I manifestanti accusano la giunta militare al potere di non essere in grado di garantire la sicurezza della popolazione e di alimentare gli scontri etnici. Più di trenta morti e centinaia di feriti nella regione del Nilo Azzurro
Domenica a Khartum le forze di sicurezza del Sudan hanno sparato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti che stavano protestando contro la giunta militare, ritenuta responsabile delle violenze nello stato sudorientale del Nilo Azzurro.
I manifestanti agitavano cartelli con slogan come “Il Nilo Azzurro sta sanguinando”, “Fermate la guerra civile” e “Cancellate l’accordo di pace di Giuba”: il riferimento è all’intesa raggiunta nell’agosto 2020 tra il Governo sudanese e diversi gruppi ribelli che avrebbe dovuto pacificare il Paese. Prevedeva – tra le altre cose – l’integrazione dei ribelli nelle forze di sicurezza nazionali, maggiore rappresentanza politica e garanzie per il ritorno degli sfollati nelle loro terre.
La settimana scorsa nello Stato del Nilo Azzurro ci sono stati degli scontri fra due gruppi etnici, gli Hausa e i Fung, che hanno causato più di trenta morti e centinaia di feriti. Le autorità sudanesi hanno detto che rafforzeranno la sicurezza nello Stato e che indagheranno sulle cause delle violenze. Ma ci sono stati episodi simili anche in altre zone del Paese, ad esempio nelle regioni orientali sulla costa e in quella del Darfur, a ovest.
L’accordo di pace di Giuba, pur ambizioso, è estremamente fragile perché non è stato firmato dalla principale fazione di ribelli del Movimento sudanese di liberazione popolare-nord (SPLM-N), un’organizzazione militare e politica attiva nel Nilo Azzurro e nel Kordofan meridionale.
I manifestanti che domenica hanno marciato a Khartum – e che protestano in realtà da ben prima: dall’ottobre del 2021, quando c’è stato il colpo di Stato contro l’allora Governo civile – accusano la giunta militare al potere di non essere in grado di garantire la sicurezza della popolazione e di alimentare le conflittualità interne.
I manifestanti agitavano cartelli con slogan come “Il Nilo Azzurro sta sanguinando”, “Fermate la guerra civile” e “Cancellate l’accordo di pace di Giuba”: il riferimento è all’intesa raggiunta nell’agosto 2020 tra il Governo sudanese e diversi gruppi ribelli che avrebbe dovuto pacificare il Paese. Prevedeva – tra le altre cose – l’integrazione dei ribelli nelle forze di sicurezza nazionali, maggiore rappresentanza politica e garanzie per il ritorno degli sfollati nelle loro terre.