L’Oms lancia l’allarme: la prossima settimana i contagi da Covid-19 supereranno il picco della seconda ondata che ha colpito il continente all’inizio di quest’anno. Programma Covax a rilento
“L’Africa sta affrontando una terza ondata di pandemia di Covid-19, caratterizzata da una preoccupante accelerazione dei contagi, che la prossima settimana supereranno il picco della seconda ondata che ha colpito il continente all’inizio di quest’anno”.
A lanciare l’allarme è l’Ufficio regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che ha affermato che la pandemia sta tornando in 12 Paesi africani e in 14 è stata rilevata la variante Delta del coronavirus. Questa variante, identificata per la prima volta in India, è considerata il 60% più contagiosa della variante Alpha (inizialmente identificata nel Regno Unito), che a sua volta era circa il 50% più contagiosa del ceppo originario di Wuhan.
La terza ondata
La situazione sembra più grave del previsto, come sottolinea il dottor Matshidiso Moeti, direttore regionale dell’Oms per l’Africa, secondo cui “l’ultima ondata minaccia di essere la peggiore mai registrata in Africa, come si evidenzia dal numero di casi gravi in rapido aumento”. Un timore giustificato dal fatto che, nonostante i morti nel continente africano siano relativamente bassi (oltre 141mila in totale dal febbraio dello scorso anno), nelle ultime settimane si è registrato un preoccupante aumento dei decessi.
L’aspetto più allarmante è rappresentato dal fatto che la terza ondata è giunta mentre l’Africa sta vivendo una carenza di vaccini con solo poco più dell’1% della popolazione completamente immunizzato. Mentre poco meno dell’1,5% delle circa 2,7 miliardi di dosi somministrate a livello globale è stato iniettato nel continente.
Un’ulteriore criticità è costituita dalla grave carenza di ossigeno salvavita, con cui molti Paesi africani sono costretti a dover fare i conti. I sistemi interni di generazione di ossigeno degli ospedali stanno letteralmente collassando e i medici sono costretti a ricorrere all’uso di bombole di ossigeno portatili, quando riescono a trovarle. Questo ha prodotto numerosi decessi di pazienti che non hanno ricevuto ossigeno in tempo.
La coalizione internazionale Every Breath Counts, impegnata nella tutela della salute, afferma che 18 Paesi a basso reddito, la maggior parte dei quali si trovano in Africa, stanno attualmente affrontando gravi carenze di ossigeno. Il dottor Jama Abdi Mahamud, in servizio presso il Gardo General Hospital nella regione semi-autonoma del Puntland, in Somalia, ha dichiarato che “quasi ogni giorno, tra cinque e dieci dei suoi pazienti Covid muoiono a causa della mancanza di ossigeno. E sarebbero tutte morti evitabili se avessimo scorte adeguate di ossigeno per far fronte all’emergenza”.
Il programma Covax
La bassa percentuale di vaccinazione in Africa trova delle risposte anche nelle difficoltà incontrate dal programma Covax, sostenuto dalle Nazioni Unite per fornire due miliardi di dosi di vaccino a circa un quarto della popolazione dei Paesi più poveri entro la fine del 2021. L’unica iniziativa internazionale concepita per rendere i vaccini disponibili anche nei Paesi a basso reddito ha infatti mostrato alcune criticità.
I primi problemi si sono materializzati tra marzo e aprile in India, dove si è registrato un aumento esponenziale dei contagi e delle vittime, a causa della variante Delta. I vaccini destinati al programma Covax erano stati in gran parte acquistati dal principale produttore nel mondo, il Serum Institute of India, che per fronteggiare la grave crisi sanitaria del Paese ha disposto il blocco delle esportazioni dei sieri anti Covid. La sospensione delle forniture ha prodotto serie ripercussioni sul programma Covax, con la distribuzione di circa 180 di milioni di dosi in meno rispetto a quelle previste.
I ritardi nelle vaccinazioni
Tuttavia, questa inattesa mancanza di dosi non è sufficiente a spiegare il lento progredire delle vaccinazioni nel continente africano, dove già a partire da febbraio scorso si sono registrati problemi relativi alla distribuzione dei vaccini, alla mancanza di infrastrutture e alla carenza di personale sanitario.
Inoltre, molte nazioni africane hanno deciso di seguire un approccio consigliato dall’Oms, fondato sulla somministrazione di una prima dose a più persone possibili. Tale approccio ha spinto i Paesi africani a non accumulare vaccini per la seconda iniezione, mentre alcuni Stati sono stati anche sottoposti a pressioni per utilizzare i vaccini con urgenza per non rischiare che superassero le date di scadenza.
Questa serie di fattori hanno generato una grave carenza di dosi per le seconde vaccinazioni. Così, ad oggi, in Africa sono state somministrate solo circa 2,5 dosi di vaccino ogni 100 persone, rispetto a una media di 69 dosi ogni 100 nei Paesi ad alto reddito. Inoltre, solo sette Paesi africani hanno esaurito tutti i vaccini ricevuti attraverso il programma Covax, mentre altri sette ne hanno somministrati oltre l’80%. Nell’ambito del programma, il continente riceverà un totale di 600 milioni di dosi entro dicembre 2021, utili a vaccinare il 60% della popolazione africana entro giugno 2022.
Alcune eccezioni
Nel frattempo, alcuni Paesi africani sono più avanti nella quantità di dosi somministrate, tra questi quello con il più alto tasso di vaccinazione sono le isole Seychelles, dove sono state somministrate 140,31 dosi per ogni cento persone. Tuttavia, rispetto ad altri Stati africani, la popolazione dell’arcipelago è estremamente ridotta (poco più di 98mila abitanti) e questo spiega perché gli operatori sanitari sono riusciti a vaccinare gran parte dei suoi abitanti in un periodo limitato.
Altre nazioni che hanno mostrato una certa efficienza nella somministrazione delle dosi sono le isole Mauritius (55,59 dosi ogni cento persone) e il Marocco, che ha effettuato 50,51 dosi ogni 100 persone, raggiungendo con quasi 18 milioni di dosi iniettate il maggior numero di vaccinazioni a livello continentale. E anche la Guinea Equatoriale (18,57 ogni cento persone) e la Tunisia (14,26 ogni cento persone) hanno somministrato un elevato numero di dosi di siero anti-Covid in rapporto alla popolazione.
L’annuncio dell’Oms
Nel tentativo di risolvere la carenza di vaccini, l’Oms ha annunciato la creazione di un primo hub di trasferimento tecnologico del vaccino mRNA (acido ribonucleico messaggero) anti Covid-19 in Sudafrica.
Il Presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, ha sottolineato l’importanza per il continente della struttura, che consentirebbe ai produttori dei Paesi in via di sviluppo di ricevere anche una formazione su come produrre vaccini e le relative licenze per farlo. Si prevede anche un ruolo per l’Oms e i Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie (CdC), che dovrebbero definire i criteri per il trasferimento tecnologico.
L’annuncio costituisce una fase cruciale per tutelare l’Africa e garantire che anche chi vive nei Paesi meno ricchi riceva adeguata protezione dal virus, vista la rapida diffusione dei contagi a livello globale. Purtroppo, nel mondo occidentale il continente africano sembra lontano, sia geograficamente che emotivamente. Una percezione assolutamente erronea perché la pandemia ci ha confermato che la distanza, nell’attuale mondo interconnesso, non ha rilevanza.
“L’Africa sta affrontando una terza ondata di pandemia di Covid-19, caratterizzata da una preoccupante accelerazione dei contagi, che la prossima settimana supereranno il picco della seconda ondata che ha colpito il continente all’inizio di quest’anno”.