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Un drone per l’inferno


La fine di Soleimani rivela il conflitto latente Iran-Usa, capace di scatenare diversi imprevisti: da uno scontro sanguinoso a un accordo diplomatico

Cosa voleva dire essere Qassem Soleimani? Un pezzo importante dell’ascesa della Mezzaluna sciita si deve a lui e all’errore più clamoroso compiuto dagli Usa negli ultimi decenni: l’invasione dell’Iraq giustificata con le false prove sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Prima della caduta del raìs iracheno, che ha precipitato il Medio Oriente nel caos, l’influenza e il raggio d’azione iraniani erano assai più limitati. L’accordo con Teheran sul nucleare voluto da Obama nel 2015 aveva proprio lo scopo di contenere l’Iran, reintegrarlo nel sistema internazionale e rimediare, in parte, agli errori precedenti.

Un’occasione volutamente perduta. Con la decisione di Trump nel 2018 di stracciare questa intesa internazionale raggiunta sotto l’egida dell’Onu, gli Usa − in accordo con Israele − hanno aperto una nuova fase, quella della “massima pressione” contro Teheran, alla base della quale c’è l’idea che un Iran indebolito, strangolato dalle sanzioni e piegato possa sottomettersi alle richieste americane.

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