La musica ed i suoni accompagnano da sempre le nostre giornate, la nostra vita…
Anticamente, la musica nasceva dai rumori giornalieri ed esprimeva gli stati d’animo che accompagnavano i momenti vissuti in comunità.
L’antropologa Smith suppone che in origine le danze arabe rappresentassero le azioni dei pescatori di perle e che la rotazione dei capelli ed il gioco ondulatorio dell’abito fossero ad imitazione delle onde del mare.
Questo è verosimilmente credibile in seno alle tribù ubicate sulle coste, mentre è possibile che nelle zone interne i richiami fossero diversi.
I ritmi arabi derivano infatti dalla quotidianità tradizionale tramandata nel tempo e si differenziano a seconda della località geografica da cui provengono: “Ne esistono a centinaia. La maggior parte dei ritmi in quest’area proviene dalle tribù del deserto arabo, dall’India e dagli schiavi africani che hanno introdotto diversi ritmi; la velocità di esecuzione varia da tribù a tribù e in base alle emozioni scaturite dal testo delle canzoni”, così HossamRamzy, nota percussionista e compositrice egiziana.
Di comune, i ritmi si basano su un’unità minima costituita da due suoni principali: uno è di natura sonora grave, dum, mentre l’altro è acuto, tak; a questi due tocchi si aggiunge un terzo elemento: il silenzio… che, talvolta si inserisce impercettibile tra i diversi colpi prodotti dallo strumento a percussione, mentre, in altre occasioni, si colloca timidamente al termine dei battiti prestabiliti.
Una delle caratteristiche più interessanti dei ritmi arabi è che, pur essendo prefissati, permettono di eseguire una vasta gamma di improvvisazioni.
La tablah o darbouka, anche chiamato “cuore della musica”,è lo strumento principe della ritmica araba in generale. Si tratta precisamente di uno strumento a percussione molto famoso e utilizzato. Anticamente la sua forma cilindrica era di terracotta e, sulla bocca superiore, veniva tesa pelle di pesce; attualmente lo si trova più facilmente in alluminio e plastica perché più resistente all’umidità.
RAGS KHALIJI – letteralmenteDanza del Golfo – è il ritmo tradizionale di tutti i Paesi affacciati sul Golfo Persico: Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait, Qatar, Yemen, Bahrain e Oman.
Negli Emirati Arabi, tale danza ha un proprio nome: viene chiamata NA’ASHAT, in ragione dei movimenti oscillanti della testa che le donne compiono per muovere i capelli.
In Kuwait, donne e uomini possono stare sui due lati opposti della stanza, mentre in Arabia Saudita, tale possibilità è un dovere.
La sinfonia è molto gioiosa e viene ballata generalmente dalle donne durante le celebrazioni importanti, i matrimoni e le feste. Arricchendo piacevoli momenti di convivio, la danza viene di solito eseguita in coppia o comunque in gruppo, ma i passi non sono studiati: le danzatrici ripetono i passi più volte, danzando e volteggiando tra veli colorati e capelli corvino, improvvisando movimenti tradizionali ed accettando l’introduzione di idee originali ed innovative.
Come una farfalla, la danzatrice esegue un passo ben cadenzato che la rende leggera ed elastica: il piede che tiene il tempo più accentato “cade” a terra sull’intera pianta, mentre l’altro si muove in mezza punta sul “mezzo tempo” e vicino al tallone dell’altro piede; la vibrazione delle spalleviene oltremodo enfatizzata dagli ornamenti del costume ed inebriante è il tipico movimento della testa e dei capelli, mostrati con orgoglio dalle danzatrici.
L’abito di rito indossato è il “thawbnashal”, confezionato con tessuti leggeri e preziosi, chiffon o seta, riccamente decorati con fili argentati, lustrini, ricami colorati, brillantini e gioielli.
Un simile corredo rende l’abito estremamente prezioso ed importante, tanto da venire spesso definito come vero e proprio abito da cerimonia nuziale per tutte le donne del Najd; in passato, l’abito denotava comprensibilmenteun evidente simbolo di agiato stato sociale.