“Il sistema di valori russo è ancora di tipo imperialista, valori che l’Europa e il Regno Unito hanno abbandonato dopo il 1945, smantellando i loro imperi. Vladimir Putin sta cercando di ricostruire il suo”: Orlando Trinchi intervista Bill Emmott
“Combattendo contro l’imperialismo russo, stiamo difendendo il diritto delle nazioni di scegliere il proprio destino, di essere sovrane e indipendenti e non temere di venire conquistate da altri Paesi più potenti. Ciò non costituisce specificamente uno scontro tra democrazia e autocrazia: si tratta, in verità, dello scontro tra imperialismo da una parte e il diritto di essere liberi e scegliere il proprio percorso dall’altra”. Il giornalista, saggista e consulente in affari internazionali britannico Bill Emmott compendia in queste parole la vera posta in gioco celata dietro l’aggressione militare all’Ucraina portata avanti dalla Russia di Putin, drammaticamente in corso dal 24 febbraio scorso.
Classe 1956, dal 1993 al 2006 direttore del settimanale inglese The Economist, Emmott è attualmente, Presidente di The Wake Up Foundation, organizzazione benefica co-fondata con la regista italiana Annalisa Piras e dedicata all’impiego di cinema e giornalismo come strumenti atti a comprendere e affrontare il declino delle società occidentali. Fra le sue altre attività, è Presidente del Consiglio di amministrazione del Long Room Hub Arts & Humanities Research Institute del Trinity College di Dublino, Presidente della Japan Society del Regno Unito, Charmain of the trustees dell’International Institute for Strategic Studies, nonché co-fondatore, insieme a Berel Rodal, della Global Commission for Post-Pandemic Policy, un gruppo apartitico e indipendente votato alla formulazione di raccomandazioni volte a rendere le società più resilienti in seguito alle crisi legate all’emergenza pandemica scaturite nel 2020. Per i servizi resi nell’alveo delle relazioni Giappone-Regno Unito, il Governo giapponese gli ha tributato nel 2016 l’Order of the Rising Sun: Gold Rays with Neck Ribbon.
Fra i tredici libri pubblicati sul Giappone, l’Asia, l’Italia e il XX secolo, ricordiamo almeno The Sun also Sets: Why Japan Will Not Be Number One (Simon & Schuster, 1989), Japan’s Global Reach: The Influences, Strategies, and Weaknesses of Japan’s Multinational Companies (Century, 1991), Asia contro Asia: Cina, India, Giappone e la nuova economia del potere, (Rizzoli, 2008), Forza Italia: come ripartire dopo Berlusconi (Rizzoli, 2010), Il destino dell’Occidente. Come salvare la migliore idea politica della storia (Marsilio, 2017) e Japan’s Far More Female Future, edito in giapponese nel 2019 e in inglese l’anno successivo. In sinergia con la summenzionata regista italiana Annalisa Piras, firma la realizzazione del documentario Girlfriend in a Coma (2012), lucida esplorazione della società e della politica italiana, manifestamente critico nei confronti dell’ex premier Silvio Berlusconi. Una sua presentazione inizialmente organizzata al MAXXI di Roma e prevista per il 13 febbraio 2013, è stata rinviata a dopo le elezioni politiche del 2013, suscitando le vive critiche dell’autore che ha parlato, in proposito, di censura.
Emmott, la Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha detto, riferendosi al conflitto in corso, che “non si tratta solo dell’Ucraina, è uno scontro tra due mondi, due sistemi di valori”. È d’accordo?
Sì. La guerra in Ucraina rappresenta uno scontro tra due sistemi di valori. Dobbiamo tuttavia prestare attenzione nel definire quali sono le tipologie di valori cui ci stiamo riferendo. Il sistema di valori russo – come dimostrato dal 2008 in Georgia e Ucraina – sembra tradursi nella convinzione che il potere sia tutto, che i forti abbiano diritto di fare quello che vogliono e che la sovranità nazionale, nel migliore dei casi, rappresenti una mera preoccupazione secondaria. Chiamare i valori russi “autocratici” o “autoritari” non è sufficiente a giustificare questo diritto: la realtà è che i valori della Russia sono imperialisti, ovvero valori di costruzione dell’impero. L’Unione europea e il Regno Unito hanno entrambi abbandonato questa visione dopo il 1945, smantellando i propri imperi europei, mentre la Russia sta ora cercando di ricostruire il suo.
Lei ha scritto che in Ucraina si stiano combattendo “tre guerre in una”. Potrebbe ripercorrere i punti nodali della sua riflessione?
La guerra in Ucraina, a mio avviso, deve essere considerata come “tre guerre in una” per il seguente ordine di motivi. In primo luogo, si tratta di un conflitto militare diretto tra un Paese invasore, la Russia, e un altro Paese costretto a difendersi, l’Ucraina. Secondariamente, è una guerra per procura tra l’Occidente – principalmente la Nato – e la Russia, in quanto i Paesi della Nato stanno fornendo armi e altro materiale bellico impiegato da Kiev nella sua lotta per la sopravvivenza. Anche se la Nato vuole evitare un conflitto diretto con una superpotenza nucleare, si sta comunque scontrando con Mosca utilizzando l’Ucraina come proprio delegato. Infine, l’attuale conflitto ha prodotto una nuova Guerra Fredda, che probabilmente durerà ancora a lungo dopo che lo scontro militare vero e proprio sarà cessato, dato che, attraverso sanzioni e altre misure, l’Occidente sta cercando di isolare e contenere la Russia probabilmente per i decenni a venire, tentando di convincere altri Paesi in tutto il mondo a sostenere questa politica di isolamento.
Il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov si è detto deluso dagli Usa su Kiev. Ravvisa responsabilità e interessi speciali da parte americana in relazione alla guerra in Ucraina?
Il Ministro degli Esteri Lavrov può essere considerato l’equivalente russo di ciò che Joseph Goebbels ha rappresentato per Hitler: è il capo della propaganda, qualcuno che crede nell’impiego di “Grandi Bugie” se ritiene che esse servano agli scopi del Presidente Putin. Tutto ciò che dichiara come ‘responsabilità’ degli Stati Uniti in Ucraina deve essere giudicato parte di questa “Grande Bugia”. Ovvio, coltivo sempre la speranza che gli Stati Uniti contrastino l’imperialismo di una superpotenza come la Russia. Questo è quanto hanno fatto in Ucraina. Piuttosto che perseguire l’espansione della Nato, come sostiene Lavrov, l’America si è opposta – come anche Francia e Germania – al piano di Kiev di avanzare domanda di adesione alla Nato quando questo progetto è stato evocato nel 2008. Per questa loro posizione, ha ricevuto il plauso dell’allora Presidente Dmitri Medvedev. Gli Usa hanno reagito in maniera moderata sia in occasione della conquista russa della Crimea nel 2014 che quando i militari russi intervennero segretamente nella regione del Donbass. In effetti, l’Ucraina ha buone ragioni di lamentarsi di essere stata trascurata dagli Stati Uniti, che costituisce esattamente l’opposto di quanto rivendicato dalla “Grande Bugia” di Lavrov.
Finlandia e Svezia pronte a chiedere di entrare nella Nato: una provocazione per la Russia?
A nessuno dovrebbe importare cosa pensa Mosca riguardo la candidatura alla Nato della Finlandia e della Svezia. Se, come mi aspetto, sceglieranno di proseguire su questo percorso, la ragione sarà che sono state indotte a farlo proprio a causa della guerra provocata dalla Russia in Ucraina. Anche Mosca, tuttavia, ha ormai da molti anni condotto diverse manovre navali, provocatorie e segrete, lungo le coste della Finlandia e della Svezia. La Russia è la provocatrice. Le minacce russe di porre fine allo status di zona denuclearizzata del Mar Baltico suonano vuote e false: essa, infatti, ha da tempo infranto quel presunto status.
Riguardo l’approvvigionamento italiano ed europeo di gas e petrolio, quanto dureranno le ripercussioni dovute al conflitto in Ucraina e fino a che punto esse eroderanno il fronte comune dei Paesi europei?
Credo che le ripercussioni del conflitto in Ucraina dureranno per molti anni a venire. Il conflitto diretto potrebbe concludersi entro sei mesi, ma non è probabile che si arriverà a individuare una soluzione a lungo termine. Così, ogni governo europeo che ritiene che la questione di inviare centinaia di milioni di euro ogni giorno alla Russia per il suo petrolio e per il suo gas – finanziando in effetti il nemico in quello che, come ha rilevato l’onorevole Von der Leyen, appare come un conflitto di valori – diventerà più facile da sciogliere in un arco di tempo di pochi mesi, è colpevole di auto-illusione. Ogni giorno che passa, con gli acquirenti italiani e di altri Paesi che inviano centinaia di milioni di euro alla Russia, si traduce nella morte di un maggior numero di ucraini e in un ulteriore protrarsi della guerra. Per far finire prima questo conflitto occorre che i Paesi europei smettano di finanziare il bilancio russo attraverso l’acquisto di gas e petrolio.
Il Presidente russo Vladimir Putin afferma che “nel mondo moderno è impossibile isolare completamente un Paese vasto come il nostro”. Ritiene che, una volta finita la guerra, la Russia sarà realmente esclusa dalle relazioni internazionali sul versante sia politico che commerciale?
Nessun Paese può essere completamente isolato, ma di certo è possibile erigere una nuova “cortina di ferro” attorno alla Russia, separandola dall’Europa, dal Nord America e dal resto dell’Occidente e bloccando la sua partecipazione ad alcuni importanti tavoli internazionali. Questo sta già accadendo, nonostante Mosca continui ovviamente a commerciare in armi ed energia con i suoi mercati tradizionali, come ad esempio l’India e il suo “partner strategico”, ovvero la Cina. Cosa accadrà nel lungo termine dipenderà dal fatto che Vladimir Putin – o chiunque condivida i suoi obiettivi – continuerà a governare la Russia dal Cremlino o se, invece, si verificherà la possibilità di qualche tipo di cambiamento. Solo attraverso un cambiamento di ampio respiro, alla fine della guerra sarà possibile evitare una nuova “cortina di ferro”.
Come giudica la posizione della Cina in merito?
La Russia e la Cina sono accomunate da quella che hanno definito “alliance of the aggrieved” [“alleanza dei danneggiati”, ndr.], come specificato in una lunga e dettagliata dichiarazione del 4 febbraio. Condividono l’interesse di ridurre il dominio occidentale. Putin ha, con tutta evidenza, ritardato la sua invasione fin dopo la fine delle Olimpiadi di Pechino. Tuttavia, la Cina ha reagito in modo piuttosto tiepido all’aggressione militare della Russia ed è improbabile che le fornisca un sostegno diretto, il che suggerisce che trova le sue azioni disagevoli. In ogni caso, Pechino non si opporrà, in quanto è consapevole che, qualunque sia il risultato finale, sarà probabilmente in grado di trattare la Russia alla stregua di uno stato vassallo, chiaramente inferiore e dipendente. La Cina pensa solo ai propri interessi nazionali: di conseguenza, mentre è lieta che l’attenzione degli Stati Uniti e dell’Occidente sia deviata verso l’Europa piuttosto che verso l’Asia, non nutre alcun interesse nel venire coinvolta ulteriormente. Ha già i suoi problemi da affrontare, Covid in primis.
Il Presidente Putin dichiara che “le autorità di Kiev, spinte dall’Occidente, si sono rifiutate di rispettare gli accordi di Minsk volti a una soluzione pacifica dei problemi del Donbass”. Pensa che, alla fine, Putin guadagnerà il Donbass abbandonando il progetto iniziale di “denazificare” l’intera Ucraina?
Gli accordi di Minsk del 2014 sono stati infranti sia da Mosca che da Kiev, poiché nessuna delle due parti ha rispettato gli impegni di cessare le operazioni militari, ritirare tutti i mercenari stranieri, fermare i voli con aerei da combattimento o rimuovere l’artiglieria pesante nelle linee concordate. È estremamente offensivo utilizzare il termine “denazificare”, dal momento che questo presunto scopo costituisce una pura bugia di propaganda in stile Goebbels. Non è possibile prevedere cosa accadrà nel Donbass durante l’attuale conflitto, anche se la tendenza attuale suggerisce che Putin potrebbe finire per conquistare solo una parte della regione. Certamente, non potrà conquistare l’Ucraina nella sua interezza nel corso della guerra, anche se non abbandonerà questo obiettivo per tutto il tempo che resterà al potere.
Durante i negoziati a Istanbul, Kiev ha auspicato la creazione di un gruppo di Stati – fra cui anche l’Italia – a garanzia di una pace dopo la fine del conflitto. La persuade questa possibilità?
Quando si raggiungerà una pace credibile, o almeno un cessate il fuoco, diventerà necessario invitare e concordare una forza internazionale di peacekeeper per aiutare la polizia nell’affrontare i problemi, specialmente nel Donbass. Dubito che tale gruppo possa essere composto da Paesi della Nato come l’Italia, a meno che il conflitto non si concluderà con una sconfitta totale della Russia. Una sorta di gruppo sul modello delle Nazioni Unite è molto più probabile. Ci sarebbe inoltre bisogno di accordo da entrambe le parti.
Il Presidente americano Joe Biden vorrebbe processare Putin per “crimini di guerra”, mentre il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky evoca una nuova Norimberga. Crede che si potrà arrivare infine a un processo alla Corte Internazionale dell’Aia o, addirittura, a trascinare in aula lo stesso Presidente russo?
Un tribunale in stile Norimberga potrebbe concretizzarsi solo nel caso di una sconfitta completa della Russia e con la sostituzione del regime di Putin con una nuova classe dirigente, incentivata a epurare i propri predecessori attraverso un processo per crimini di guerra. A meno che ciò non accada, chiedere un processo per “crimini di guerra” rimarrà un atto puramente simbolico: giustificato moralmente e legalmente, ma in termini politici e pratici puramente simbolico.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di maggio/giugno di eastwest.
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“Combattendo contro l’imperialismo russo, stiamo difendendo il diritto delle nazioni di scegliere il proprio destino, di essere sovrane e indipendenti e non temere di venire conquistate da altri Paesi più potenti. Ciò non costituisce specificamente uno scontro tra democrazia e autocrazia: si tratta, in verità, dello scontro tra imperialismo da una parte e il diritto di essere liberi e scegliere il proprio percorso dall’altra”. Il giornalista, saggista e consulente in affari internazionali britannico Bill Emmott compendia in queste parole la vera posta in gioco celata dietro l’aggressione militare all’Ucraina portata avanti dalla Russia di Putin, drammaticamente in corso dal 24 febbraio scorso.