Il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel tiene una conferenza stampa sulla risposta dell'Unione europea alla crisi del coronavirus presso la sede dell'Ue a Bruxelles, 15 aprile 2020. John Thys/Pool via REUTERS
Craxi e Andreotti misero nel sacco Margaret Thatcher, varando un bilancio da 2000 miliardi a maggioranza semplice
Il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel tiene una conferenza stampa sulla risposta dell’Unione europea alla crisi del coronavirus presso la sede dell’Ue a Bruxelles, 15 aprile 2020. John Thys/Pool via REUTERS
L’emergenza Covid-19 e lo scontro tra Paesi del nord e del sud Europa sui Recovery Bonds e sul Mes senza condizioni ha riaperto la questione del Quadro Finanziario Pluriennale (la “legge finanziaria” dell’Unione europea) che si era arenato al Consiglio europeo del 26 febbraio per lo scontro fra i Paesi “frugali” e gli “amici della coesione” dopo quasi due anni di inutili negoziati intergovernativi. Una impasse che qualcuno suggerisce di superare ora guardando al passato e, più in particolare, a quegli stessi strumenti europei che consentirono a Craxi e Andreotti nel vertice del Castello sforzesco a Milano nell’85 di mettere in minoranza la Thatcher, modificare i Trattati e lanciare l’atto unico che portò poi alla creazione del mercato interno europeo.
Dopo l’emergenza sanitaria ci sarà infatti non solo l’emergenza economica da affrontare ma la necessità di un piano quinquennale per uno sviluppo sociale e sostenibile. Secondo il Movimento europeo il piano può essere garantito solo da un bilancio molto ambizioso con risorse proprie che deve raggiungere fino al 2025 un ammontare pari all’1.5% del Pil globale dell’Ue e cioè 2000 miliardi di euro (due trilioni), con una ripartizione delle spese tali da assicurare beni comuni per i cittadini europei e vere risorse europee che sostituiscano gradualmente i contributi nazionali con cui oggi è finanziato il bilancio Ue. Solo così il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale consentirà di creare anche debito pubblico europeo per rilanciare l’economia reale nell’insieme dell’Unione.
Il tema sarà all’ordine del giorno del Consiglio europeo del 23 aprile per precisa volontà della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen. È in vista di questo appuntamento che un nutrito gruppo di alte personalità del mondo politico, istituzionale ed economico, italiane ed europee, sotto il cappello del Movimento europeo, hanno inviato ai leader europei – tra i quali il premier italiano Giuseppe Conte – una lettera aperta in cui chiedono al presidente del Consiglio Ue Charles Michel di dare mandato alla Commissione di negoziare un quadro finanziario pluriennale ambizioso che contenga al suo interno un piano europeo per la ricostruzione a medio termine.
A farsi portavoce di queste esigenze, nomi del calibro di Romano Prodi, Enrico Letta, Massimo D’Alema, Giuliano Amato, Piercarlo Padoan, Franco Bassanini, Franco Gallo, Valerio Onida, Vincenzo Visco, Lucrezia Reichlin, Gianpiero Auletta, Susanna Camusso, Piero Fassino, così come Enrique Baron Crespo (già Presidente del Parlamento europeo), Pascal Lamy (già direttore del Wto) Joaquin Almunia (ex commissario Ue), Gijs De Vries (già capo dell’antiterrorismo europeo), Elisabeth Guigou (ex Ministro degli Affari europei con Mitterand), Jean Péaul Fitoussi, Peter Bofinger.
L’idea dei firmatari è di utilizzare lo stesso strumento che l’ex segretario della Commissione europea Emile Noel suggerì nell’85 a Craxi e Andreotti per superare la contrarietà inglese, danese e greca alla revisione dei Trattati usando il voto a maggioranza semplice che in Consiglio è possibile per dare un mandato alla Commissione. Naturalmente resterà sempre la tagliola del voto all’unanimità sul provvedimento finale da sottoporre al Consiglio europeo ma di sicuro la Presidente von der Leyen avrebbe con ciò uno strumento importante per agire senza contare l’impatto politico di una bocciatura dei Paesi “frugali”. Come spiega il Presidente del Movimento europeo Pier Virgilio Dastoli, il nuovo quadro pluriennale finanziario dovrebbe creare una garanzia per un debito pubblico europeo, la cui configurazione potrebbe ispirarsi al Meccanismo finanziario europeo di stabilizzazione (Mfes) prendendo il nome di “Fondo europeo finanziario per la ricostruzione” in grado di emettere centinaia di miliardi di debito comune.
“Noi chiediamo al Consiglio europeo del 23 aprile” – dicono i firmatari dell’appello – “che agisca se necessario a maggioranza nella sua capacità di dare all’Ue gli impulsi necessari; e al Parlamento europeo nella sua capacità di autorità di bilancio di dare un chiaro mandato alla Commissione europea chiedendole di esercitare il suo diritto di iniziativa e di proporre un nuovo quadro pluriennale finanziario che risponda ai seguenti principi di consentire all’Ue di garantire beni comuni agli europei che non possono essere assicurati dagli Stati ognuno per conto proprio, di aumentare le entrate con risorse fresche, indispensabili per la nuova agenda politica europea dopo il coronavirus, di superare l’elusione fiscale delle imprese multinazionali che sottraggono centinaia di miliardi all’anno sfruttando le opportunità offerte dalla disarmonia dei regimi fiscali nazionali, di introdurre delle imposte sui profitti del web e sulla produzione di carbonio.”
I firmatari si dicono convinti che così “si potrà superare più facilmente la crisi del Covid-19 compiendo un passo importante nel processo di integrazione europea”.
Craxi e Andreotti misero nel sacco Margaret Thatcher, varando un bilancio da 2000 miliardi a maggioranza semplice
L’emergenza Covid-19 e lo scontro tra Paesi del nord e del sud Europa sui Recovery Bonds e sul Mes senza condizioni ha riaperto la questione del Quadro Finanziario Pluriennale (la “legge finanziaria” dell’Unione europea) che si era arenato al Consiglio europeo del 26 febbraio per lo scontro fra i Paesi “frugali” e gli “amici della coesione” dopo quasi due anni di inutili negoziati intergovernativi. Una impasse che qualcuno suggerisce di superare ora guardando al passato e, più in particolare, a quegli stessi strumenti europei che consentirono a Craxi e Andreotti nel vertice del Castello sforzesco a Milano nell’85 di mettere in minoranza la Thatcher, modificare i Trattati e lanciare l’atto unico che portò poi alla creazione del mercato interno europeo.
Dopo l’emergenza sanitaria ci sarà infatti non solo l’emergenza economica da affrontare ma la necessità di un piano quinquennale per uno sviluppo sociale e sostenibile. Secondo il Movimento europeo il piano può essere garantito solo da un bilancio molto ambizioso con risorse proprie che deve raggiungere fino al 2025 un ammontare pari all’1.5% del Pil globale dell’Ue e cioè 2000 miliardi di euro (due trilioni), con una ripartizione delle spese tali da assicurare beni comuni per i cittadini europei e vere risorse europee che sostituiscano gradualmente i contributi nazionali con cui oggi è finanziato il bilancio Ue. Solo così il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale consentirà di creare anche debito pubblico europeo per rilanciare l’economia reale nell’insieme dell’Unione.
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