“Le due sessioni”, in cinese Liaghui, importante appuntamento annuale per fare il punto sull’anno concluso e tracciare le linee guida per il futuro: rinnovo di alte cariche statali, budget militare e obiettivi di crescita. Questo weekend, tra sabato 4 e domenica 5 marzo, sono iniziate le “due sessioni”, l’evento legislativo annuale più importante della politica cinese. Quello di quest’anno ha una particolare importanza perché è il primo del nuovo ciclo di 5 anni iniziato ad Ottobre 2022 con il XX Congresso del Partito Comunista Cinese. L’evento – che in cinese prende il nome di Lianghui – dura generalmente una o due settimane e si compone di due sessioni separate, ma sovrapposte temporalmente: quella dell’Assemblea Nazionale del Popolo (NPC) e quella della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese (CPPCC). La CPPCC è un organo consultivo che comprende oltre 2.000 membri provenienti da vari segmenti della società cinese, dagli imprenditori alle star del cinema. La NPC, invece, è composta da 3.000 membri ed è l’organo legislativo della Repubblica Popolare Cinese; ufficialmente, sarebbe il “più alto organo del potere statale” con la capacità di modificare la Costituzione ma, nella pratica, si riunisce una volta all’anno per approvare le politiche già decise dagli alti funzionari del Partito. I suoi membri sono generalmente scelti dalle unità amministrative cinesi, dalle regioni autonome e dalle forze armate – ad esempio, i media statali hanno riferito che Xu Fengcan, una delle prime donne pilota del Paese, è entrata a farne parte.
Arrivando circa un mese dopo il capodanno Cinese, le “due sessioni” sono un momento per fare il punto sull’anno appena concluso e pianificare il nuovo. Pechino viene da un anno molto complesso, sia dal punto di vista interno che delle relazioni internazionali. Il covid ha segnato tutto il 2022, mettendo a dura prova la stabilità sociale e l’economia. Le proteste, che sono seguite alle dure politiche attuate dal governo per contenere il virus, sono state qualcosa di estremamente raro, sviluppandosi su scala nazionale e mettendo esplicitamente in discussione Xi e l’establishment. La crescita economica è stata la più bassa dal 1976, con il Pil che è cresciuto appena del 3%, ben sotto il target del 5,5% fissato dal governo. Il Paese si è dovuto misurare con altre grandi sfide interne, che rimangono tutt’oggi dei nodi da sciogliere per continuare l’ascesa: la crisi del settore immobiliare, da sempre uno dei principali motori di crescita della Cina post Mao, e il declino demografico. Alle dinamiche interne si è aggiunta l’instabilità del contesto internazionale, che ha visto gli Stati Uniti e gli altri Paesi occidentali assumere atteggiamenti sempre più diffidenti e ostili verso Pechino, identificata ormai non più come un competitor ma come una vera e propria minaccia sistemica.
Le nomine
Ci sono tanti temi sull’agenda, a partire dal rinnovo di diverse cariche statali. Il processo di rigenerazione del Partito e delle istituzioni è iniziato già ad ottobre al XX Congresso e proseguirà sulla stessa linea, continuando l’accentramento del potere su Xi Jinping. Il nuovo timoniere è già reduce da un inedito terzo mandato come leader del PCC ed è pronto, adesso, ad assumere un terzo mandato anche per la presidenza della Repubblica Popolare Cinese. Il suo fedelissimo, Li Qiang, si appresta invece a diventare premier; dopo essere stato elevato a numero due del partito, salvo improbabili sorprese, prenderà il posto dell’uscente Li Keqiang. Il fatto che Qiang diventi premier è qualcosa di insolito, dal momento che gli manca l’esperienza come vicepremier nel Consiglio di Stato Cinese che gestisce i portafogli del governo centrale. Inoltre, nel suo curriculum c’è anche una macchia non indifferente legata alla gestione della crisi Covid a Shanghai, dove Li era il capo del partito. Ciononostante, Li Qiang è riuscito comunque a scalare le gerarchie, dimostrando che la lealtà ricompensa. Se da un lato lo aspetta un ruolo complesso, essendo in quanto premier incaricato della politica economica della Cina, dall’altro è probabile che svolgerà un ruolo meramente attuativo delle politiche di Xi. Per il 2023, secondo analisti e fonti statali riportate da Reuters, è probabile che venga fissato un target di crescita molto ambizioso, tra il 5 e il 6%.
Un’altra importante nomina potrebbe riguardare Wang Huning. E’ il quarto membro più alto in gerarchia del Comitato Permanente del Politburo, considerato l’architetto del “sogno cinese”, nonché uno dei più grandi teorici politici della recente storia del Paese. Molto probabilmente, sarà lui il nuovo presidente della Conferenza Consultiva Politica del Popolo. In tal caso, diventerebbe anche il vicepresidente del Gruppo Dirigente Centrale per gli Affari di Taiwan. Si dice che sia stato incaricato da Xi di elaborare una nuova strategia per la riunificazione con Taipei.
Il governatore della banca centrale Yi Gang, un rinomato “funzionario studioso” che ha insegnato economia negli Stati Uniti, sarà probabilmente sostituito da Zhu Hexin, un banchiere veterano dal profilo accademico meno prestigioso. He Lifeng, un altro fedelissimo di Xi, potrebbe essere il nuovo vicepremier e anche segretario del Partito Comunista presso la banca centrale – entrambi sono ruoli cruciali per l’indirizzo economico della Cina.
I temi e le politiche
Parlando di policies, con la crescita e la ripresa economica in primo piano nell’agenda per il 2023, è lecito aspettarsi che molti dei cambiamenti legislativi e delle politiche annunciate durante le “due sessioni” si focalizzeremo sulla promozione dello sviluppo industriale, della produzione e dei consumi. Potrebbero seguire politiche mirate a sostenere i settori strategici che il governo ha interesse a far crescere, come quello high tech, sanitario, dei semiconduttori, della tecnologia green – in cui Pechino è già molto avanti – e l’agricoltura, puntando a migliorare la sicurezza alimentare e l’autosufficienza. Ci si aspetta anche che continui la stretta sul controllo normativo sui privati, sulle società internet e tecnologiche. Negli ultimi anni, il governo ha compiuto diverse mosse che hanno fatto intendere la volontà di ri-aumentare il suo ruolo attivo come pilota dello sviluppo economico della Cina. Sempre sotto quest’ottica dirigista, si è parlato anche della possibilità che sia riesumata la Commissione Centrale per il Lavoro Finanziario, abolita nel 2003. Vorrebbe dire mettere sotto stretto controllo del partito tutte le questioni legate alla regolamentazione finanziaria, intensificando ulteriormente il controllo sul settore privato.
Coerentemente con il trend globale, è quasi certo che la Cina aumenterà la percentuale di spesa dedicata al settore militare.”La modernizzazione delle forze armate cinesi non costituirà una minaccia per nessun Paese”, ha dichiarato ai giornalisti Wang Chao, portavoce dell’Assemblea Nazionale del Popolo. Negli ultimi anni, Pechino ha costantemente rivolto sempre più risorse allo sviluppo militare, arrivando nel 2022 a raggiungere i 230 miliardi di dollari. Secondo i media di stato, la guerra in Ucraina, il graduale riarmo del Giappone, le tensioni sulla questione di Taiwan e la competizione regionale con l’India motivano la corsa agli armamenti cinese. Inoltre, si avvicina il 2027, ovvero l’anno che segnerà i 100 anni di storia dell’Esercito Popolare di Liberazione; Xi ha sempre sottolineato di voler arrivare a quella data con un esercito forte e moderno, pronto a qualsiasi eventualità.
Per quanto riguarda il calo demografico, diversi delegati dell’NPC e del CPPCC hanno avanzato varie proposte politiche, negli ultimi giorni, che puntano a ri-alzare il tasso di natalità nel Paese, nonostante il trend negativo sia considerato da molti irreversibile. Un membro del CPPCC ha dichiarato questa settimana al Global Times che la Cina dovrebbe rimuovere le restrizioni sullo stato civile utilizzate per registrare i nuovi nati, consentendo alle donne non sposate di usufruire dei servizi per la fertilità come le donne sposate. Un altro membro del CPPCC, Gan Huatian, ha affermato che il congedo di paternità dovrebbe essere aumentato per far sì che gli uomini condividano le responsabilità genitoriali, mentre un altro ha detto che le famiglie che hanno un terzo figlio nato dopo il 2024 dovrebbero ricevere un’istruzione universitaria gratuita. Inoltre, inerentemente all’istruzione, è probabile si lavori nella direzione di incentivare ulteriormente un’educazione coerente con i valori supportati dal Partito.
Arrivando circa un mese dopo il capodanno Cinese, le “due sessioni” sono un momento per fare il punto sull’anno appena concluso e pianificare il nuovo. Pechino viene da un anno molto complesso, sia dal punto di vista interno che delle relazioni internazionali. Il covid ha segnato tutto il 2022, mettendo a dura prova la stabilità sociale e l’economia. Le proteste, che sono seguite alle dure politiche attuate dal governo per contenere il virus, sono state qualcosa di estremamente raro, sviluppandosi su scala nazionale e mettendo esplicitamente in discussione Xi e l’establishment. La crescita economica è stata la più bassa dal 1976, con il Pil che è cresciuto appena del 3%, ben sotto il target del 5,5% fissato dal governo. Il Paese si è dovuto misurare con altre grandi sfide interne, che rimangono tutt’oggi dei nodi da sciogliere per continuare l’ascesa: la crisi del settore immobiliare, da sempre uno dei principali motori di crescita della Cina post Mao, e il declino demografico. Alle dinamiche interne si è aggiunta l’instabilità del contesto internazionale, che ha visto gli Stati Uniti e gli altri Paesi occidentali assumere atteggiamenti sempre più diffidenti e ostili verso Pechino, identificata ormai non più come un competitor ma come una vera e propria minaccia sistemica.
Ci sono tanti temi sull’agenda, a partire dal rinnovo di diverse cariche statali. Il processo di rigenerazione del Partito e delle istituzioni è iniziato già ad ottobre al XX Congresso e proseguirà sulla stessa linea, continuando l’accentramento del potere su Xi Jinping. Il nuovo timoniere è già reduce da un inedito terzo mandato come leader del PCC ed è pronto, adesso, ad assumere un terzo mandato anche per la presidenza della Repubblica Popolare Cinese. Il suo fedelissimo, Li Qiang, si appresta invece a diventare premier; dopo essere stato elevato a numero due del partito, salvo improbabili sorprese, prenderà il posto dell’uscente Li Keqiang. Il fatto che Qiang diventi premier è qualcosa di insolito, dal momento che gli manca l’esperienza come vicepremier nel Consiglio di Stato Cinese che gestisce i portafogli del governo centrale. Inoltre, nel suo curriculum c’è anche una macchia non indifferente legata alla gestione della crisi Covid a Shanghai, dove Li era il capo del partito. Ciononostante, Li Qiang è riuscito comunque a scalare le gerarchie, dimostrando che la lealtà ricompensa. Se da un lato lo aspetta un ruolo complesso, essendo in quanto premier incaricato della politica economica della Cina, dall’altro è probabile che svolgerà un ruolo meramente attuativo delle politiche di Xi. Per il 2023, secondo analisti e fonti statali riportate da Reuters, è probabile che venga fissato un target di crescita molto ambizioso, tra il 5 e il 6%.