I dati dell'ultimo censimento indicano un trend preoccupante per la Cina. Il calo delle nascite e l'innalzamento dell'età media possono avere ripercussioni economiche, sociali e geopolitiche
I dati dell’ultimo censimento indicano un trend preoccupante per la Cina. Il calo delle nascite e l’innalzamento dell’età media possono avere ripercussioni economiche, sociali e geopolitiche
0,53%. Questa è la percentuale che preoccupa il Governo cinese. Quella percentuale rappresenta il tasso di crescita della popolazione della Repubblica popolare del decennio 2010-2020, periodo nel quale i cinesi sono passati da un miliardo e 340 milioni a un miliardo e 412 milioni. Si tratta della media più bassa mai registrata. E il trend è in costante peggioramento, visto che tra il 2019 e il 2020 si è raggiunto il minimo storico delle nascite. Nel primo anno della pandemia da coronavirus si sono registrate 12 milioni di nascite, il 18% in meno rispetto alle 14,65 milioni del 2019 e il valore più basso degli ultimi 60 anni. I dati derivano dall’ultimo censimento realizzato dalla Cina, i cui risultati sono stati resi noti pochi giorni fa. Numeri che restituiscono la fotografia non solo di un Paese che inizia a invecchiare, e la cui popolazione potrebbe iniziare a scendere a partire dal 2027, ma nel quale perdurano diseguaglianze sociali e disparità geografiche e di genere.
Circa sette milioni di persone, con un’ampia fetta di volontari, hanno visitato tutte le abitazioni dell’immenso territorio cinese. Il rallentamento della crescita è particolarmente evidente se quello 0,53% viene raffrontato al 5,83% emerso dal censimento del decennio precedente. Secondo le proiezioni, ogni donna cinese avrà in media 1,3 figli nel corso della propria vita, il tasso di fertilità più basso al mondo fatta eccezione per Corea del Sud, Singapore, Malta, Spagna, Italia e Ucraina. Insieme alle nascite cala anche il numero di donne in età fertile, mentre aumenta il grado di invecchiamento.
Nell’ultimo decennio, i cittadini cinesi over 60 sono aumentati del 5,44%, arrivando a 264 milioni: ciò significa che il 18,7% della popolazione cinese ha più di 60 anni. Qualche passo avanti per quanto riguarda lo storico squilibrio di genere tra uomini e donne, retaggio della politica del figlio unico abolita nel 2016. Per ogni 100 bambine femmine, sono nati 113.5 bambini maschi. Dieci anni fa, il rapporto era di 118,1 a 100. La disparità di genere fa sì che in Cina esista un esercito di circa 30 milioni di uomini alla ricerca (spesso vana) di una moglie.
La pandemia di Covid-19 potrebbe aver influito sul rallentamento della crescita della popolazione, ma in realtà il trend era cominciato già in precedenza. Nonostante l’abolizione della politica del figlio unico, le nascite sono aumentate solo nel 2016 ma sono poi diminuite del 3,5% già nel 2017. Cifre dovute non solo all’aumento del costo della vita, ma anche all’innalzamento del livello di istruzione che porta a sposarsi e fare figli più tardi. Tra il 2010 e il 2020 il tasso di analfabetismo è sceso dal 4,08% al 2,67%, mentre il numero di cinesi con un’istruzione universitaria è lievitato del 73%.
L’innalzamento dell’età media ha conseguenze sociali ed economiche. Si va restringendo, infatti, la popolazione nella fascia d’età lavorativa. Anche per questo, il Governo cinese ha già previsto l’aumento dell’età pensionabile, oggi ferma a 60 anni per gli uomini e a 55 anni per le donne. Una decisione impopolare ma necessaria, se si pensa che, stando a un rapporto della China Development Research Foundation, nel 2050 gli over 60 sono destinati a raggiungere le 500 milioni di unità, quasi un terzo della popolazione complessiva.
L’invecchiamento rischia di avere pesanti ripercussioni non solo sulla produzione industriale, ma anche sui consumi interni, che Xi Jinping sta cercando di stimolare ulteriormente con la strategia della “doppia circolazione” e con il nuovo piano quinquennale. Il basso tasso di natalità rischia di rallentare anche il sorpasso della Cina agli Stati Uniti, che hanno sopperito ai nodi demografici importando forza lavoro dall’estero. Processo meno semplice per una Cina i cui confini sono ancora più inespugnabili dopo il Covid. Secondo le proiezioni dell’istituto di credito, la popolazione cinese è destinata a diminuire di 32 milioni di persone da qui al 2050, al contrario negli Stati Uniti se ne aggiungeranno altri 50 milioni.
In che modo pensa il Governo cinese di provare a risolvere, almeno parzialmente, la situazione? Oltre all’innalzamento dell’età pensionabile, verranno allentate (o persino cancellate) le restrizioni sulle nascite. Si cercherà poi di intervenire anche per incentivare le giovani coppie a sposarsi (anche i matrimoni sono in costante calo in Cina negli ultimi anni) e a fare figli. In che modo? Per esempio tagliando le tasse sugli immobili, come previsto dal nuovo piano quinquennale, e introducendo contributi economici ad hoc.
Il Governo è chiamato a intervenire, come esso stesso ha più volte dichiarato durante il V Plenum e le recenti “due sessioni“, anche sulle diseguaglianze regionali. Nonostante gli sforzi e gli investimenti nelle province più interne, le disparità sono infatti cresciute. La percentuale di persone residenti nelle province nord-orientali del Paese, quelle meno dinamiche, è scesa dell’1,2% a fronte di un incremento del 2,15% riportato nelle province orientali, quelle più sviluppate. Con un contestuale aumento dei migranti interni, che nel 2020 erano ben 376 milioni.
I dati dell’ultimo censimento indicano un trend preoccupante per la Cina. Il calo delle nascite e l’innalzamento dell’età media possono avere ripercussioni economiche, sociali e geopolitiche
0,53%. Questa è la percentuale che preoccupa il Governo cinese. Quella percentuale rappresenta il tasso di crescita della popolazione della Repubblica popolare del decennio 2010-2020, periodo nel quale i cinesi sono passati da un miliardo e 340 milioni a un miliardo e 412 milioni. Si tratta della media più bassa mai registrata. E il trend è in costante peggioramento, visto che tra il 2019 e il 2020 si è raggiunto il minimo storico delle nascite. Nel primo anno della pandemia da coronavirus si sono registrate 12 milioni di nascite, il 18% in meno rispetto alle 14,65 milioni del 2019 e il valore più basso degli ultimi 60 anni. I dati derivano dall’ultimo censimento realizzato dalla Cina, i cui risultati sono stati resi noti pochi giorni fa. Numeri che restituiscono la fotografia non solo di un Paese che inizia a invecchiare, e la cui popolazione potrebbe iniziare a scendere a partire dal 2027, ma nel quale perdurano diseguaglianze sociali e disparità geografiche e di genere.
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