cinese: verrano spesi 4,5 miliardi di dollari per lo sviluppo del 6G e si punta al mercato dei cavi sottomarini.
Per rendere più solida l’impalcatura regionale e diminuire i rischi si cerca invece di allargare il numero dei partecipanti alla sua costruzione. La Corea del Sud, che Pechino considera l’anello debole della strategia asiatica degli Usa, ha per ora rifiutato l’invito a entrare a far parte del Quad. Il Presidente Moon Jae-in sa che non può fare a meno di Xi per provare a riavviare il dialogo con Pyongyang, ma a maggio incontra Biden in un bilaterale. Si lavora anche al meccanismo Quad Plus per includere altri Paesi asiatici, in particolare quelli del Sud-est. Mentre Trump disertava i summit ASEAN, il Giappone ha rafforzato la sua presenza commerciale e diplomatica nell’area. Il primo viaggio all’estero di Suga è stato in Vietnam e in Indonesia, dove sono stati raggiunti accordi per il trasferimento di componenti militari e tecnologie difensive. Il Primo Ministro giapponese ha rilanciato anche i rapporti con le Filippine che, dopo essersi avvicinate alla Cina per volere di Rodrigo Duterte, si sentono minacciate dai recenti movimenti navali e dalla nuova legge sulla guardia costiera approvata da Pechino. Stanno assumendo un ruolo diretto anche alcuni Paesi europei. Ad aprile, la Francia ha condotto le esercitazioni La Pérouse nel golfo del Bengala, alle quali hanno preso parte anche le quattro marine del Quad. Poco prima della visita a Washington di Suga si è tenuto il primo dialogo bilaterale 2+2 tra i ministri di esteri e difesa di Germania e Giappone. Anche Regno Unito e Paesi Bassi hanno inviato dei mezzi navali nell’Indo Pacifico, le cui acque si stanno facendo sempre più affollate. La “schiuma marina” non è ancora pronta per diventare uno tsunami, ma la corrente si sta facendo più forte.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di maggio/giugno di eastwest.
È nato, quasi per caso, in risposta ai danni causati dallo tsunami del 2004. Nel 2007, su impulso di Abe Shinzo, ha mosso i primi passi come progetto di convergenza democratica in Asia, accompagnato alla nuova concezione di Indo-Pacifico. Dopo essere finito a lungo nel dimenticatoio, è stato ripresentato, sul tramonto dell’amministrazione Trump, come una sorta di “Nato asiatica”. Ora, all’alba dell’amministrazione Biden, si potrebbe rivelare un esercizio di pragmatismo geopolitico che, rafforzando il sistema di partnership e lavorando in maniera congiunta su temi concreti come i vaccini e gli investimenti, cerchi di sostenere le fondamenta di un’impalcatura in grado di stare in piedi riducendo progressivamente la propria dipendenza dalla Cina. Stiamo parlando del Quadrilateral Security Dialogue, noto come Quad, che riunisce in una piattaforma per ora informale Stati Uniti, Giappone, India e Australia.
Nel 2018, il Ministro degli Esteri cinese lo aveva paragonato a “schiuma marina”. L’iniziativa era appena tornata di attualità, dopo dieci anni in cui sembrava essere stata accantonata per le ritrosie dei Paesi coinvolti a unirsi in un progetto dalle sembianze anti cinesi. Ma l’approccio mercantilistico di Trump ha creato problemi con i partner asiatici (a loro volta impegnati in contese commerciali tra di loro, come Giappone e Corea del Sud) e ha tenuto a lungo tranquillo il governo cinese sulle potenzialità del progetto. D’altronde, la Cina è il principale mercato di esportazione per Giappone e Australia ed è ancora il primo partner commerciale dell’India (il cui export verso Pechino è aumentato dell’11% nel 2020, nonostante le tensioni militari e diplomatiche). Anche per questo nell’ultimo anno, mentre la Casa Bianca passava a una fase di arruolamento anti cinese, Pechino non ha avuto remore a mostrare i muscoli. Fisicamente, con India e Giappone lungo il confine conteso e intorno alle isole Senkaku/Diaoyu, figurativamente, con l’Australia attraverso una mini guerra commerciale. Sviluppi che, combinati al rinnovato impegno nell’area di Washington con l’arrivo di Biden, potrebbero però dare maggiore concretezza al Quad.
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