Il primo giorno dell’anno scolastico afghano, 23 marzo, le scuole superiori femminili non hanno riaperto. Immediata la reazione internazionale, sono a rischio finanziamenti e donazioni. Oggi la conferenza Onu sull’assistenza umanitaria al Paese
La recente decisione dell’amministrazione afghana di negare la riapertura delle scuole superiori femminili riaccende la luce sul Paese e sulle gravi conseguenze sui diritti umani dalla presa del potere dei Talebani. In particolare, cosa è cambiato negli aiuti umanitari? Fino a che punto gli Stati e i donatori internazionali sono disposti a interagire con questa autorità?
Il 23 marzo, in occasione del primo giorno dell’anno scolastico in Afghanistan, le ragazze delle scuole femminili secondarie sarebbero dovute tornare sui banchi, dopo che le scuole erano state chiuse a fine agosto, quando i Talebani avevano ripreso il potere nel Paese. Alla fine però non c’è stata alcuna riapertura: il regime talebano ha emesso un decreto che vieta alle studentesse degli istituti secondari di andare a scuola. È stato detto loro di rimanere a casa fino a quando l’Emirato islamico non annuncerà la prossima decisione, con un piano elaborato per la loro riapertura.
Oltre allo sdegno della popolazione afghana e delle ragazze direttamente interessate, con decine di loro scese in strada a Kabul per chiedere al Governo di ritirare la propria decisione, non sono mancate le reazioni della comunità internazionale. In particolare, immediate sono state le conseguenze sui possibili dialoghi con il Governo afghano e sui finanziamenti internazionali, utili ad alleviare la drastica situazione umanitaria nel Paese.
Il problema dei finanziamenti e delle donazioni
Dalla presa del potere dei Talebani lo scorso agosto, il sistema finanziario e degli aiuti umanitari ha infatti subito un forte arresto, a causa del mancato riconoscimento del nuovo Governo da parte della comunità internazionale, proprio alla luce anche della promessa inadempiuta da parte dei Talebani di rispettare nel Paese i diritti umani fondamentali, come la garanzia dell’accesso all’educazione per tutti, soprattutto per le ragazze, e la libertà di movimento e di espressione. Di conseguenza, i Talebani non sono così in grado di accedere agli oltre 9 miliardi di dollari detenute nelle banche americane ed europee necessari per finanziare lo sviluppo. Questi tipi di finanziamenti, che ammontavano a miliardi di dollari, hanno aiutato negli anni il Governo afghano a funzionare, e la loro attuale assenza aggrava la povertà e la scarsità di cibo che caratterizzano il Paese. Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite, circa 23 milioni di persone soffrono di fame acuta e il 95% della popolazione non si nutre abbastanza.
Come ha affermato Achim Steiner, amministratore dell’UNDP, in una conferenza stampa a Kabul, la recente decisione dei Talebani sull’accesso delle ragazze a scuola crea ulteriori dubbi e potrebbe indurre i donatori, già alle prese con un aumento dei bisogni a causa della crisi ucraina, a ridimensionare ulteriormente i loro impegni.
Se la questione riguardasse, come inizialmente giustificato dai Talebani, i problemi tecnici per superare le barriere nell’accesso scolastico, sarebbe sufficiente specificare alla comunità internazionale la tipologia di aiuto necessario. Soprattutto alla luce del già precedente impegno dell’ONU di pagare gli stipendi degli insegnanti per garantire continuità nel diritto all’educazione nonostante la grave crisi economica.
Potrebbe però trattarsi di un’inversione più fondamentale sul principio di accesso all’istruzione di qualità. Principio su cui la comunità internazionale ha fatto molta leva sin dai primi momenti dei negoziati e quindi le reazioni della comunità internazionale e dei donatori sulle relazioni con i Talebani potrebbero essere molto più gravi.
La conferenza sull’Afghanistan
In risposta alla chiusura delle scuole per le ragazze, gli Stati Uniti intanto hanno già bruscamente cancellato la loro partecipazione alla conferenza convocata dal Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, co-organizzata dai Governi del Qatar, del Regno Unito e della Germania per oggi pomeriggio. La riunione si terrà a livello ministeriale e si svolgerà online attraverso una piattaforma virtuale, con la partecipazione dei grandi donatori internazionali. Lo scopo è quello di assicurare un aumento delle risorse per affrontare il livello senza precedenti dei bisogni umanitari in Afghanistan nel 2022. Il vertice mira anche a evidenziare la capacità e l’impegno dei partner per l’assistenza umanitaria nel Paese, fornendo assistenza sull’accesso ai servizi e alle risorse economiche di base del Paese, data la realtà politica del momento.
Alcuni esperti, come Martin Barber, Coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per l’Afghanistan tra il 1995 e il 1996, e Mark Bowden, ex vice rappresentante speciale del Segretario Generale e coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per l’Afghanistan dal 2012 al 2017, suggeriscono l’importanza di discutere durante l’incontro quella che considerano essere l’unica misura che permetterebbe di utilizzare efficacemente il denaro donato per l’Afghanistan, ovvero permettere alla Banca centrale afghana di prelevare importi modesti – circa 150 milioni di dollari al mese – dalle riserve nelle banche internazionali. Questa decisione riporterebbe in vita il sistema bancario e faciliterebbe il pagamento delle bollette e degli stipendi, con un’amministrazione efficace degli aiuti umanitari. I Governi sono restii a questa possibilità perché permettere alla Banca centrale afghana di attingere alle sue riserve conferirebbe una certa legittimità all’amministrazione talebana. Tuttavia, le sofferenze di milioni di afghani comuni continuano a rimanere la priorità in questa emergenza.
Il vertice di oggi potrebbe quindi portare nuovi scenari sul precario equilibrio tra il supporto alla popolazione e i legami politici. È però ancora incerto fino a che punto i donatori internazionali siano disposi ad assumere nuove posizioni e a interagire con l’autorità talebana.