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Banca Mondiale: outlook negativo per Cina, Asia orientale e Pacifico


Pesano le misure Usa e l’impatto della crisi del gigante dell'immobiliare Evergrande. I fattori dell’incertezza minano la crescita economica

Nel report di ottobre pubblicato dalla Banca Mondiale per l’Asia orientale e il Pacifico si intravedono preoccupanti numeri per l’economia dell’area, col rischio di ripercussioni mondiali e relative crisi sistemiche legate a fattori sia interni che esogeni. Dalla posizione protezionistica degli Stati Uniti — in parte ripresa anche dall’Unione Europea — alla crisi del gigante dell’immobiliare Evergrande, è la Cina l’epicentro delle cause/effetto dalle quali il report parte per l’analisi dello stato di salute delle economie di numerosi Paesi, con l’outlook definito il peggiore degli ultimi 50 anni.

Secondo la Banca Mondiale, nel 2024 l’output economico di Pechino sarà del 4.4%, in calo rispetto alle previsioni mostrate nel mese di aprile, quando ci si attendeva un valore del 4.8% per l’anno prossimo. Per l’organizzazione, la crescita delle economie in via di sviluppo in Asia orientale e nel Pacifico, includendo anche la Cina, nel 2024 sarà del +4.5%, meno del 4.8% previsto. Una proiezione che rileverebbe la crescita più bassa per la regione dalla fine degli anni ’60, senza considerare eventi quali la pandemia, la crisi finanziaria asiatica o lo shock economico causato dalla crisi petrolifera degli anni ’70.

“Se i fattori domestici avranno un impatto principale sulla crescita della Cina, saranno quelli esterni a influenzare le economie degli altri Paesi dell’area”, si legge nel report. Per la Repubblica Popolare, le preoccupazioni riguardano la situazione finanziaria della società Evergrande, alle quali si aggiungono i dubbi sulle future relazioni con il mondo Occidentale. Le tensioni nell’area del Pacifico e le potenzialità di un confronto militare nella regione non aiutano il regolare sviluppo economico, con Washington che ha avviato fin dai tempi della presidenza Trump un duro faccia a faccia con Pechino per via del disequilibrio sulla bilancia commerciale.

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