Nel terzo mandato del Presidente cinese Xi Jinping, la Cina prenderà tre strade distinte che dipendono l’una dall’altra e sono interconnesse
Ogni direzione avviata da un Governo implica scelte e azioni. Nel terzo mandato del Presidente cinese Xi Jinping, la Cina prenderà tre strade distinte, le quali, nonostante non si intersechino tra loro, dipendono l’una dall’altra e sono interconnesse. In una sorta di spirale centripeta che dall’interno invia segnali positivi verso l’esterno, le politiche promosse da Pechino devono essere coerenti e devono riflettere le caratteristiche cinesi della “rinascita nazionale” proclamata da Xi qualche anno fa. Pechino non può permettere che sfide interne e problemi d’oltremare possano portare al fallimento degli obiettivi fissati dal governo e inclusi nella costituzione cinese.
Nell’ultimo secolo, per capire la tendenza internazionale e dove la politica globale si stesse dirigendo, strateghi ed esperti osservavano l’Occidente, gli Stati Uniti d’America. Dopo l’exploit della crescita cinese negli ultimi decenni del XX secolo, tutti ora guardano verso Oriente, compreso l’egemone americano.
In particolare, vengono analizzate quali direzioni e quali traiettorie le politiche di Pechino, sia domestiche che estere, intraprendono per modernizzare, senza occidentalizzare, la Cina in questa nuova era di “enorme trasformazione della nazione cinese in cui si è alzata, si è arricchita e sta diventando forte“. L’elezione di Xi come ‘Presidente a vita’ ha aperto la strada verso il suo terzo mandato. Poiché non vi sono in campo nemici politici (al momento), questo gli dà il tempo e la forza di guardare al di fuori del suo palazzo imperiale in tre chiare direzioni.
Politica interna: una sfida enorme per essere pronti verso l’esterno
Covid, Olimpiadi invernali di Pechino e corruzione. Queste sfide domestiche sono quelle su cui Xi si sta concentrando di più: ecco perché di recente non si è presentato fisicamente al G20 di Roma e alla Cop26 di Glasgow.
La fine del 2021 (calendario occidentale) ha visto un’esplosione di casi di Covid nell’antica capitale imperiale di Xi’an, nello Shaanxi. Seguendo i dettami della politica cinese “zero Covid“, la città è stata temporaneamente messa in isolamento e i suoi abitanti preventivamente in quarantena, con un’enorme campagna di tamponi.
Dal momento che il Partito comunista cinese non può permettersi errori, il governo ha dovuto punire Wang Bin e Cui Shiyue, Presidente e Vicepresidente del Comitato Distrettuale del PCC a Xi’an, e diversi altri funzionari per asserire una presa più ferma sul controllo e la prevenzione del Covid-19. Tuttavia, non solo Xi’an ma anche Hong Kong ha riscontrato 164 nuovi casi, con il più alto numero giornaliero di infezioni mai registrato sinora in Cina.
Questa politica di chiusura minaccia le Olimpiadi invernali che vedono la capitale cinese come protagonista. Anche Pechino ha individuato il suo primo contagio da Omicron, la cui origine, secondo le autorità cinesi, andrebbe attribuita a una lettera inviata dal Canada con scalo in California.
Le Olimpiadi invernali iniziano il 4 febbraio e tutte le politiche adottate finora indicano che sarà cruciale per la credibilità e la stabilità della Cina come modello alternativo a quello occidentale e portatore di idee e comportamenti diversi da quelli adottati dagli Stati europei.
Nessuno può sabotare lo spettacolo a porte chiuse di Pechino. Né dall’esterno, da parte di quei Paesi occidentali che non manderanno i loro funzionari di Governo come segno di protesta per il caso degli Uiguri, né dall’interno per i casi di corruzione e malafede tra le fila del partito.
La campagna anticorruzione di Xi è costante, e mentre a volte rallenta e sembra fermarsi, come una macchina, si riaccende nei momenti più critici e rilevanti del mandato del Presidente cinese. Nulla è più tollerato quando questa macchina riparte, nemmeno la diffamazione.
È il caso di un gruppo di cinque neo-Maoisti che su WeChat (l’app speculare cinese di Whatsapp) hanno criticato Deng Xiaoping, diffamando uno dei leader cinesi più determinanti per la crescita cinese. Tuttavia, si tratta di eventi isolati rispetto ai casi di corruzione riscontrati dalla Commissione Centrale per l’Ispezione Disciplinare. Qualche giorno fa, Zhou Jiangyong, ex segretario del Comitato del Partito municipale di Hangzhou, è stato accusato di slealtà verso il partito e di connivenza con alcune compagnie private per una “espansione disordinata“.
Questi eventi, insieme ai casi di Covid e alle imminenti Olimpiadi invernali di Pechino, costringono la Cina a guardare all’interno per sciogliere ogni tipo di nodo conflittuale, approfittando delle varie dispute internazionali in corso che distraggono gli altri attori globali, come l’Unione europea con il possibile conflitto russo-ucraino.
All’estero: fino a dove l’occhio può scrutare
Anche se queste sfide vengono dopo quelle interne, ciò non significa che siano meno critiche. Per quanto riguarda la Belt and Road Initiative (BRI), il progetto campione della politica estera cinese, diverse spine nei fianchi ne ostacolano lo sviluppo e l’ampliamento.
In primo luogo, guardando all’Asia centrale e meridionale, l’instabilità istituzionale dell’Afghanistan, lo sgradevole dietrofront del Pakistan e i problemi energetici che interessano alcune aree del Kirghizistan, Uzbekistan e Kazakistan preoccupano i leader del Pcc per il futuro funzionamento e solidità della BRI. Dal punto di vista storico, queste erano le strade principali dell’antica Via della Seta. Se queste non sono sicure o non convincono gli stessi paesi che hanno visto solcare i propri terreni da pellegrini e mercanti per secoli, significa che le fondamenta di tutta la narrazione politica sono deboli e scricchiolanti. Questi problemi si estendono anche via mare, dove la Via della Seta Marittima del XXI secolo dovrebbe salpare per l’Africa e attraccare sulle coste europee.
Come possiamo aspettarci che la Cina comandi negli oceani attraverso la sua politica estera se Pechino non è attualmente in grado di governare il proprio ‘giardino’? Non essere in grado di avanzare militarmente oltre lo stretto di Taiwan e non poter effettuare manovre militari nel Mar Cinese meridionale rappresentano alcune delle più profonde vergogne per Pechino.
Ecco perché da un punto di vista narrativo e ideale, lo sguardo cinese cavalca i mari e si interseca con altri paesi orientali, ma pragmaticamente e militarmente non va oltre il suo orizzonte. Inoltre, è chiaro che se la Cina volesse estendere questo orizzonte oltre la sua sfera d’influenza, dovrebbe scontrarsi con le quattro potenze alleate nel Dialogo quadrilaterale di sicurezza (QUAD), cioè con gli Stati Uniti, il Giappone, l’India e l’Australia.
L’anello di contenimento anti-cinese è una problematica strategica nei confronti del Governo di Pechino: qualora diventasse più stretto e rinforzato da altri Paesi del Sud-est asiatico, potrebbe scatenare l’ira del Dragone e obbligarlo a forzare la mano per perseguire la propria direzione. Anche se sembra improbabile data la natura pacifista dei cinesi. Per ora, Pechino guarda in alto, nello spazio, dove la Cina è arrivata in ritardo, mentre altre potenze hanno già manifestato le loro intenzioni politiche da decenni.
Verso l’alto: la lunga marcia della Cina verso lo spazio
Su un fronte, sfide interne e, sull’altro, ostacoli esterni. Invece, la corsa verso lo spazio è (ancora) aperta a tutti, e lì non c’è bisogno di farsi la guerra, per il momento.
La China Aerospace Science and Technology Corporation (CASC) ha grandi ambizioni, che vanno dal turismo suborbitale alle nuove armi spaziali militari. Difatti, la compagnia spaziale cinese ha annunciato che entro il 2025 inaugurerà i viaggi point-to-point per approdare nel nuovo mercato del turismo spaziale inaugurato lo scorso anno dalla Blue Origin di Jeff Bezos.
E questo è senza dubbio un nuovo duello a cui assisteremo nei prossimi decenni tra Stati Uniti e Cina. In questo sono incluse le nuove armi orbitali, strumenti che sia gli Stati Uniti che la Russia hanno già sviluppato da mezzo secolo. Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha affermato che “ci sono molte aziende in tutto il mondo che hanno condotto test simili”, indicando che il missili ipersonici portatori di armi nucleari lanciati negli ultimi mesi non sono una novità e non dovrebbero allarmare nessuno.
L’attività militare cinese spaziale non è mai stata pioniera, ha sempre seguito manovre simili solo in seguito a precedenti test americani e russi, anche perché il vero spirito di Pechino verso lo spazio è sempre stato esplorativo e cognitivo.
Infatti, la CASC ha dichiarato che, dopo i 48 lanci di successo nel 2021, si concentrerà su 40 lanci orbitali, tra cui il completamento della stazione spaziale di Tiangong.
Nonostante il mancato rientro del Long March 5B, la compagnia spaziale cinese insiste sulla produzione e il lancio di questa famiglia di razzi: nei prossimi mesi, la compagnia invierà nello spazio il primo Long March 6A e, per la seconda volta, il Long March 8, che sarà supervisionato e messo in funzione dall’ Amministrazione nazionale cinese per lo spazio. Nel complesso, i lanci della Cina sono saliti a 55 nel 2021, e il 2022 potrebbe assistere a più attività di questo tipo da parte della CASC.
Ovunque la Cina guardi, trova sfide e difficoltà lungo il suo cammino, sia verso l’orizzonte che verso le stelle. Tuttavia, Xi Jinping intende procedere con la sua strategia evitando deviazioni o piani B. La Cina ha la sua direzione da seguire, indicata dalla memoria storica e forgiata nella costituzione.
Nessuno e nulla può ostacolare il popolo cinese verso il suo sogno cinese: la continuità governativa esaltata nel terzo mandato di Xi porta al grande ringiovanimento della nazione cinese. Ciò è stato ripetuto così tante volte, che ora è diventata una verità storica. Tuttavia, questa lunga marcia in direzione della grandezza cinese non è una “passeggiata nel parco“, come ha ricordato Xi Jinping nel discorso di fine anno: “solo attraverso uno sforzo vigoroso e determinato possiamo adempiere alla nostra responsabilità verso la storia”.
Ogni direzione avviata da un Governo implica scelte e azioni. Nel terzo mandato del Presidente cinese Xi Jinping, la Cina prenderà tre strade distinte, le quali, nonostante non si intersechino tra loro, dipendono l’una dall’altra e sono interconnesse. In una sorta di spirale centripeta che dall’interno invia segnali positivi verso l’esterno, le politiche promosse da Pechino devono essere coerenti e devono riflettere le caratteristiche cinesi della “rinascita nazionale” proclamata da Xi qualche anno fa. Pechino non può permettere che sfide interne e problemi d’oltremare possano portare al fallimento degli obiettivi fissati dal governo e inclusi nella costituzione cinese.
Nell’ultimo secolo, per capire la tendenza internazionale e dove la politica globale si stesse dirigendo, strateghi ed esperti osservavano l’Occidente, gli Stati Uniti d’America. Dopo l’exploit della crescita cinese negli ultimi decenni del XX secolo, tutti ora guardano verso Oriente, compreso l’egemone americano.