Il sesto plenum ha spazzato via i dubbi residui: il Partito comunista cinese è con Xi Jinping. Non è dall’interno che si prevedono problemi per il Presidente
Timoniere. Xi Jinping è stato definito così da uno dei funzionari presenti nella conferenza stampa di chiusura del sesto plenum del 19esimo Comitato centrale del Partito comunista cinese. Una terminologia di certo non neutra, nella Repubblica popolare, e che fotografa meglio di tante altre parole l’elevazione dello status concessa al Presidente cinese. La terza risoluzione sulla storia ha definitivamente messo Xi al livello di Mao Zedong e Deng Xiaoping. Anzi, sembra tracciare una sottile (ma neanche troppo) linea rossa che unisce il “grande timoniere” della rivoluzione e il “nuovo timoniere” del ringiovanimento nazionale. Il “piccolo timoniere” tra i due non viene ridimensionato, ma è costretto a condividere la stessa era, quella dell’apertura economica e della modernizzazione, con Jiang Zemin e Hu Jintao. Mao occupa invece da solo due ere, quella della rivoluzione e quella della costruzione.
Mentre Xi è alla guida della nuova era del rafforzamento e dell’ambizione. L’attuale Presidente viene presentato, in ottemperanza a quello che gli è sempre accaduto durante la sua carriera politica sin dai tempi degli incarichi provinciali, come un uomo che risolve problemi. Corruzione e inefficienza da sempre, ma il comunicato finale dell’evento a porte chiuse durato quattro giorni gli mette anche sul petto la medaglia della soluzione della crisi di Hong Kong. Nell’ex colonia britannica è tornato l’ordine dopo il caos, gli riconosce il testo. Ora manca il tassello Taiwan, sul quale comunque il Partito è riuscito a mantenere “mantenere l’iniziativa e la capacità di guidare le relazioni tra le due sponde dello stretto”.
Il sesto plenum ha spazzato via i dubbi residui: il Partito è con Xi. Non è dal suo interno, come ha scritto Simone Pieranni, che il Presidente potrebbe avere problemi. Il sesto plenum e la risoluzione sulla storia sono stati il preambolo al suo terzo mandato, che con ogni probabilità sarà ufficializzato durante il ventesimo congresso che si terrà nella seconda metà del 2022. Xi è al centro del Partito, dunque al centro dello Stato, dunque al centro della Cina. La centralità del Partito è l’unica garanzia di stabilità, progresso, rafforzamento e ambizioni. Per non tornare più a un passato “recente” (per i parametri della civiltà millenaria cinese) di umiliazioni. Per guidare la nave in tempi dei quali si riconoscono le sfide e i cambiamenti “senza precedenti” serve una mano sicura e forte. Ecco perché Xi non può mollare quel timone, ma anzi lo afferra con una presa ancora più stretta.
Dall’altra parte, però, c’è qualcosa che si muove all’esterno. In previsione e in concomitanza del plenum ci sono stati diversi segnali “interessanti”. Il primo sul Covid. Da più parti si sono sollevate critiche sulla politica di zero contagi portata avanti dal Governo. Dapprima su Caixin, con un commeno a firma di Zhang Fan nel quale si sostiene che le misure di contenimento eccessivo stanno producendo “più danni che benefici”. L’opinionista cita nuove misure ancora più severe di quelle passate, come lo stop a due treni ad alta velocità dopo che due membri dell’equipaggio sono stati indicati contatti stretti di un malato Covid.
“La chiave per assicurare che l’economia e la società vadano avanti in modo normale sta nella prevedibilità delle politiche di prevenzione pandemica”, scrive Zhang, che addirittura prefigura che la vicenda Covid possa diventare una “piccola falla che affonda la grande nave”. Perplessità ribadite anche dal noto virologo Guan Yi, che era stato a Wuhan durante le prime fasi dell’allora epidemia. Guan, intervistato dalla cinese Phoenix Tv, ha ribadito i possibili danni della politica “zero contagi” e ha messo in dubbio l’efficacia dei vaccini cinesi, chiedendo alle autorità di ritirarli senza garanzie sul loro funzionamento. Non solo. Il direttore del Global Times, noto falco conosciuto anche all’estero, ha pubblicato un post su Weibo nel quale se la prendeva col Governo per il trattamento riservato ai media sottolineando la differenza tra giornalismo e propaganda. Proprio la notte prima della chiusura del plenum, il colosso immobiliare Evergrande si è trovato a un passo dal default con una società di consulenza tedesca (Dmsa) che ne ha chiesto la bancarotta.
Poi il plenum è finito. La risoluzione sulla storia è passata, Xi ha cementato la sua presa e la sua visione sul futuro immediato del Partito. Il consigliere del Governo sul Covid-19 Zhong Nanshan ha ribadito la bontà della strategia portata avanti finora, che potrà essere interrotta solo se il tasso di mortalità dei casi sarà controllato allo 0,1% e il tasso di riproduzione del coronavirus rimanesse nell’intervallo compreso tra 1,0 e 1,5. Hu ha cancellato il suo commento. Per ora vivono tutti felici e contenti. Xi ha superato anche questa giuntura. Un timoniere non lascia la nave finché ha la forza di stringere.
Mentre Xi è alla guida della nuova era del rafforzamento e dell’ambizione. L’attuale Presidente viene presentato, in ottemperanza a quello che gli è sempre accaduto durante la sua carriera politica sin dai tempi degli incarichi provinciali, come un uomo che risolve problemi. Corruzione e inefficienza da sempre, ma il comunicato finale dell’evento a porte chiuse durato quattro giorni gli mette anche sul petto la medaglia della soluzione della crisi di Hong Kong. Nell’ex colonia britannica è tornato l’ordine dopo il caos, gli riconosce il testo. Ora manca il tassello Taiwan, sul quale comunque il Partito è riuscito a mantenere “mantenere l’iniziativa e la capacità di guidare le relazioni tra le due sponde dello stretto”.