Proteste nelle principali piazze del Paese contro il piano di riforma della giustizia del Governo Netanyahu. L’accusa è che l’esecutivo voglia sottomettere alla politica il sistema giudiziario
È forte e acceso, in questi giorni, il confronto politico in Israele soprattutto a seguito dell’annunciato piano di riforma della giustizia da parte del primo Ministro Benjamin Netanyahu e del ministro della giustizia, Yariv Levin. Una proposta che sta già scatenando le ire di larga parte della popolazione che già parla di “fine della democrazia”.
Nei giorni scorsi in tre delle principali città del paese, Tel Aviv, Gerusalemme ed Haifa migliaia di persone sono scese in piazza in segno di protesta. Se approvata, la riforma della giustizia aumenterà i poteri per la Knesset (il Parlamento israeliano), permettendogli di annullare le sentenze della Corte Suprema con una maggioranza semplice. Il timore di molti è che il governo in tal caso potrebbe utilizzare tale strumento a suo favore: Netanyahu per bloccare eventuali ulteriori processi contro di lui, mentre il governo in generale, si dice, potrebbe avere molta maggiore facilità ad approvare leggi a favore ad esempio degli insediamenti, o per favorire ulteriormente le mire espansionistiche israeliane in Cisgiordania.
Con il sistema al momento vigente i giudici della Corte suprema possono bocciare le leggi approvate dal Parlamento, se contraddicono le 13 Basic Laws di Israele, la legge costituzionale dello Stato ebraico. Con la riforma verrebbe invece introdotta una “clausola di annullamento” che permetterebbe ai deputati di reintrodurre una norma bocciata dalla Corte suprema con una maggioranza semplice di 61 voti (su 120). Altro timore è che, con la riforma, potrebbe verificarsi un indebolimento della magistratura rispetto all’esecutivo. Al momento infatti in Israele, i giudici della Corte Suprema sono nominati e revocati da un comitato composto da professionisti, membri del governo e alcuni giudici. La riforma di Levin vorrebbe invece dare al governo la maggioranza nel comitato, con i numeri che propendono per il governo in carica. I giudici della Corte Suprema verrebbero dunque per lo più scelti dal governo. Il presidente della Corte suprema israeliana, Esther Hayut, ha affermato che il piano di riforma del governo Netanyahu schiaccerebbe il sistema giudiziario e minerebbe la democrazia del paese. Rispondendo a una intervista televisiva, la Hayut ha detto che “non è un piano per migliorare il sistema giudiziario, ma piuttosto un piano per schiacciarlo, che infliggerà un colpo fatale all’indipendenza dei giudici e alla loro capacità di servire il popolo”.
Di parere ovviamente opposto è il Ministro della giustizia, Levin, secondo il quale il nuovo piano servirà a bilanciare i poteri dello stato. “Andiamo alle urne, votiamo, scegliamo, ma di volta in volta poi persone che non abbiamo scelto decidono per noi – ha detto Levin – alludendo al potere dei giudici di ribaltare le leggi – è giunto il momento di agire”. “Sarà una democrazia vuota – ha detto Amir Fuchs, ricercatore senior presso il think tank Israel Democracy Institute di Gerusalemme – quando il governo avrà il potere supremo, utilizzerà questo potere non solo per le questioni relative ai diritti LGBTQ e ai richiedenti asilo, ma anche per le elezioni, la libertà di parola e tutto ciò che desidera”. Estremamente critico è stato anche il capo dell’opposizione, Yar Lapid che, anche attraverso alcuni tweet, ha dichiarato che “questa non è una riforma ma un cambio di regime, che taglia Israele fuori dalla cerchia degli Stati liberali”.
Contro la proposta, almeno 80mila persone son scese in piazza. Il Ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, ha ordinato alla polizia di intervenire anche con durezza se i manifestanti dovessero bloccare strade o esporre bandiere palestinesi. A Tel Aviv i manifestanti hanno sventolato bandiere e hanno issato cartelli con scritto “governo criminale”, oppure “la fine della democrazia”. Sono state viste anche alcune bandiere palestinesi. Manifestazioni si sono svolte anche a Gerusalemme e ad Haifa. “Decine di migliaia di persone hanno partecipato alle manifestazioni ha twittato Miki Zohar, esponente del partito Likud di Netanyahu ma alle elezioni tenutesi due mesi e mezzo fa, si sono presentati in milioni”.
Netanyahu ha già condotto anche in passato campagne contro il sistema giudiziario. Ha sempre negato tutte le accuse a lui rivolte, affermando di essere vittima di una caccia alle streghe orchestrata dai media e da pubblici ministeri ostili. Il Ministro Levin ha tenuto ora però a specificare che il suo piano di riforma “non è collegato in alcun modo” alle vicende giudiziarie che riguardano il premier Netanyahu. Intanto i sondaggi per capire cosa realmente ne pensa la popolazione sono abbastanza discordanti. Mentre Channel 13 TV la scorsa settimana ha affermato che il 53% degli israeliani sarebbe contrario alla riforma giudiziaria, Channel 14 TV ha invece affermato che il 61% sarebbe a favore.
Nei giorni scorsi in tre delle principali città del paese, Tel Aviv, Gerusalemme ed Haifa migliaia di persone sono scese in piazza in segno di protesta. Se approvata, la riforma della giustizia aumenterà i poteri per la Knesset (il Parlamento israeliano), permettendogli di annullare le sentenze della Corte Suprema con una maggioranza semplice. Il timore di molti è che il governo in tal caso potrebbe utilizzare tale strumento a suo favore: Netanyahu per bloccare eventuali ulteriori processi contro di lui, mentre il governo in generale, si dice, potrebbe avere molta maggiore facilità ad approvare leggi a favore ad esempio degli insediamenti, o per favorire ulteriormente le mire espansionistiche israeliane in Cisgiordania.