A giugno Pechino ha ridotto la quantità di titoli di Stato americani in suo possesso per il settimo mese consecutivo. La distanza economico-finanziaria, non solo politica, tra i due Paesi si fa sempre più grande
Gli ultimi dati del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti dicono che a giugno la Cina, per il settimo mese consecutivo, ha ridotto la quantità di titoli di Stato americani in suo possesso. In quel mese Pechino deteneva 967,8 miliardi di dollari del debito pubblico statunitense, il valore più basso dal maggio 2010 (843,7 miliardi). A maggio 2022 possedeva titoli del Tesoro per 980,8 miliardi.
La notizia racconta di come la distanza politica tra gli Stati Uniti e la Cina, cresciuta dopo la recente visita della speaker Nancy Pelosi a Taiwan, si sta traducendo in un maggiore distacco finanziario tra le due economie più grandi al mondo.
Dietro la mossa della Cina ci sono, in verità, anche motivazioni di natura prettamente economica. Chris Turner, analista presso il gruppo bancario ING, ha detto a Reuters che si tratta “probabilmente [di] una funzione dell’intervento cinese sul mercato dei cambi per mantenere stabile il rapporto USD/CNY in un contesto di dollaro forte”. Si riferisce al rafforzamento del dollaro statunitense (abbreviato in USD) rispetto allo yuan o renminbi cinese (indicato con CNY): il tasso attuale è di 1 dollaro per circa 6,7 yuan. La vendita potrebbe poi essere stata incentivata dal calo del rendimento dei titoli del Tesoro a dieci anni, intorno al 2,7%.
Ma la geopolitica è stata un fattore determinante, al punto che gli analisti si aspettano una diminuzione ulteriore dei titoli di Stato americani posseduti dalla Cina proprio per via del contesto internazionale. Dopo l’invasione dell’Ucraina, gli Stati Uniti hanno congelato le riserve di valuta straniera della Russia, alla quale la Cina è legata da un rapporto di partnership che potrebbe esporla a ritorsioni finanziarie simili. Tra Washington e Pechino, inoltre, la tensione è alta su Taiwan, Paese di fatto indipendente ma considerato dalla Cina una provincia del suo territorio: dopo la visita di Pelosi – una funzionaria di grado altissimo, seconda nella linea di successione presidenziale dopo Kamala Harris -, la Repubblica popolare ha sospeso o cancellato otto importanti meccanismi di dialogo con l’America.
Al di là dei Treasuries, il distacco finanziario tra Cina e Stati Uniti è visibile anche dall’annuncio fatto da cinque società statali cinesi la settimana scorsa in merito al ritiro delle loro quotazioni dalla borsa di New York. A procedere con il delisting entro fine agosto saranno le società petrolifere Sinopec e PetroChina, il produttore di alluminio Chalco, la compagnia assicurativa China Life Insurance e l’azienda petrolchimica Sinopec Shanghai Petrochemical. Tutte loro hanno specificato che resteranno quotate alla borsa di Hong Kong e a quelle della Cina continentale.
Già l’anno scorso tre società cinesi di telecomunicazioni – China Telecom, China Mobile e China Unicom – avevano ritirato le loro quotazioni negli Stati Uniti. A maggio Sinopec, Chalco e le altre tre erano state inserite dalle autorità americane in una sorta di “lista nera” per non aver rispettato le normative di revisione vigenti nel Paese: una legge del 2020 – l’Holding Foreign Companies Accountable Act – obbliga infatti le società quotate negli Stati Uniti a dichiarare di non essere di proprietà o sotto il controllo del governo cinese. Ma Pechino vieta ai soggetti stranieri di ispezionare i documenti di revisione delle aziende cinesi, giustificando questa politica con la tutela della sicurezza nazionale.
Nella lista sono presenti anche le compagnie tecnologiche Alibaba Group, JD.com e Baidu. Di recente Alibaba ha dichiarato che convertirà la sua quotazione secondaria a Hong Kong in una doppia quotazione primaria: una mossa tecnica che, secondo gli esperti, potrebbe facilitare eventuali manovre future di modifica della quotazione primaria del gruppo.
I dati del dipartimento del Tesoro segnalano inoltre che a giugno, mentre la Cina li riduceva, il Giappone – importante alleato di Washington – al contrario aumentava la quantità di titoli di Stato americani posseduti: 1236 miliardi di dollari, contro i 1224 dello scorso maggio.
Gli ultimi dati del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti dicono che a giugno la Cina, per il settimo mese consecutivo, ha ridotto la quantità di titoli di Stato americani in suo possesso. In quel mese Pechino deteneva 967,8 miliardi di dollari del debito pubblico statunitense, il valore più basso dal maggio 2010 (843,7 miliardi). A maggio 2022 possedeva titoli del Tesoro per 980,8 miliardi.