Le scuse di Ursula von der Leyen all’Italia rispondono a un’urgenza anche geopolitica. Intanto, Bruxelles lavora a un budget per generare investimenti da migliaia di miliardi
La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen tiene una conferenza stampa che illustra gli sforzi dell'Ue per limitare l'impatto economico dell'epidemia di coronavirus, a Bruxelles, Belgio, 2 aprile 2020. REUTERS/Francois Lenoir
Le scuse di Ursula von der Leyen all’Italia rispondono a un’urgenza anche geopolitica. Intanto, Bruxelles lavora a un budget per generare investimenti da migliaia di miliardi
La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen tiene una conferenza stampa che illustra gli sforzi dell’Ue per limitare l’impatto economico dell’epidemia di coronavirus, a Bruxelles, Belgio, 2 aprile 2020. REUTERS/Francois Lenoir
Le parole pronunciate ieri della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – che ha detto che l’Europa deve chiedere scusa all’Italia per non averla aiutata abbastanza all’inizio della pandemia da coronavirus – sono certamente potenti.
Ogni giornale italiano le ha riprese e commentate. Ma sono parole che, per poter essere comprese appieno, vanno inserite nel loro contesto. Bruxelles sta insistendo molto sulla necessità di maggiore solidarietà e comunicazione tra gli Stati membri. Tutta questa enfasi risponde anche a un’urgenza geopolitica.
L’Unione europea ha necessità nel mostrarsi vicina ai bisogni degli italiani. C’è una parte del Paese che percepisce infatti l’Europa come assente – quando non come ostile – in questo momento di grande crisi. Al contrario invece della Cina, che con le sue spedizioni di mascherine e materiale sanitario ha saputo conquistare il favore dell’opinione pubblica. Bruxelles considera però Pechino un “rivale sistemico” e vuole evitare che Roma vi si avvicini troppo.
In realtà, molte nazioni europee – a cominciare dalla Germania e dalla Francia – si sono mostrate solidali con l’Italia, e non è vero che l’Europa non sta facendo nulla per aiutare gli Stati membri: il problema, forse, è nella comunicazione.
Mercoledì von der Leyen ha annunciato in videoconferenza che l’Ue sta lavorando al nuovo bilancio a lungo termine, cioè la quantità di denaro che Bruxelles potrà spendere dal 2021 al 2027 per finanziare le sue politiche. Il nuovo bilancio è stato presentato come “la risposta europea alla crisi del coronavirus” e dovrà servire a generare investimenti per un migliaio di miliardi che favoriscano la ripresa economica dell’eurozona.
In altre parole, Bruxelles userà i soldi del bilancio europeo per ottenere prestiti dai mercati e poi girare il denaro ricevuto ai Paesi membri: semplificando, è un procedimento simile a quello del Mes (il Meccanismo europeo di stabilità). Per il momento non sono però stati forniti maggiori dettagli. Non è ancora chiaro quali saranno le dimensioni del bilancio né come verrà speso. I capi di Stato e di Governo europei ne discuteranno in una videoconferenza “strategica” il prossimo 23 aprile. Perché si raggiunga un accordo è necessaria l’approvazione di tutti i 27 membri dell’Unione.
È lecito quindi aspettarsi nuovi scontri tra gli Stati dell’Europa del nord (come i Paesi Bassi), più rigoristi, e quelli dell’Europa del sud (come l’Italia e la Spagna). Alcune parole di von der Leyen sembrerebbero suggerire che un bilancio più consistente del solito potrebbe eliminare la necessità di un debito comune a tutta l’eurozona: è la richiesta di chi – come l’Italia – spinge per l’introduzione dei cosiddetti eurobond.
Le parole pronunciate ieri della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – che ha detto che l’Europa deve chiedere scusa all’Italia per non averla aiutata abbastanza all’inizio della pandemia da coronavirus – sono certamente potenti.
Ogni giornale italiano le ha riprese e commentate. Ma sono parole che, per poter essere comprese appieno, vanno inserite nel loro contesto. Bruxelles sta insistendo molto sulla necessità di maggiore solidarietà e comunicazione tra gli Stati membri. Tutta questa enfasi risponde anche a un’urgenza geopolitica.
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