Big Tech: Google sotto accusa per monopolio su pubblicità
Le Big Tech sono sottoposte a sempre maggiori controlli da parte di Stati Uniti, Cina e Ue. Già dieci Stati americani hanno denunciato Google per presunti monopoli illegali
Le Big Tech sono sottoposte a sempre maggiori controlli da parte di Stati Uniti, Cina e Ue. Già dieci Stati americani hanno denunciato Google per presunti monopoli illegali
C’è una frase del Presidente francese Emmanuel Macron che sintetizza molto bene lo scenario digitale mondiale. “Quando guardiamo la mappa”, ha detto, “vediamo le cosiddette Gafa negli Stati Uniti, i Batx in Cina e il Gdpr in Europa”. Gafa è un acronimo che indica le maggiori compagnie tecnologiche americane: Google, Amazon, Facebook e Apple. La sigla Batx comprime invece le grandi aziende cinesi: Baidu, Alibaba, Tencent e Xiaomi. Mentre Gdpr sta per General Data Protection Regulation, la normativa europea sulla protezione dei dati personali. Quello che vuole dire Macron è che l’Unione europea ha un regolamento, ma non ha compagnie tecnologiche paragonabili a quelle americane o cinesi per fatturato e proiezione internazionale.
Ed è un problema, considerata sia l’influenza che le “piattaforme” di Internet (come Facebook e Google) hanno sull’opinione pubblica e di riflesso sulla qualità delle democrazie, sia il valore economico e geopolitico dei dati. La loro elaborazione consente di conoscere – per poi sfruttare – le preferenze d’acquisto delle persone ma anche il loro orientamento politico, ad esempio. I dati sono inoltre il “nutrimento” dell’intelligenza artificiale, la tecnologia che promette di rivoluzionare la produzione industriale, i trasporti e più in generale le nostre vite.
Le proposte dell’Europa contro le Big Tech
Su queste nuove tecnologie strategiche l’Unione europea è in ritardo: finora ha infatti preferito “fare l’arbitro”, cioè dare una sistemazione normativa a un settore dominato da soggetti stranieri, piuttosto che entrare direttamente in partita. Nei giorni scorsi però la Commissione europea ha presentato delle proposte di legge che potrebbero, se non stravolgere il contesto, quantomeno contribuire ad accorciare il divario con America e Cina.
Le proposte sono raggruppate in due pacchetti: il Digital Services Act, che fissa regole sulla moderazione dei contenuti; e il Digital Market Act, che si concentra invece sulla tutela della concorrenza. Al di là dei dettagli – non troppo rilevanti in questa sede –, l’obiettivo generale di Bruxelles è quello di contenere il potere di mercato delle Big Tech americane (nettamente dominanti in Europa), stimolare la competizione nel settore digitale e magari favorire la nascita e la crescita di “campioni tecnologici” europei.
C’è però un problema. Per non essere accusate di discriminazione, le proposte della Commissione – quando e se diventeranno legge – dovranno applicarsi ad aziende di ogni nazionalità. Il rischio allora è che le nuove norme permetteranno magari di imbrigliare le Gafa statunitensi, ma non di stimolare sufficientemente l’innovazione europea. In altre parole, regole e obblighi troppo stringenti e complicati da rispettare potrebbero essere più d’ostacolo a un’azienda europea in ascesa piuttosto che a un colosso ben consolidato come Google.
Gli Usa denunciano Facebook e Google
Gli Stati Uniti, la nazione dominante su Internet, si sono sempre opposti ai tentativi europei di regolare e tassare le proprie Big Tech. Ma da una decina di giorni nel Paese ha preso forma una partecipata campagna giudiziaria contro i presunti monopoli illegali di Facebook e Google. Prima sono arrivate le due cause della Commissione federale del commercio e della procura di New York (sottoscritta da 45 Stati americani) contro la società di Mark Zuckerberg. Poi – mercoledì – la denuncia di 10 Stati contro Google, che si somma alla grossa causa aperta dal dipartimento di Giustizia per abuso di posizione dominante.
Tralasciando di nuovo i dettagli per guardare al quadro generale, le notizie evidenziano innanzitutto l’affermazione di un certo clima culturale in America: uno degli slogan della ex-candidata democratica Elizabeth Warren era Break Up Big Tech, un invito a scorporare le grandi compagnie tecnologiche in aziende più piccole; lo Stato che guida la denuncia antitrust contro Google è il repubblicano Texas.
Gli ultimi fatti di cronaca raccontano inoltre la necessità per l’America di aggiornare la propria regolazione antitrust perché possa applicarsi meglio all’economia digitale. C’è tuttavia, anche in questo caso, un rischio geopolitico: scorporare le Gafa, ridurne la taglia, potrebbe favorire i colossi digitali cinesi. Zuckerberg ha già lanciato l’allarme.
Anche la Cina vuole più controllo
La volontà di riportare sotto controllo le grandi aziende tecnologiche dopo anni di fortissima crescita riguarda anche la Cina e il Partito comunista. Lo si è iniziato a notare soprattutto dopo la sospensione della quotazione in borsa – pare che l’ordine sia arrivato direttamente dal Presidente Xi Jinping – di Ant Group, la società di pagamenti digitali controllata da Jack Ma, fondatore della società di e-commerce Alibaba. Pochi giorni dopo, l’autorità antitrust cinese ha anche pubblicato un insieme di misure per impedire alle piattaforme digitali come Tencent, Xiaomi e la stessa Alibaba di restringere la concorrenza.
È una mossa notevole per un Governo che ha spesso tollerato le aziende semi-monopolistiche, giudicandole più semplici da monitorare in patria e più competitive sui mercati internazionali. Le aziende tecnologiche, però, non solo sono cresciute per fatturato e influenza a un punto tale da sfuggire al controllo governativo. Si sono anche espanse in settori diversi da quello d’origine – come quello della finanza digitale –, arrivando a dominarli.
Il Partito comunista vuole insomma ripristinare l’autorità statale sull’economia digitale. Ma la nuova normativa antitrust serve anche a Pechino per soddisfare l’ambizione di diventare una “superpotenza tecnologica”. Obbligando cioè le proprie Big Tech a rispettare standard più severi sulla privacy e sulla concorrenza in patria, Pechino le sta preparando a competere al meglio con le rivali straniere in mercati altamente regolamentati. Come quello europeo.
Le Big Tech sono sottoposte a sempre maggiori controlli da parte di Stati Uniti, Cina e Ue. Già dieci Stati americani hanno denunciato Google per presunti monopoli illegali
C’è una frase del Presidente francese Emmanuel Macron che sintetizza molto bene lo scenario digitale mondiale. “Quando guardiamo la mappa”, ha detto, “vediamo le cosiddette Gafa negli Stati Uniti, i Batx in Cina e il Gdpr in Europa”. Gafa è un acronimo che indica le maggiori compagnie tecnologiche americane: Google, Amazon, Facebook e Apple. La sigla Batx comprime invece le grandi aziende cinesi: Baidu, Alibaba, Tencent e Xiaomi. Mentre Gdpr sta per General Data Protection Regulation, la normativa europea sulla protezione dei dati personali. Quello che vuole dire Macron è che l’Unione europea ha un regolamento, ma non ha compagnie tecnologiche paragonabili a quelle americane o cinesi per fatturato e proiezione internazionale.
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