L'Oms ha evidenziato che in Africa sono state inoculate meno del 2% delle 700 milioni di dosi di vaccino anti-Covid somministrate finora in tutto il mondo
L’Oms ha evidenziato che in Africa sono state inoculate meno del 2% delle 700 milioni di dosi di vaccino anti-Covid somministrate finora in tutto il mondo
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sta lamentando un’estrema lentezza nel processo di vaccinazione contro il Covid-19 in Africa e insiste sul fatto che un equo accesso ai vaccini è una delle armi vincenti per contrastare la pandemia. L’Agenzia delle Nazioni Unite ha evidenziato che in Africa sono state inoculate meno del 2% delle 700 milioni di dosi di vaccino anti-Covid somministrate finora in tutto il mondo.
Oltre a sottolineare il fatto che la maggior parte dei Paesi del continente ha ricevuto i vaccini solo cinque settimane fa e in modiche quantità. Finora, 45 dei 54 Stati del continente hanno avuto i vaccini, 43 dei quali hanno iniziato le vaccinazioni e quasi 13 milioni delle 31,6 milioni di dosi consegnate finora sono state somministrate. Tuttavia, il ritmo delle immunizzazioni non è uniforme, come prova il fatto che ben il 93% delle dosi sono state inoculate in soli dieci Paesi, che hanno utilizzato almeno il 65% delle loro scorte.
Finora l’Africa è stata il continente meno colpito dalla pandemia, con 4,45 milioni di casi registrati, compresi 118mila morti. Negli ultimi due mesi, la regione ha registrato un plateau di circa 74mila nuovi casi a settimana. Tuttavia, il Kenya sta affrontando una terza ondata e l’epidemia mostra una tendenza al rialzo in altri 14 Paesi africani, tra cui Etiopia, Eritrea, Mali, Ruanda e Tunisia.
Nonostante si stiano registrando alcuni progressi, molti Paesi africani sono ancora alla fase iniziale della campagna di vaccinazione. Una volta consegnati i vaccini, la somministrazione in alcuni Paesi è stata ritardata da ostacoli operativi e finanziari o difficoltà logistiche, come il raggiungimento di località remote.
A febbraio, aveva fatto ben sperare l’avvio del programma Covax (Covid-19 Vaccine Access Global), creato nel giugno 2020 e sostenuto da Cepi (Coalizione internazionale per le innovazioni in materia di preparazione alla lotta contro le epidemie), Oms e Gavi Alliance con l’obiettivo di garantire che anche i Paesi più poveri avessero accesso ai vaccini.
Il programma mira a fornire all’Africa 600 milioni di dosi del Vaxzevria di AstraZeneca, sufficienti per vaccinare almeno il 20% della popolazione in 40 Paesi, ma dopo soli due mesi sta rivelando alcune falle nell’organizzazione. La prima è rappresentata dal fatto che la le dosi sono prodotte dal Serum Institute of India, che il mese scorso ha sospeso le esportazioni per soddisfare la crescente domanda interna per far fronte a un notevole aumento dei casi.
Molti Paesi come Ruanda e Botswana che hanno ricevuto le prime dosi le hanno ormai esaurite, oppure altri come il Malawi, le hanno lasciate scadere per diverse ragioni. Poi, ci sono ancora altri Paesi, come Ciad e Zimbabwe, che avrebbero rinunciato all’invio del Vaxzevria, nell’attesa che si chiarisca definitivamente l’eventuale relazione tra il vaccino e il rischio di trombosi.
Mentre il Sudafrica ha ritardato l’avvio del suo programma basato sull’utilizzo di Vaxzevria perché studi di laboratorio hanno dimostrato una scarsa efficacia di questo vaccino contro la nuova variante B.1.351 (nota anche come 501.V2) del Sars-CoV-2, che sta causando la maggior parte delle infezioni. La Nazione Arcobaleno ha iniziato la sua campagna di vaccinazione a febbraio dopo aver ricevuto dosi del vaccino Janssen di Johnson&Johnson (J&J), che viene somministrato come dose singola e ha dimostrato di essere efficace contro la variante B.1.351.
La scorsa settimana, il Sudafrica ha temporaneamente interrotto anche la somministrazione del Janssen, dopo che la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha sospeso l’uso del vaccino negli Stati Uniti a seguito della segnalazione su sei donne di gravi casi di coaguli di sangue con piastrine basse. Secondo i dati forniti dall’Africa Data Hub’s Vaccine Tracker, il Sudafrica ha vaccinato solo lo 0,5% della popolazione somministrando 292.623 dosi del vaccino americano e attualmente è l’unico Paese africano che lo utilizza.
Un aspetto paradossale del processo di vaccinazione nel continente è rappresentato dal fatto che mentre alcuni Paesi sospendono le vaccinazioni, il programma Covax va avanti con l’invio di dosi in altre nazioni africane. Qualche giorno fa ha spedito 355mila vaccini in Niger, che lo scorso 29 marzo aveva lanciato la campagna di immunizzazione contro il coronavirus con i vaccini donati dalla Cina. Altre spedizioni sono arrivate nelle Isole Comore, Guinea Bissau, Mauritania e Zambia. Presto arriveranno anche in Camerun, che intanto giovedì scorso ha ricevuto 200mila dosi del vaccino Sinopharm, prodotto in Cina.
Per ovviare agli scarsi risultati finora prodotti dal Covax, l’Unione africana ha firmato un accordo con la J&J per acquistare 220 milioni di dosi del vaccino Janssen con un’opzione per altri 180 milioni. Questo vaccino ha il vantaggio che per l’immunizzazione è sufficiente un’iniezione monodose e consentirebbe al continente di vaccinare 400 milioni di persone. Tuttavia, queste dosi non saranno ugualmente sufficienti per raggiungere l’obiettivo di vaccinare il 60% della popolazione entro la fine del 2022 per ottenere l’immunità di gregge. Inoltre i vaccini J&J saranno disponibili solo all’inizio del prossimo settembre, lasciando l’Africa scoperta per almeno altri quattro mesi.
Giustamente, il direttore dei Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa CDC), John Nkengasong, ha affermato di non ricevere sufficiente aiuto dalla comunità internazionale e anche dai Governi africani. Una soluzione potrebbe essere nell’introdurre la produzione su larga scala dei vaccini in Africa, dove finora sono prodotti solo in Sudafrica nella fabbrica di Gqeberha dell’Aspen, in cui su licenza di J&J verranno preparate le 400 milioni di dosi di Janssen.
Ma Big Pharma sembra resistere a estendere la produzione dei vaccini direttamente all’Africa, sostenendo che la produzione in base ad accordi di licenza volontaria (come AstraZeneca ha fatto con il Serum Institute indiano e J&J con Aspen a Gqeberha) costituisca un’opzione migliore.
Nel breve termine questa sembra essere la risposta, insieme ad altre opzioni come un maggiore sostegno al programma Covax e prestiti più significativi da parte della Banca mondiale. Ciononostante, per risolvere il pericoloso stallo i Paesi più sviluppati, che per stare al sicuro hanno ordinato vaccini in eccesso, dovrebbero donarli agli Stati del continente assumendosi le proprie responsabilità globali e al tempo stesso i Governi africani devono adempiere ai loro obblighi nazionali.
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