Vodafone sperimenta lo zaino che fa funzionare i telefonini dove la rete cellulare non c’è.
Mugunga, a una dozzina di chilometri da Goma, nella Repubblica democratica del Congo. Furaha è qui con suo marito e i suoi due figli: “Siamo a Mugunga III”, dice a suo fratello per telefono, “Non abbiamo cibo, venite ad aiutarci!”.
Erano due anni che provava senza successo a chiamare casa, dopo che i suoi genitori erano stati uccisi dai miliziani nel corso dei conflitti che, da un ventennio ormai, insanguinano le zone orientali dello stato africano. Mugunga è un gigantesco centro di accoglienza per rifugiati. In tre grandi campi tendati vivono circa 90mila persone e, malgrado gli sforzi delle organizzazioni internazionali, dal punto di vista occidentale qui manca tutto: le tende sono piantate sulla nuda terra e il poco cibo che vi arriva – secondo quanto riferisce France24 – viene talvolta rubato da bande di miliziani che attaccano il campo e gli inermi che lo abitano.
Qui una telefonata può davvero fare la differenza: tra la vita e la morte; tra riunire una famiglia e lasciare che una persona rimanga persa, magari per sempre. Come la piccola Nirere, di nove anni, un’altra ospite del campo di Mugunga, che grazie a una telefonata ha ritrovato la madre da cui è stata strappata 15 mesi fa. È per dare un lieto fine a storie come quella di Furaha e Nirere che Vodafone sta sviluppando tecnologie per ripristinare – o stabilire da zero – il collegamento telefonico in aree rimaste isolate per disastri di origine naturale o causati dall’uomo.
Instant Network Mini è uno zainetto che contiene tutto il necessario per creare una rete cellulare a corto raggio: delle dimensioni giuste per poterlo imbarcare come bagaglio a mano in aereo e portarlo nelle aree più impervie, dove il telefono è un mezzo chiave per coordinare gli sforzi umanitari.
“Proprio la miniaturizzazione è stato il problema principale da risolvere”, spiega Oisin Walton, ora responsabile del progetto alla Vodafone Foundation e con un passato al servizio dei rifugiati in seno a Telecoms Sans Frontieres, l’organizzazione non governativa partner delle Nazioni Unite e della Commissione europea per le telecomunicazioni di emergenza.
“La sfida era far entrare, nello spazio di uno zaino e nel peso consentito dalle compagnie aeree (12 chili), tutto il necessario per collegare dei normali telefoni cellulari alla rete di comunicazione satellitare”, dice Oisin. Sfida vinta: nell’Instant Network Mini, in soli 11 chili di peso, trovano posto l’unità di collegamento satellitare, il modulo per le comunicazioni cellulari GSM, la batteria, il pannello solare pieghevole per ricaricarla e tre prese a 12 volt per ricaricare i telefonini.
L’apparecchio permette di chiamare, mandare sms e persino trasferire denaro attraverso servizi tipo MPesa (il sistema basato sugli sms nato in Kenya è poi diffuso in altri stati africani), il tutto in un raggio di 100 metri dallo zainetto. Ed è facilissimo da mettere in funzione: “Non servono ingegneri per poterlo attivare e per montarlo basta una decina di minuti”, spiega Oisin. Per ottenere questo risultato i tecnici di Vodafone hanno dedicato 12 mesi al progetto, in collaborazione con Telecoms Sans Frontieres e la Huawei, colosso cinese delle apparecchiature per le telecomunicazioni. L’investimento necessario è stato di circa 50mila euro.
Instant Network Mini è un’attrezzatura complementare a Instant Network, un sistema quattro volte più potente che ha un raggio di 5 chilometri, pesa un quintale e richiede tre valigie per il trasporto. Ha già provato la sua utilità: nel novembre 2013, per esempio, a sole 24 ore dal disastro, ha ristabilito le comunicazioni nelle zone delle Filippine devastate dal tifone Haiyan. Nel mese successivo ha permesso l’invio di 1,4 milioni di sms e poco meno di 450mila telefonate.
“Prima di inventare queste apparecchiature – ricorda Oisin – le organizzazioni umanitarie avevano a disposizione i telefoni satellitari, che però rimanevano riservati al personale di soccorso. Facendo funzionare i cellulari, anche i civili che andiamo a soccorrere riacquistano la possibilità di comunicare ed è di enorme valore per chi è stato colpito in una catastrofe”.
Il nuovo zainetto permetterà di raggiungere zone inaccessibili per il suo parente più grande, ma non sarà messo in vendita: ne verranno costruiti da 5 a 10 esemplari che saranno messi a disposizione dei team umanitari della Vodafone Foundation e dei loro partner (Vodafone già opera in 30 paesi e ha accordi con altri 50). Tutto ciò fa parte di un progetto ancora più grande, chiamato Vision 2020: “Ci poniamo come obiettivo di portare Internet con i suoi contenuti didattici nelle scuole dei campi per i rifugiati, – dice Oisin – vogliamo dare a 3,2 milioni di bambini, che oggi sono tagliati fuori dal resto del mondo, le stesse opportunità di imparare che hanno gli altri. E la possibilità di non sentirsi emarginati”.
L’obiettivo è ancora lontano, va detto, ma un primo passo è stato fatto a Dadaab, il campo in Kenya al confine con la Somalia che, con 400mila rifugiati di cui 60mila bambini, è il più grande al mondo. Qui, la compagnia di telecomunicazioni sta impiantando 13 centri con 300 tablet collegati a Internet a disposizione di tutti.
E chissà che proprio i bimbi di Dadaab, un domani, diventino la chiave per risolvere il problema dei rifugiati alla radice. Oltre alla fame, bisogna vincere il terribile isolamento di chi ha perso tutto.
Vodafone sperimenta lo zaino che fa funzionare i telefonini dove la rete cellulare non c’è.