Afghanistan: oggi parte il "dialogo intra-afghano" tra il Governo e i Talebani, dopo 19 anni di guerra. Ma la fretta di Trump incontra una situazione complicata a Kabul
Afghanistan: oggi parte il “dialogo intra-afghano” tra il Governo e i Talebani, dopo 19 anni di guerra. Ma la fretta di Trump incontra una situazione complicata a Kabul
Oggi a Doha, la capitale del Qatar, avranno inizio i negoziati tra il Governo dell’Afghanistan e i Talebani per la pacificazione e la stabilizzazione del Paese, dopo diciannove anni di guerra.
Che il cosiddetto “dialogo intra-afghano” riesca nel suo intento, però, è tutt’altro che scontato: oggi come mesi fa, la distanza tra le due parti è tanta e i livelli di violenza sono molto alti. Solo mercoledì scorso il vice Presidente Amrullah Saleh – noto oppositore dei terroristi – è sopravvissuto a un attentato a Kabul, che ha causato però la morte di dieci civili. I talebani hanno negato ogni responsabilità.
Per favorire l’apertura dei negoziati dopo mesi di rinvii – il dialogo sarebbe dovuto partire a marzo –, il Governo afghano ha recentemente liberato cinquemila detenuti talebani. Lo scarceramento dei prigionieri è uno dei punti dell’accordo di pace firmato lo scorso febbraio tra gli Stati Uniti e i Talebani, senza però il coinvolgimento delle autorità di Kabul. Lo stesso accordo prevede che l’America ritiri le proprie truppe dall’Afghanistan; in cambio, i fondamentalisti si impegnano a mettere fine alle violenze e a non trasformare nuovamente il Paese in una base per il terrorismo.
La fretta del Presidente americano Donald Trump – che vuole concludere la guerra più lunga mai combattuta dagli Stati Uniti, anche per ragioni elettorali – mal si concilia con la delicatezza della situazione afghana. Esiste infatti la possibilità che i Talebani non rispettino l’accordo con Washington e che si approfittino del disimpegno americano per rovesciare il Governo e assumere il controllo del Paese.
Il ruolo degli Stati Uniti, come detto dallo stesso Trump, è stato fondamentale nel far sedere Governo e Talebani allo stesso tavolo. Fargli raggiungere un accordo, come scritto dal New York Times, sarà però più complicato.
Le due parti sono ideologicamente distanti: sul peso politico della religione, sulla formula per la condivisione del potere o sui diritti delle donne, ad esempio. Non sarà semplice, poi, convincere i guerriglieri a rinunciare alla violenza, la loro principale leva negoziale.
Soltanto nei primi dieci giorni di settembre in Afghanistan sono già stati uccisi almeno 63 civili e 79 membri delle forze governative. La violenza non è un’esclusiva dei Talebani, ma gli è utile per mettere pressione sul Governo e cercare di strappare condizioni favorevoli. Kabul si ritrova a fare i conti anche con l’insistenza dell’amministrazione Trump, che vuole che i negoziati di pace abbiano successo, in modo da poter giustificare il ritiro dal Paese.
Oggi a Doha, la capitale del Qatar, avranno inizio i negoziati tra il Governo dell’Afghanistan e i Talebani per la pacificazione e la stabilizzazione del Paese, dopo diciannove anni di guerra.
Che il cosiddetto “dialogo intra-afghano” riesca nel suo intento, però, è tutt’altro che scontato: oggi come mesi fa, la distanza tra le due parti è tanta e i livelli di violenza sono molto alti. Solo mercoledì scorso il vice Presidente Amrullah Saleh – noto oppositore dei terroristi – è sopravvissuto a un attentato a Kabul, che ha causato però la morte di dieci civili. I talebani hanno negato ogni responsabilità.
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