Al di là dell’esito degli incontri, la Cina punta a rafforzare la propria immagine di garante di stabilità e potenza responsabile in grado di dialogare con tutti. E sul Medio Oriente le sta riuscendo meglio che sulla guerra in Ucraina.
La Cina entra con decisione sulla crisi del Medio Oriente. E in particolare sulla questione palestinese. Le delegazioni del gruppo islamista Hamas e del movimento politico Fatah si trovano infatti a Pechino, per una serie di colloqui mirati alla creazione di un governo di unità nazionale. Hamas è responsabile degli attacchi dello scorso 7 ottobre contro Israele, mentre Fatah controlla politicamente la Cisgiordania ed esprime il presidente dell’Autorità Palestinese riconosciuta dall’Occidente, vale a dire Mahmoud Abbas. Le due fazioni palestinesi rivali non sono riuscite a sanare le loro dispute politiche da quando i combattenti di Hamas hanno espulso Fatah da Gaza nel 2007.
Da alcuni giorni, i media libanesi e arabi avevano anticipato il viaggio cinese delle delegazioni delle due fazioni. Venerdì è arrivata la sostanziale conferma, seppure implicita, di Pechino. “La Cina ha sempre sostenuto il rafforzamento dell’Autorità palestinese e appoggia la riconciliazione interna delle fazioni palestinesi”, ha dichiarato in conferenza stampa Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri cinese.
Le due delegazioni, guidate da alti funzionari, sono arrivate nella capitale cinese tra venerdì sera e sabato mattina. E gli incontri sarebbero già iniziati. Quella di Fatah è guidata dall’alto funzionario Azzam Al-Ahmed. Quella di Hamas invece dal vice capo dell’ufficio politico, Moussa Abu Marzouk. È la prima volta che una delegazione di Hamas si reca pubblicamente in Cina dall’inizio della guerra a Gaza.
Proprio venerdì, al termine del suo viaggio in Cina, il segretario di stato americano Antony Blinken aveva riconosciuto il possibile ruolo di Pechino nel ridurre le tensioni in Medio Oriente. Ma gli Stati Uniti diffidano dei tentativi di riconciliazione tra le fazioni palestinesi, visto che ritengono Hamas un gruppo terroristico. La Cina ha invece sempre tenuto aperto un canale di dialogo. E a marzo, l’inviato Wang Kejian ha incontrato i vertici politici di Hamas in Qatar, trovando l’accordo per ospitare i colloqui.
Negli ultimi anni, d’altronde, la Cina ha nettamente aumentato la sua influenza diplomatica e commerciale in Medio Oriente. Nel dicembre 2022, Xi Jinping ha effettuato il suo secondo viaggio all’estero dopo la pandemia di Covid-19 in Arabia Saudita. In quella sede ha firmato 34 accordi bilaterali per un valore di circa 30 miliardi di dollari, ma soprattutto Xi ha partecipato anche a un incontro multilaterale coi Paesi del Consiglio del Golfo.
Nel 2023, Xi ha ricevuto il presidente iraniano Ebrahim Raisi, mentre proprio a Pechino si sono svolti i colloqui decisivi sfociati in un accordo tra Arabia Saudita e Iran per il riavvio delle relazioni diplomatiche tra i due rivali regionali.
Sempre lo scorso anno, a Pechino è stato in visita anche Abbas. Dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre, la Cina ha subito ribadito la sua storica posizione a favore della soluzione dei due Stati e nelle settimane successive ha detto di sostenere l’unità e il coordinamento dei Paesi musulmani sulla questione palestinese. Nei mesi scorsi è stata ricevuta una delegazione di ministri degli Esteri di Paesi a maggioranza musulmana: Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Indonesia e Autorità Nazionale Palestinese. In quell’occasione, il ministro degli Esteri Wang Yi ha dichiarato: “Siamo un buon amico e un fratello dei paesi arabi e islamici”.
A febbraio, Pechino ha sollecitato la Corte internazionale di giustizia a pronunciarsi sull’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Nelle scorse settimane, ha fatto invece pressioni per l’attuazione della soluzione dei due Stati e per l’ingresso della Palestina nelle Nazioni Unite. Tutte azioni che potrebbero portare dei vantaggi sulla posizione cinese in Medio Oriente, ma anche sui suoi rapporti con altri Paesi a maggioranza musulmana. A partire da quelli più vicini, vale a dire nel Sud-Est asiatico, con Malesia e Indonesia.
In questo contesto si inserisce la nuova iniziativa sui colloqui tra Hamas e Fatah. Al di là dell’esito degli incontri, la Cina punta a rafforzare l’immagine che prova a dare di sé di garante di stabilità e potenza responsabile in grado di dialogare con tutti. E sul Medio Oriente le sta riuscendo meglio che sulla guerra in Ucraina.