Docente di Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma e ricercatore del Centro Studi Geopolitica.info, per cui coordina il desk Cina e Indo-Pacifico. È autore di Tigri con le ali. La politica di difesa post-maoista e l’arma nucleare (Aracne Editrice, 2021) e curatore di Periferia contesa? La competizione tra Stati Uniti e Cina in America Latina (il Mulino, 2023).
Quanto è pronto l’esercito di Xi?
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Il processo di modernizzazione dell’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) ha conosciuto un significativo approfondimento durante il mandato di Xi Jinping. Al XIX Congresso del Partito Comunista Cinese (PCC) nell’ottobre 2017, Xi aveva delineato l’obiettivo del partito di completare la meccanizzazione entro il 2020, “completare la modernizzazione della difesa nazionale e dell’esercito entro il 2035” e trasformare l’Esercito di Liberazione del Popolo (EPL) in una “forza militare di classe mondiale entro la metà del secolo”. Nel 2021, il PCC ha fissato un obiettivo di modernizzazione intermedio al 2027, nel centenario della Fondazione dell’EPL. Nel 2022, al XX Congresso, Xi ha specificato che gli obiettivi del 2027 e quelli di “elevare più velocemente le forze armate del popolo cinese a standard di livello globale” entro la metà del secolo costituiscono i compiti strategici effettivi per la costruzione di un paese socialista moderno.
Un obiettivo a lungo termine
Il programma di modernizzazione militare ha, tuttavia, origini più lontane che risalgono agli inizi degli anni ‘80, in particolare al periodo dal 1982 al 1985. Già alla fine degli anni ‘70 si fa menzione di tale iniziativa, soprattutto in seguito alla performance ingloriosa dell’Esercito Popolare di Liberazione contro il Vietnam nel 1979. Non si tratta quindi di un’iniziativa recente, ma di un obiettivo a lungo termine di Pechino. Tale ammodernamento coinvolge sia gli aspetti dottrinali, relativi ai principi fondamentali che guidano l’impiego delle forze armate, che quelli materiali, ad esempio, tecnologia, sistemi, equipaggiamento, impianti, e anche quelli storici, come le lezioni apprese dagli ultimi impieghi dell’EPL.
Nel 1985, la Commissione Militare Centrale della Repubblica Popolare Cinese decise una transizione storica. La leadership comunista, nella sua valutazione dell’ambiente strategico internazionale, concluse che non c’era imminenza di guerra e che il principio maoista “combattere presto, combattere in grande, combattere una guerra nucleare” potesse essere abbandonato. Di conseguenza, sia la dottrina militare o, meglio, la linea guida militare, della “guerra popolare” che quella nucleare subirono una profonda revisione. I pensatori strategici cinesi svilupparono la dottrina della “guerra locale per obiettivi politici limitati”. Poiché una guerra “esistenziale” non era più prevista, la priorità divenne creare strumenti militari capaci di affrontare conflitti limitati nelle regioni periferiche della Cina, in particolare quelle marittime. In questi scenari, aspetti come la sorpresa (che era quasi del tutto assente nella “guerra popolare” maoista), le capacità operative offensive, la mobilità tattica e operativa delle unità, la precisione delle munizioni, l’addestramento e la professionalizzazione del personale assunsero un’importanza rinnovata.
Un punto di svolta nel ritmo di tale ammodernamento si ebbe tra il 1990 e il 1991, quando il PCC osservando le operazioni americane nel corso della Prima Guerra del Golfo, prese definitivamente coscienza dell’arretratezza non solo materiale ma anche dottrinaria delle Forze Armate cinesi. Questo spinse la Repubblica Popolare a pensare a una modernizzazione che non riguardasse soltanto le dotazioni ma che includesse anche lo sviluppo di nuove dottrine militari, in linea con il concetto operativo americano di jointness. La medesima cosa successe negli anni successivi: l’enorme divario tecnologico americano convinse Pechino che la superiorità militare statunitense fosse schiacciante. Nel 1993, sulla base delle osservazioni dell’Operazione Desert Storm, il dibattito strategico cinese arricchì la propria dottrina operativa, che, secondo il Segretario Jiang Zemin, avrebbe dovuto plasmare un Esercito Popolare di Liberazione in grado di “vincere guerre [locali] che potrebbero avvenire in condizioni di alta tecnologia”. Allo stesso tempo, Pechino riconobbe la necessità di condurre operazioni sempre più coordinate, coinvolgendo tutti i servizi (Esercito, Marina, Aeronautica, Secondo corpo d’artiglieria). Successivamente, si riconobbe l’esigenza, nella guerra moderna, di un “integrazione spaziale del campo di battaglia” e di “combattimenti congiunti integrati”, trasformando terra, mare e aria in un unico dominio operativo, seguendo l’esempio dell’approccio congiunto degli Stati Uniti.
L’importanza degli aspetti tecnologici è aumentata a partire dal 1993, tanto che nel 2004 la dottrina militare è stata aggiornata per affrontare le “guerre locali in condizioni di informatizzazione” e infine, nel 2014-2015, le “guerre locali” da vincere divennero “informatizzate”. Quindi, la tecnologia informatica non è più considerata semplicemente un fattore abilitante o un moltiplicatore di forza, ma è diventata un vero e proprio dominio operativo in cui è necessario ottenere la superiorità rispetto agli avversari. Con l’emergere delle tecnologie innovative, in particolare dell’intelligenza artificiale (IA), l’EPL ha riconosciuto l’opportunità unica di ottenere un vantaggio operativo in territori ancora inesplorati. I leader militari cinesi ritengono che la forma di guerra stia evolvendo dalla precedente “guerra informatizzata” alla futura “guerra intelligentificata” (智能化战争). Secondo Elsa Kania, esperta di materia militare cinese, per vincere sul campo di battaglia del futuro, l’EPL potrebbe prevedere “attacchi senza equipaggio, remoti, precisi, miniaturizzati e su larga scala” come principale tattica offensiva utilizzata. In sostanza, la Cina di Xi Jinping sta preparandosi a un futuro in cui le tecnologie emergenti giocheranno un ruolo cruciale nella competizione internazionale e sul campo di battaglia.
Nonostante gli sviluppi dottrinari e l’evoluzione delle linee guida militari per l’EPL, vale la pena menzionare, in particolare, due classi di vincoli a cui la modernizzazione dell’EPL è sottoposta: quella relativa ai possibili scenari operativi di impiego e quella relativa all’esperienza di combattimento.
La “guerra anfibia”
Se il leapfrogging tecnologico di Pechino ha dotato l’EPL di nuove capacità all’avanguardia, tuttavia, molti analisti sottolineano come allo strumento militare cinese manchino ancora capacità fondamentali, prima fra tutte quelle inerenti la “guerra anfibia”. Una delle missioni più importanti assegnate all’EPL è sviluppare e mantenere capacità di deterrenza nei confronti di Taiwan, per scoraggiare qualsiasi passo verso una maggiore indipendenza. Tutti e quattro i servizi dell’EPL, le Forze di terra, la Marina, l’Aviazione e la Forza missilistica oltre, ovviamente, alla Forza di Supporto Strategico e alla Forza di Supporto Logistico Congiunto, hanno un ruolo centrale in questo sforzo. Tuttavia, se la deterrenza dovesse fallire, una delle opzioni militari disponibili per la leadership del PCC sarebbe condurre un’operazione estremamente difficile e complessa, ovvero una massiccia campagna congiunta di sbarco sull’isola, che sarebbe supportata da una campagna congiunta di fuoco dalla terraferma e dal mare. Sebbene uno sbarco anfibio tradizionale non sarebbe probabilmente l’immediata azione militare da intraprendere in una campagna contro Taiwan, questo è uno scenario a cui l’EPL si sta chiaramente preparando nel caso in cui le altre opzioni coercitive e di crisis management fallissero. In ultima battuta, infatti, uno sbarco anfibio sarebbe l’unica campagna di forza bruta con cui Pechino potrebbe annettere Taiwan. Lo svolgimento e la buona riuscita di una simile manovra, però, sono legati alla possibilità di attivare operazioni coinvolgenti almeno quattro domini contemporaneamente: aerospaziale, marittimo, terrestre e cyber. La Repubblica Popolare non ha ancora dimostrato di avere le effettive capacità per gestire un simile coordinamento per un’operazione massiccia di sbarco. Opzioni limitate, come quelle relative alle isole Kinmen e Matsu, invece, potrebbero essere alla portata dell’EPL.
La “prova del fuoco”
Il secondo pesante vincolo che l’EPL soffre è quello relativo all’esperienza di combattimento. Nessuno strumento militare può essere veramente funzionante senza la “prova del fuoco”. La stessa dottrina militare, nel suo senso più ampio e teorico, è sviluppata sulla base di principi fondamentali elaborati a partire da impieghi passati delle forze armate. La Repubblica Popolare, non avendo una vera e propria esperienza diretta, ha, quindi, sviluppato concetti e principi per la maggior parte basati su osservazioni indirette o su elaborazioni teoriche. L’ultimo vero impiego operativo dello strumento militare cinese risale al 1979. Ovviamente ci sono state altre occasioni che hanno visto l’intervento dell’Esercito Popolare di Liberazione ma si tratta di impieghi decisamente residuali. Ciò ha un impatto significativo sulla capacità dei vari servizi che compongono l’EPL di operare congiuntamente.
Infine, c’è un fattore da considerare. Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno rafforzato, almeno verbalmente ma in realtà anche tramite forniture militari, la garanzia di sicurezza su Taiwan. Si pensi alla dichiarazione di Joe Biden secondo cui in caso di conflitto nello Stretto, Washington interverrebbe a difesa di Taipei, pur non esistendo alcuna alleanza militare né relazione diplomatica ufficiale tra i due Paesi. Finché esisterà un’assicurazione così forte, magari anche accompagnata dall’apertura di un canale diplomatico con i cinesi per la discussione di una soluzione pacifica, la soluzione manu militari sembra inverosimile. Le manovre condotte da Pechino in occasione della visita di Nancy Pelosi nell’agosto 2022 confermano tale aspettativa. Innanzitutto, erano esercitazioni già programmate: quell’ammasso di forze non si garantisce da un giorno all’altro, dunque le attività militari erano frutto di una programmazione precedente alla crisi diplomatica di agosto. In secondo luogo, il grosso delle esercitazioni ha avuto inizio nel momento stesso in cui Pelosi ha lasciato Taipei. Questo a testimonianza del fatto che la Repubblica Popolare non voleva – e non vuole – dare segnali di escalation agli Stati Uniti. Le esercitazioni dell’aprile 2023 sono anch’esse rilevanti, in quanto si è assistito per la prima volta all’utilizzo della portaerei Shandong. Ancora, abbiamo visto i cinesi esercitarsi soprattutto lungo il fianco est dell’isola, da cui verosimilmente proverrebbe un attacco. Sbarcare sul lato ovest sarebbe infatti rischioso, in quanto sicuramente più protetto. In termini di dimensioni, invece, risulta chiaro che le esercitazioni svolte ad aprile sono state sicuramente più ridotte rispetto a quelle a cui abbiamo assistito ad agosto 2022. Pertanto, l’orizzonte temporale del 2027 entro cui secondo alcuni commentatori la Cina potrebbe tentare un’azione militare ai danni di Taiwan, risulta improbabile. Si noti, infatti, che ragionevolmente la nuova amministrazione statunitense nel 2025, che sia a guida De Santis o che si tratti di un secondo mandato Biden o Trump, non ridurrà l’impegno nei confronti di Taipei né verrà meno alla garanzia di sicurezza. La deterrenza americana rispetto all’integrità territoriale taiwanese non è destinata ad affievolirsi.
D’altronde, nel frattempo un altro elemento rilevante è intervenuto. La guerra in Ucraina è assurta a benchmark fondamentale per la Cina. In Ucraina, infatti, è stato dimostrato come condurre guerre di annessione territoriale sia uno sforzo estremamente complesso. La Repubblica Popolare ha così potuto prendere coscienza di come una guerra nel centro dell’Europa abbia prodotto un consolidamento degli allineamenti internazionali senza precedenti. Per Pechino questo è un dato fondamentale: nessuna operazione contro Taiwan avverrebbe nel tacito assenso delle medie potenze dell’area. Al contrario, c’è da aspettarsi – e Pechino ne è convinta – un rafforzamento del fronte anti-cinese, il che porterebbe un significativo deterioramento della sicurezza nazionale della RPC.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di Luglio/Settembre di eastwest
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